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Addio cartelle esattoriali, cosa cambia dal 2025? Se non si versa il dovuto per determinate imposte, non servirà più la cartella esattoriale per attivare il fermo amministrativo, il pignoramento e le ipoteche, ma basterà solo l’accertamento esecutivo emesso dall’Agenzia delle Entrate.
Per imposte di registro, imposta di successione, restituzione di agevolazioni fiscali che non spettavano, crediti di imposta da restituire perché utilizzati indebitamente non saranno più emesse cartelle esattoriali, ma per l’attivazione della riscossione coatta basterà l’atto dell’Agenzia delle Entrate. A prevedere la novità è il decreto legislativo 110 del 29 luglio 2024 che unifica sotto l’accertamento esecutivo una lista di debitori con l’Erario che diventa, di fatto, sempre più ampia.
Addio cartelle esattoriali, basta l’accertamento esecutivo
Cos’è l’accertamento esecutivo? Da tempo, ormai, per imposte sui redditi, Iva, Irap, per le entrate dei Comuni e i debiti con l’Inps, è in vigore l’accertamento esecutivo. Si tratta di un invito a pagare entro 60 giorni dal momento che l’atto è stato notificato, entro lo stesso lasso temporale si può presentare anche il ricorso, se si ritiene che la richiesta sia illegittima.
L’accertamento esecutivo, in ogni caso, è un atto che basta ad attivare le procedure esecutive, come il pignoramento, e quelle cautelari come fermo amministrativo e ipoteca, una volta che sono trascorsi 30 giorni dalla scadenza in cui era atteso il pagamento. In questo modo si elimina dal sistema di riscossione il passaggio dell’iscrizione a ruolo e quello dell’emissione della cartella esattoriale. Il recupero dei crediti, in questo modo, è più veloce.
Per quali debiti spariscono le cartelle esattoriali?
Il decreto 110 del 2024 aggiunge ai debiti Irpef, Iva, Imu, Tari, Tosap, imposta sulla pubblicità e crediti dell’Inps altre tipologie di crediti vantati e in questo modo l’elenco dei debiti che saranno interessati esclusivamente dall’accertamento esecutivo si amplia.
Con la novità , quindi, nella lista rientrano anche:
- crediti di imposta utilizzati in compensazione, ma non spettanti;
- tasse, imposte, tributi e importi non versati;
- contributi e agevolazioni fiscali fruiti ma non spettanti (comprese eventuali cessioni dei crediti);
- sanzioni;
- imposta di registro;
- imposta sulle successioni e sulle donazioni;
- imposte sulle assicurazioni per quel che riguarda sia la liquidazione che la rettifica;
- in caso di omesso o tardivo invio delle dichiarazioni, liquidazione delle imposte derivanti;
- decadenza delle imposte di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni e imposta di bollo;
- tasse automobilistiche;
- addizionali.
I tributi presenti in questo elenco non prevedono più l’emissione delle cartelle esattoriali per attivare le procedure esecutive o cautelari, per le quali basterà l’accertamento esecutivo che permette di recuperare i crediti in tempi molto più brevi.
Cos’è la sospensione dell’esecuzione forzata?
Una cosa da considerare, in ogni caso, è che è prevista una sospensione per legge di 180 giorni per l’attivazione dell’esecuzione forzata se la notifica dell’avviso di accertamento e la riscossione sono a opera dello stesso soggetto (l’Agenzia delle Entrate Riscossione).
La sospensione, però, riguarda solo il pignoramento e non anche l’ipoteca e il fermo amministrativo (che rientrano nelle azioni cautelari); questi ultimi, infatti, possono scattare tranquillamente e senza bisogno di ulteriori lassi temporali laddove entro 30 giorni dalla scadenza non si sia verificato il pagamento delle somme dovute.
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