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La Ciociaria che si spopola nell’indifferenza generale #adessonews

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La Ciociaria si spopola. In undici anni sono stati persi 30.068 residenti: erano 495.056 nel 2013, sono 464.988 nel 2024. Un saldo negativo del 6,07%. È quanto certifica l’Istat. Certamente ha influito anche la mortalità negli anni del Covid, ma non è solo questo. Perché, per esempio, nello stesso periodo in provincia di Latina c’è stato un aumento: da 557.713 a 566.485 residenti. Nel nostro territorio pesa molto un fattore: i decessi sono più delle nuove nascite. E dal 2013 il trend non si è mai invertito. Da gennaio a luglio 2024, le nascite sono state 2.835. A fronte di 5.756 decessi.

Nei Comuni con oltre 15.000 abitanti, l’unica eccezione è Cassino: i residenti sono cresciuti. A Frosinone, il capoluogo, il calo è evidente: dai 46.807 residenti del 2013 ai 45.073 del 2019 fino a toccare i 43.454 del 1° gennaio 2024 per un meno 7,16% nel periodo. Le previsioni erano ben altre: per Frosinone, si ipotizzavano 120.000 abitanti nel 1990 secondo il piano regolatore generale e 160.000 residenti, tra stanziali (120.000) e fluttuanti (40.000) in base al piano regolatore generale degli acquedotti. L’altro aspetto, di conseguenza, è la crescita dei residenti più anziani. Nella fascia tra i 75 e i 79 anni erano 1.984 nel 2022, saranno 2.784 nel 2042. Stesso andamento ipotizzato per le fasce tra gli 85 e gli 89 anni (da 1.072 a 1.420), tra i 90 e i 94 (da 462 a 759), oltre i 95 anni (da 134 a 241). Si tratta di numeri che devono imporre una riflessione seria. Le zone si spopolano quando non c’è occupazione e quindi, soprattutto i giovani (ma non solo), sono obbligati ad andare altrove. E quando si parla di “fuga di cervelli” si fa riferimento ai tanti ragazzi della Ciociaria che vanno a studiare altrove. È un fenomeno che conosciamo bene. D’altronde se il territorio non recupera attrattività e competitività, sarà impossibile invertire una tendenza ormai consolidata.

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Le cause e le conseguenze del fenomeno
Della mancanza di prospettive occupazionali abbiamo detto. Ma bisogna fare i conti anche con una deindustrializzazione che è sotto gli occhi di tutti. Con annunci e impegni rimasti sulla carta. Delle infrastrutture che mancano abbiamo parlato tanto. Senza che nessuno abbia raccolto seriamente il grido di allarme. Senza l’autostrada del Sole lo sviluppo non ci sarebbe stato. Senza l’inclusione di questo territorio nell’ambito dell’ex Cassa del Mezzogiorno tante imprese, soprattutto multinazionali, avrebbero investito altrove. La previsione di una stazione Tav dovrebbe essere un imperativo categorico dell’intera classe dirigente. Invece nessuno ha preso e prende davvero l’iniziativa. Poi naturalmente c’è pure il profilo geografico di una provincia che conta ben 91 Comuni. Molti dei quali piccoli e piccolissimi. Bisognerebbe investire nei trasporti, nei collegamenti. Perché i piccoli Comuni rappresentano la storia e la memoria della Ciociaria, ma vanno collegati bene e facilmente con i centri più grandi. Lo si può fare in un modo solo: attraverso le infrastrutture. Adesso è sicuramente complicato e difficile invertire la rotta. Ma se si continua nell’atteggiamento “fatalistico” di un’inerzia senz’anima, andrà sempre peggio. Meno residenti vuol dire meno ricchezza, meno prodotto interno lordo, meno investimenti, meno consumi, meno case di proprietà, meno dinamismo nel settore immobiliare, meno gettito fiscale necessario a garantire i servizi collettivi. Si è deciso di chiudere gli occhi, di fare finta di nulla, di affidarsi ad uno “stellone” che non si accende se non si mettono in campo progetti, programmi, idee, risorse. Se non ci si mette in gioco. Sicuramente la Ciociaria non è più (da tempo) un Paese per giovani. Aumenteranno gli anziani e questo è sicuramente positivo sul piano degli affetti e relativamente alla trasmissione di una memoria condivisa che va preservata. Bisognerà però fare i conti con altri aspetti: se gli occupati saranno sempre di meno, chi sosterrà le pensioni del futuro? Inoltre è evidente che più popolazione residente anziana determinerà una crescita della spesa sanitaria e farmaceutica. Tematiche che una classe dirigente (non soltanto quella politica) dovrebbe porsi. Nelle scorse settimane più di qualcuno ha ritirato fuori il fatto che la provincia di Frosinone non è stata inclusa nella Zes e che, contemporaneamente, confina con regioni (Campania, Abruzzo, Molise) che invece usufruiscono di sussidi e di benefici fiscali. Inutile farsi delle illusioni: la Ciociaria non potrà essere inserita adesso nella Zes. Si tratta di studiare delle soluzioni alternative. Per esempio la previsione di zone “cuscinetto” nelle quali prevedere degli incentivi seri per le imprese. Però la sensazione è che si proceda a scatti, senza una strategia precisa, unitaria e condivisa. Come sempre del resto. Poi ci sono altre situazioni che continuano a non essere affrontate: la bonifica della Valle del Sacco, la riperimetrazione del Sin, i tempi biblici della burocrazia.

Anche gli spazi di rappresentanza da difendere
Minore popolazione residente alla lunga determinerà pure minori spazi di rappresentanza, sia politica che negli enti intermedi. Lo abbiamo già visto. Per non parlare del “peso” specifico. Qualunque riforma elettorale viene parametrata sui collegi e soluzioni come gli accorpamenti alla fine penalizzano le realtà più piccole. Si tratta quindi di giocare una partita a tutto campo, perché non è vero che la rappresentanza di un territorio non è importante. Semmai è vero il contrario. Si tratta di una “battaglia” che tutti dovrebbero combattere, facendo la propria parte. Basta con il convincimento che spetti sempre agli altri risolvere i problemi per tutti. Non funziona così. Non può funzionare così.



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