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Nel primo giorno della terza edizione di “Missione Italia”, l’evento annuale promosso dai sindaci dell’Anci per fare il punto sul Pnrr dei Comuni, emergono i numeri che spiegano la preoccupazione espressa mercoledì in cabina di regia dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Il contatore aggiornato della spesa per i progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza, come indicano i dati dell’Ispettorato generale per il Pnrr del Mef guidato da Carmine di Nuzzo, è fermo a 49,5 miliardi (appena 3,9 miliardi in più rispetto ai 45,6 miliardi di fine 2023), di cui quasi 30 miliardi legati ai crediti di imposta automatici per i bonus edilizi e gli incentivi alle imprese.

Gli investimenti pubblici veri e propri, insomma, restano a quota 20 miliardi circa. Un livello deludente, quello offerto dal censimento ufficiale della piattaforma ReGis, che fa crescere ulteriormente la montagna di spesa necessaria per completare tutti gli interventi del Piano entro la scadenza ad oggi fissata del 30 giugno 2026. Sulla cifra registrata dal cervellone informatico del ministero dell’Economia continuano a pesare gli inciampi nelle rendicontazioni (si veda l’articolo a fianco) e il quadro potrebbe evolvere anche rapidamente, almeno nelle speranze di Palazzo Chigi: un’accelerazione è destinata ad arrivare, per esempio, grazie all’attivazione di Transizione 5.0, il cui decreto attuativo sta completando la lunga fase di gestazione e ora attende solo la registrazione da parte della Corte dei conti. Su quella misura in gioco ci sono 6,3 miliardi, totalizzati però ancora una volta con crediti d’imposta e non con il filone centrale della spesa in conto capitale da parte delle pubbliche amministrazioni.

Questa voce pare oggi esplodere solo nei conti comunali. Secondo le tabelle illustrate alla platea dei sindaci dal Ragioniere generale dello Stato, Biagio Mazzotta, nel 2023 gli investimenti locali sono stati pari a 17,1 miliardi, raddoppiati rispetto agli 8,7 miliardi del biennio 2017-2018. Una corsa che non accenna a fermarsi: nel primo semestre di quest’anno hanno raggiunto 8,64 miliardi, il 31,4% in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Il trend è figlio del Pnrr, naturalmente – solo i codici unici di progetto per i Piani urbani integrati finanziati dal Next Generation Eu sono 521, di cui 33 in fase di esecuzione dei lavori – ma anche dei finanziamenti per le piccole e medie opere.

Il futuro, con l’avvio operativo da gennaio della nuova governance fiscale comunitaria, è un’incognita. Per il ministro Raffaele Fitto, possibile nuovo commissario, «l’Unione europea dovrà costruire dinamiche analoghe al Next Generation Eu per affrontare la transizione verde e digitale», premiando ancora gli investimenti orientati alla crescita. Anche in questa ottica è cruciale la performance italiana sul Pnrr. Un metodo, prima ancora che un programma, che Fitto auspica «diventi la regola nell’attuazione e nella spesa della Pubblica amministrazione». Senza però illudersi troppo sulla possibilità di una improvvisa iper-efficienza del Paese. «È scontato – ha sottolineato il ministro – che problemi di attuazione continueranno a esserci; vivendo in Italia e non sulla Luna, dovremmo ricordarci sempre del 34% di spesa dei fondi della programmazione della coesione 2020-2026».

Ma adesso accelerare è doveroso. Per questo Fitto non arretra sull’attuazione dell’articolo 2 del decreto legge Pnrr quater (19/2024) e sulla deadline intimata, non senza suscitare malumori, ai soggetti titolari: entro il 23 luglio dovranno aggiornare lo stato reale di attuazione del Piano. Fotografia alla mano, il Governo valuterà l’esercizio dei poteri sostitutivi nei confronti degli attuatori in ritardo rispetto ai cronoprogrammi procedurali e finanziari.

 

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