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Segnatevi con attenzione questa data: 31 dicembre 2023. Non perché è la fine dell’anno ma perché sarà alla fine il “Temporary Crisis Framework”. Alla lettera si tradurrebbe “struttura temporanea in periodo di crisi”, o meglio di guerra.

 

Con questo termine si qualifica un provvedimento eccezionale e temporaneo che l’Unione Europea concede agli Stati membri con particolari situazioni di crisi. La norma prevede che eccezionalmente, e solo per un periodo limitato a causa di eventi imprevedibili, gli Stati membri, in deroga alla disciplina ordinaria, possano adottare misure di sostegno alle imprese con pratiche eccezionali come gli “Aiuti di Stato”.

 

È stato introdotto nel mese di marzo del 2022 con l’obiettivo di aiutare le aziende maggiormente colpite dai problemi economici legati al conflitto Russia-Ucraina. In pratica grazie a questa deroga concessa dall’Unione Europea uno Stato può intervenire economicamente aiutando le aziende in difficoltà con provvedimenti come sovvenzioni dirette alle imprese, garanzia dello Stato sui prestiti bancari e agevolazioni per ottenere prestiti.

 

Stesso tipo di provvedimento era stato utilizzato a maggio 2020 a causa dell’emergenza Covid, esteso e integrato sei volte fino al 2022, anno in cui doveva iniziare il processo di fine applicazione. Ma invece ritorna in vita nello stesso 2022 quando, a seguito della crisi Russia-Ucraina, viene adottato il Temporary Crisis Framework. In pratica la guerra tra Russia e Ucraina ha consentito un ulteriore proroga di questo provvedimento che ha preso l’avvio nel 2020 a causa del Covid.

 

Questo meccanismo in questi anni ha consentito di immettere liquidità al sistema produttivo per superare i momenti di crisi e nello stesso tempo permettere di non bloccare la produzione e tutti gli investimenti produttivi ad esso collegati. Il rischio concreto è che non venga rinnovato a fine anno, a meno che il mondo della comunicazione non spieghi e racconti in maniera semplice la bontà o meglio la necessità di questo provvedimento per l’economia e quindi per gli italiani.

 

La mancata proroga di queste misure straordinarie significa la decadenza o meglio abolizione di questo essenziale aiuto alle imprese. Già oggi non è semplice accedere al temporary crisis framework, vi sono dei limiti temporali del finanziamento fissato in otto anni e un limite finanziario per il quale è previsto che la cifra richiesta non superi il 15% della media dei ricavi o il 50% dei costi sostenuti nell’anno precedente per le forniture di energia. E comunque gli importi annui, o meglio dire le agevolazioni fiscali, le garanzie e i prestiti concedibili non possono superare i 2 milioni di euro, importo che viene ulteriormente ridotto a 250.000 o 300.000 per imprese agricole o del settore pesca.

 

Il provvedimento vuole venire incontro alle imprese che hanno esigenze di liquidità e sono in difficoltà a causa dell’interruzione della catena di approvvigionamento, o del rincaro dei prezzi delle materie prime dovuti appunto alla guerra in Ucraina. 

 

Grazie a questa norma si possono ottenere, tramite offerta di garanzie pubbliche, nuovi prestiti o prestiti agevolati. In particolare gli aiuti cercano di risolvere due tipi di incrementi dei prezzi: il primo è quello che riguarda energia elettrica e gas, il secondo mira ad aiutare le aziende nella transizione energetica e passare alle rinnovabili il loro stoccaggio di energia.

 

Misure che ieri sarebbero state opportune o meglio prioritarie, ma oggi dopo l’inaspettata guerra in Israele sono divenute ancora più impellenti. 

Bisognerebbe da subito discutere non solo della proroga di questo provvedimento ma della sua revisione.

 

Attualmente la disciplina ordinaria UE degli aiuti di Stato, in assenza delle misure straordinarie introdotte a causa della pandemia e adesso della crisi Russia Ucraina, è molto stringente e severa, inoltre l’entità del plafond al momento è ridotta e la soglia del “de minimis” (regola della UE che somma tutti gli aiuti concessi in un’unica cifra) è di 200 mila ogni triennio per impresa. Una soglia bassa che viene ulteriormente assottigliata dalle spese. 

 

Sarebbe opportuno, quindi non solo occuparsi del rinnovo del Temporary framework ma anche aggiornare la norma. Si dovrebbe procedere a rivedere tutto il testo innalzando l’importo degli aiuti di Stato fino ad almeno una soglia di 1 milione. Sull’opportunità di ragionare su simili soglie, basti ricordare che nel vigente Temporary framework gli interventi per far fronte all’incremento dei costi energetici sono ammissibili fino a 2 milioni.

 

Nella situazione attuale queste sono le cifre su cui bisogna ragionare se si vuole veramente aiutare le imprese e averne un vantaggio produttivo, cifre come quelle circolate fra i parlamentari che passerebbero la soglia da 200.000 a 300.000 euro sarebbero totalmente inefficaci. Sarebbe anche opportuno rivedere e aggiornare la Norma sul sistema delle Garanzie Pubbliche. Ancora oggi, lo strumento più efficiente e più veloce rimane quello delle garanzie a mercato in quanto indipendenti da logiche del “de minimis” e dunque estremamente flessibili in termini di importo e di durata.

 

Al momento la SACE (società del ministero dell’Economia e delle finanze specializzata nell’assicurazione dei crediti nella protezione degli investimenti nelle garanzie finanziarie) offre garanzie a imprese e mercato finalizzate alla transizione green: dovrebbero essere estese ad altre finalità, per esempio l’innovazione digitale solo per dirne una.

 

Il combinato disposto di aumenti dei costi dell’energia delle materie prime e della transizione energetica e tecnologica rende necessario l’ampliamento degli aiuti di Stato. Sarebbe opportuno anzi necessario innalzare la soglia massima di garanzie che il fondo può concedere ad ogni singola impresa elevandolo strutturalmente almeno a 5 milioni o a 10 milioni. Innalzamento che avrebbe una ricaduta sicura nel permettere alle aziende di affrontare questo processo.

 

Tutte valutazioni di buon senso e urgenti che si spera bastino perché vogliamo sognare che il drammatico conflitto tra Israele e Palestina trovi una soluzione che salvaguardi le migliaia di inermi civili e permetta l’avvio di negoziati. Ma temo che come Ue e soprattutto come Italia dobbiamo prepararci ad un periodo ancor più difficile di quelli finora conosciuti.

 

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