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La riforma organica disciplinata dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, che sostituirà la legge fallimentare, sarebbe dovuta entrare in vigore il 15 agosto 2020 – ossia trascorsi 18 mesi dalla pubblicazione del D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 in G.U., avvenuta in data 14 febbraio 2019 – tuttavia a seguito dell’emergenza per la pandemia da Coronavirus, con il Decreto Legge numero 23 del 2020 “Decreto Liquidità” sono state disposte misure – che mirano a sostenere la continuità aziendale delle imprese in crisi – e, per l’effetto, hanno prorogato l’entrata in vigore del CCI.

In tema di semplificazione, l’anticipazione della riforma ha introdotto procedure familiari che riducono tempi e costi (oggi vengono avviati iter distinti per ogni membro dello stesso nucleo familiare). Gli emendamenti sono intervenuti, poi, sul requisito della meritevolezza del debitore che ha spesso limitato l’accesso alle procedure ed ha avuto un’applicazione giurisdizionale poco uniforme: l’esclusione scatta solo nei casi di colpa grave, malafede o frode. E’ stato ampliato, inoltre, il raggio d’azione della legge agli incapienti (ossia a chi è privo di patrimonio) che può godere della opportunità di cancellare i debiti per una sola volta nella vita e con l’impegno di pagare i creditori se nei successivi quattro anni avrebbero ottenuto redditi sufficienti a saldare almeno il 10% dei crediti. L’applicazione della riforma consente l’accesso alle procedure, ai soci illimitatamente responsabili e introduce fra i debiti ristrutturabili anche la cessione del quinto.

I vari tentativi precedenti di anticipazione della riforma alla Legge 3/12

Ad agosto 2020, in sede di conversione del “Decreto Semplificazioni” alcuni parlamentari hanno proposto emendamenti al Dl, che prevedevano l’inserimento delle innovazioni previste dal Codice della crisi e insolvenza, direttamente nella legge 3, trattandosi di una semplificazione delle procedure resa ancora più urgente dalla emergenza sanitaria da COVID – 19; tuttavia i predetti emendamenti sono stati dichiarati inammissibili. L’intento era quello di rendere fruibili, ad una platea enorme di soggetti, tra cui famiglie, imprese sotto soglia, professionisti, artigiani, start up innovative, imprese agricole, ed altro ancora, gli strumenti di risoluzione delle crisi da sovraindebitamento previste e regolate nel nuovo codice, in un momento storico di forte transizione economica.

Tale sforzo, non riuscito, di stralciare una parte del nuovo CCI e di applicarlo in via anticipata limitatamente alle procedure di sovraindebitamento, è stato ripresentato ad ottobre 2020 in sede di conversione del “DL di Agosto“, ove è stata proposta la modifica n. 62.0.1 al DDL n. 1925 che , dopo riformulazione, aveva ottenuto sia l’ammissibilità, sia il parere favorevole del ministero della Giustizia. Tuttavia con il via libera alla conversione in legge del decreto-legge n. 104/2020 (c.d. Decreto Agosto) rispetto al quale l’esecutivo aveva posto la fiducia, approvata con 148 voti positivi, 117 no e nessun astenuto, è stata per intero eliminata.

Fino a giungere all’ennesimo e riuscito tentativo avvenuto con l’approvazione al Senato del maxiemendamento che ha sostituito il disegno di legge di conversione del primo decreto Ristori, apportando modifiche alla legge 3/2012 con la legge di conversione del dl 137/2020.

Le novità

Ampliamento soggettivo delle categorie di debitori civili per accedere alle tre procedure di soluzione dei debiti, come le piccole imprese sotto le soglie previste dall’articolo 1 della Legge fallimentare (tarate su livello di ricavi, attivo, debiti) e le imprese agricole, i soci illimitatamente responsabili per quanto riguarda gli effetti sul loro patrimonio degli accordi di composizione della crisi della società. L’idea di fondo rimane in ogni caso quella di consentire al debitore di riacquistare un ruolo attivo nel mercato attraverso la definizione e composizione controllata della sua posizione debitoria divenuta ormai inesigibile. Si precisa una nozione unitaria di “debitore” qualificato come consumatore o professionista, ovvero imprenditore che eserciti, anche non a fini di lucro, un’attività commerciale, artigiana o agricola, operando quale persona fisica, persona giuridica o altro ente collettivo, gruppo d’imprese o società pubblica, con esclusione dello Stato e degli enti pubblici;

modifica dei requisiti oggettivi di accesso all’iter del sovraindebitamento, ossia non sarà ammesso alla procedura, chi ha già beneficiato dell’esdebitazione per due volte; limitatamente al piano del consumatore, se ha determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode ( quindi non si parla più di colpa generica; limitatamente all’accordo di ristrutturazione, se risultano commessi atti diretti a frodare le ragioni dei creditori;

introduzione delle procedure familiari per cui i membri della stessa famiglia possono presentare un’unica procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento quando sono conviventi o quando il sovraindebitamento ha un’origine comune oltre al coniuge, si considerano membri della stessa famiglia i parenti entro il quarto grado e gli affini entro il secondo, nonché le parti dell’unione civile e i conviventi di fatto di cui alla legge 20 maggio 2016, n. 76. In questi casi la proposta di piano e la relazione particolareggiata deve contenere le masse attive e passive distinte. Inoltre è stato previsto che nel caso in cui siano presentate più richieste di composizione della crisi da sovraindebitamento riguardanti membri della stessa famiglia, il giudice adotta i necessari provvedimenti per assicurarne il coordinamento. La competenza appartiene al giudice adito per primo. (“La liquidazione del compenso dovuto all’organismo di composizione della crisi è ripartita tra i membri della famiglia in misura proporzionale all’entità dei debiti di ciascuno. Quando uno dei debitori non è un consumatore, al progetto unitario si applicano le disposizioni in materia di accordo di composizione della crisi”);’

-la proposta di piano del consumatore può prevedere anche la falcidia e la ristrutturazione dei debiti derivanti da contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio, del trattamento di fine rapporto o della pensione e dalle operazioni di prestito su pegno, salvo quanto previsto dall’articolo 7, comma 1, secondo periodo;

-il creditore che ha colpevolmente determinato la situazione di indebitamento o il suo aggravamento ovvero, nel caso di accordo proposto dal consumatore, che ha violato i principi di cui all’articolo 124-bis del decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, non può presentare opposizione o reclamo in sede di omologa, anche se dissenziente, né far valere cause di inammissibilità che non derivino da comportamenti dolosi del debitore. Viene proposto, dunque il criterio della valutazione del sovrafinanziamento colpevole del creditore, che diventa causa del sovraindebitamento. Il merito creditizio assume un grande rilievo nell’ambito dei presupposti per essere ammessi alla procedura, per la relativa omologa e per l’esdebitazione;

-interessante è anche l’emendamento che stabilisce: “il tribunale omologa gli accordi di ristrutturazione anche in mancanza di adesione da parte dell’amministrazione finanziaria quando l’adesione è decisiva ai fini del raggiungimento delle percentuali di cui all’articolo 11, comma 2 e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione dell’organismo di composizione della crisi, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione è conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria”.
Attualmente il terzo periodo del primo comma dell’art. 7 della legge 3/2012 impedisce ai sovraindebitati di stralciare Iva e ritenute, dovendoli pagare semmai dilazionati ma integralmente. L’emendamento approvato cancella tale periodo dell’art. 7 consentendo ai debitori sotto soglia, di accedere alla definizione a saldo e stralcio secondo la regola che permette di soddisfare i crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca non integralmente, purchè ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali insiste la causa di prelazione, come attestato dagli organismi di composizione della crisi.

-Assume centralità la proposta relativa al Debitore incapiente, difatto il debitore persona fisica meritevole, che non sia in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, diretta o indiretta, nemmeno in prospettiva futura, può accedere all’esdebitazione solo per una volta, fatto salvo l’obbligo di pagamento del debito entro quattro anni dal decreto del giudice laddove sopravvengano utilità rilevanti che consentano il soddisfacimento dei creditori in misura non inferiore al dieci per cento. La valutazione di rilevanza dovrebbe essere condotta su base annua, dedotte le spese di produzione del reddito e quanto occorrente al mantenimento del debitore e della sua famiglia in misura pari all’assegno sociale aumentato della metà moltiplicato per un parametro corrispondente al numero dei componenti il nucleo familiare della scala di equivalenza dell’ISEE di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 5 dicembre 2013, n. 159.

 

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