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L’autore di questo post è Corrado Griffa, manager bancario ed industriale (CFO, CEO), consulente aziendale in Italia e all’estero, giornalista pubblicista –

Consumo, quindi esisto; ma qualcuno mi difende se consumo male, o se il fornitore di un bene o servizio non si comporta bene? Per tutelare i consumatori, in questi casi, sono nate le associazioni di difesa dei consumatori, che possono avviare le cosiddette “class action”, previste dal Codice del Consumo: il meccanismo della “class action” consente a più consumatori di aderire all’azione legale già iniziata, anche mediante l’appoggio fornito dalle associazioni a difesa dei consumatori (azioni collettive), che hanno legittimazione attiva e passiva ad agire in giudizio in una vasta materia giuridica, ad esempio per impugnare le delibere delle varie “authority”.

In Italia, esistono, e nascono ogni giorno, associazioni (che sono gruppi di privati) con lo scopo di difendere i diritti dei consumatori; ma delle centinaia esistenti, solo alcune sono “riconosciute” dallo stato (art. 137 Codice del Consumo) ed iscritte ad un Albo nazionale tenuto dal Consiglio Nazionale dei Consumatori e degli Utenti (CNCU) che ha sede presso il Ministero dello Sviluppo economico. Esse attualmente sono 20: ADOC, Adiconsum, Assoutenti, ACU, Adusbef, Altroconsumo, Casa del consumatore, Centro tutela consumatori utenti, Cittadinanza attiva, Codici, Confconsumatori, Federconsumatori, Lega consumatori ACLI, Movimento difesa del cittadino, Movimento consumatori, Codacons, Cittadinanzattiva, Unione nazionale consumatori, Contribuenti Italiani, Sportello consumatori di Bolzano. Per scelta non è iscritta all’albo nazionale Aduc.

Ma come si finanziano queste associazioni? E quanto “pesano” in termini di associati?
Le informazioni presenti sui rispettivi siti sono poche e non consentono di stabilirne la effettiva consistenza (solamente Cittadinanza Attiva riporta il suo bilancio che contiene molte informazioni utili; Aduc riporta il numero degli aderenti e quanto raccolto da associati e non, per il 2016; contattata, ha indicato i dati aggiornati del 2017). Abbiamo scritto ad alcune associazioni richiedendo informazioni su numero degli iscritti e fonti di finanziamento (ADOC, Aduc, Adusbef, Federconsumatori, Codacons, Altroconsumo, Codici).

Abbiamo anche chiesto al CNCU (ed a 2 dipartimenti del MISE) informazioni su:

– numero effettivo dei consumatori affiliati alle 20 associazioni riconosciute,

– fonti di finanziamento delle associazioni stesse, comprensive di:

quote versate dai consumatori affiliati,

eventuali donazioni (che potrebbero anche pervenire da soggetti potenzialmente in conflitto di interesse con le finalità delle singole associazioni, come ad esempio imprese produttive interessate ad un “atteggiamento benevolo” nei propri confronti),

contributi provenienti da “authority” e stato.

Non abbiamo ricevuto risposta da Adoc, Federconsumatori, Codacons, Altroconsumo, Codici e MEF; hanno risposto Aduc, Adusbef.

In termini concreti: non è dato sapere come si finanziano e quante risorse raccolgono le associazioni aderenti al CNCU (salvo le 2 eccezioni sopra indicate).

Le teorie sul finanziamento delle associazioni…
Sulle fonti di sostentamento delle associazioni dei consumatori si sono anche rincorse, in passato, molte teorie; Adiconsum, Codacons, Federconsumatori e Movimento difesa del cittadino dell’Umbria hanno a suo tempo chiarito che «Non esiste un finanziamento pubblico per tali soggetti (iscritti all’albo regionale e al Consiglio nazionale consumatori e utenti) che non ricevono alcun euro dalla fiscalità generale».

Le fonti finanziarie dichiarate derivano da:

– autofinanziamento (quote d’iscrizione);
– destinazioni del 5 per mille, fatte in forma volontaria dai cittadini;
– una percentuale degli incassi delle multe dell’Antitrust (fondi che sono solo veicolati dal MISE, tramite il CNCU, e che le associazioni sono vincolate a utilizzare in progetti utili ai cittadini-consumatori).

Come distribuisce i fondi il MISE/CNCU?
La distribuzione dei fondi da parte del MISE/CNCU è fatta in proporzione al numero dichiarato di consumatori associati alle singole associazioni, senza che vi sia un controllo sostanziale sul loro numero effettivo: quindi il numero dichiarato potrebbe essere superiore (“gonfiato”) a quello effettivo.

Proposte per raccogliere fondi a favore delle associazioni
Negli anni si sono rincorse richieste di interventi finanziari della più varia (ed avariata…) natura: trattenute in busta-paga, o sulle bollette elettriche… causando reazioni (positive e negative) dalle varie sigle. I favorevoli al prelievo ritenevano che “l’importo non deve essere superiore a 1 centesimo di euro a bolletta, così da non pesare sulle tasche delle famiglie” e lamentando la mancanza di finanziamenti pubblici, in polemica coi le associazioni contrarie, precisavano che “Non a caso le uniche associazioni contrarie ad un intervento sulle bollette sono quelle finanziate dai sindacati, che sperano così di realizzare un monopolio a danno delle organizzazioni indipendenti e non legate ad alcuna corporazione”. Insomma, molto rumore, qualche rancore…: per un contributo molti si sarebbero piegati a logiche poco commendevoli nei confronti dei consumatori.

I contributi pubblici
Contributi pubblici sono peraltro previsti, a livello italiano ed europeo: il MISE ha disposto 10 milioni di euro per i contributi ai programmi regionali a favore di consumatori e utenti previsti dalla Legge 388-2000; a livello europeo esiste un programma 2014-2020 che destina complessivamente per la tutela dei consumatori 188,8 milioni di euro.

Conclusioni
Purtroppo, come in tanti altri settori, accanto ad operatori corretti ce ne sono altrettanti che lo sono meno, e non è semplice distinguere fra le due categorie; ecco perché sarebbe auspicabile una maggiore trasparenza su numero di associati, fonti di finanziamento, risultati dell’attività svolta.

Nella situazione attuale vorreste voi essere difesi da una associazione di difesa dei diritti del consumatore che non vi dice quanti sono i suoi associati, quali sono in dettaglio le sue fonti di finanziamento, se fra queste fonti di finanziamento vi sono donazioni di soggetti non direttamente riconducibili a consumatori?

Il legislatore dovrebbe imporre a tutte le associazioni di difesa dei consumatori la pubblicazione dei dati rilevanti, inclusi: bilancio; numero degli associati; dettaglio delle fonti di finanziamento con specifica indicazione di donatori diversi dagli associati individuali (come potrebbero essere imprese, gruppi di pressione e “lobby”) e di eventuali contributi provenienti da “ristorni da authority” e contributi statali e pubblici. I consumatori devono essere adeguatamente informati in modo chiaro, semplice, completo: cosa che sinora è mancato. E MEF e CNCU dovrebbero farsi parte attiva per tale obiettivo.

Twitter @CorradoGriffa



 

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