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Il governo è attualmente impegnato con la Manovra di fine anno e i temi caldi sono l’emendamento per introdurre la sanatoria per coprire gli anni precedenti al concordato preventivo biennale (2018-2023) per le partite Iva e il Bonus Natale per i dipendenti.
Manovra: diagnosi fiscale e sanatoria
L’Agenzia delle Entrate ha reso disponile sul suo sito una diagnosi della situazione fiscale che ogni partita Iva può andare a controllare. Si tratta di tutte le informazioni che sono in possesso dell’agenzia sull’attività che i contribuenti hanno svolto lo scorso anno, e quindi anche quanto ci si aspetta che versino.
Inoltre ieri le quasi 2 milioni di partite Iva che aderiscono al regime forfettario, che garantisce loro una tassazione di vantaggio del 15%, hanno ricevuto una lettera dall’Agenzia, dove vengono illustrati i vantaggi del concordato preventivo biennale, che per i forfettari abbassa la tassa dal 15 al 10%. Nella lettera si ricorda agli autonomi che l’Agenzia intensificherà i controlli per coloro che decideranno di non aderire al concordato.
Il motivo di questa decisione è legato all’importanza che il governo dà al concordato, dato che gli incassi provenienti da questo saranno utilizzati per ridurre il secondo scaglione dell’Irpef, ovvero l’aliquota che oggi sta al 35%, per portarla al 33%. Non si ha la certezza, ma l’obiettivo degli incassi potrebbe aggirarsi a 2,5 miliardi i euro, che è la somma per ridurre l’aliquota Irpef.
Per raggiungere questo obiettivo il governo sta cercando di inserire delle misure specifiche. Nei mesi scorsi aveva approvato una modifica, che prevede una tassazione agevolata: sui redditi in più che le partite Iva dichiareranno, si pagherà una tassa piatta a seconda del voto nelle pagelle fiscali. Per i contribuenti più affidabili, con un voto tra 8 e 10, la tassa sarà solo del 10%, per quelli con un voto tra 6 e 8 sarà di 12% e per chi non raggiunge la sufficienza sarà del 15%.
Un’altra modifica è quella legata all’emendamento nel decreto omnibus, firmato da tutti i partiti di maggioranza, per introdurre una sanatoria. Questa coprirebbe i redditi non dichiarati nei 5 anni precedenti al concordato, quindi 2018-2023, pagando una tassa dal 10 al 15% in base al voto nelle pagelle fiscali, seguendo quindi lo stesso criterio del concordato. Se si deciderà di sfruttare questa agevolazione si otterrà una pace col Fisco.
Per i contribuenti che decidono di non aderire al concordato, i controlli, come detto, saranno più duri. E nella probabilità in cui più partite Iva decidano di aderire al patto, il rischio di essere accertati sale a dismisura. Per aderire al concordato c’è tempo fino al 31 ottobre, anche se la Cna – Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa – ha richiesto di spostare la data di almeno un mese.
Per la Cna il rinvio sarebbe necessario “ai fini di una più consapevole e ampia adesione al concordato da parte di milioni di imprese interessate. La necessità della proroga è dovuta alla tardiva pubblicazione della circolare esplicativa da parte dell’Agenzia delle entrate e per effetto della presentazione dell’emendamento al decreto omnibus, relativo al ravvedimento speciale per le annualità 2018-2023, determinanti ai fini dell’adesione al concordato”. Ma il governo non pare mostrare aperture sul rinvio della data di scadenza.
Il Bonus Natale
Riguardo ai lavoratori dipendenti, invece, il governo ha creato il Bonus di Natale, con un emendamento al dl omnibus. Questo piccolo aiuto, di 100 euro netti, sarebbe dovuto arrivare a gennaio, infatti inizialmente era chiamato Bonus Befana, ma si è deciso di anticiparlo a dicembre. L’erogazione avverrà quindi nelle buste paga di quest’anno insieme alla tredicesima.
I beneficiari sono i lavoratori dipendenti con redditi fino a 28mila euro lordi l’anno, coniugati e con almeno un figlio. La condizione è che dovranno essere gli stessi lavoratori a richiederlo al datore di lavoro. I 100 euro saranno netti, perché l’aiuto “non concorre alla formazione del reddito complessivo del lavoratore dipendente”. La somma sarà rapportata al periodo di lavoro effettivo del lavoratore nel corso dell’anno: se, per esempio, un dipendente è stato assunto a maggio, quindi ha lavorato solo 8 mesi su 12, potrà ricevere solo 66,6 euro. I sostituti d’imposta avranno il compito di verificare l’effettivo diritto all’aiuto e nel caso questo non spetti al lavoratore che lo ha richiesto, dovranno recuperarlo.
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