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FALSO ARTIGIANATO. CENTO ARTIGIANI VERI “A LEZIONE” DAI NAS DEI CARABINIERI E DALL’ANNONARIA DELLA POLIZIA LOCALE DI MILANO PER IMPARARE A FERMARE LA CONCORRENZA SLEALE. STIMATI DANNI PER 700MLN € #adessonews

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CENTO ARTIGIANI “A LEZIONE” DAI NAS DEI CARABINIERI E DALL’ANNONARIA DELLA POLIZIA LOCALE DI MILANO PER IMPARARE A FERMARE  LA CONCORRENZA SLEALE DEL FALSO ARTIGIANATO, INSIEME A UNIONE ARTIGIANI.

14MILA LE IMPRESE ESPOSTE

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UN DANNO DA 500 MLN € ALL’ANNO SOLO NELLA GRANDE MILANO
200 MLN € DI MANCATO FATTURATO PER 4000 ARTIGIANI DI MONZA E BRIANZA

 

14mila ditte della Grande Milano combattono ogni giorno contro chi immette sul mercato prodotti falsamente dichiarati come artigianali. Per gli artigiani in regola è un danno enorme. Stimati almeno 500 mln € di mancati incassi annui nella Grande Milano, 200 mln in meno per gli artigiani di Monza Brianza.

Oggi cento piccoli imprenditori hanno affilato le armi contro gli abusivi grazie ad un incontro con i Nas dei Carabinieri e l’Annonaria della Polizia Locale di Milano promosso da Unione Artigiani.

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C’è chi stampa sull’etichetta in bella vista “gusto artigianale”. In realtà il prodotto è uscito da una catena di montaggio e nessun artigiano ci ha messo un dito. Altri imprenditori fino a qualche tempo si promuovevano a tutto spiano come “artigiani della qualità” ma senza averne alcun titolo. Eppure la legge parla chiaro: solo gli artigiani in regola possono utilizzare la preziosa denominazione “artigianale”. Per gli abusivi? Le leggi nazionali e regionali, datate anni ’80 e pure scarsamente applicate applicate, prevedono poco più di un buffetto con sanzioni da poche centinaia di euro.

Rispetto alla platea delle 90mila imprese artigiane attive tra Milano e Monza, sono 14mila quelle più esposte al fenomeno: sono le ditte che realizzano prodotti unici e fatti a mano, alimentari e non. Per loro questa concorrenza sleale è un danno enorme: solo tra Milano e la Brianza vale oltre 700 milioni di € l’anno di mancati incassi. Eppure sono pochissimi gli artigiani che denunciano, molti per sfiducia, in tanti perché non sanno nemmeno a chi rivolgersi.

Unione Artigiani ha chiamato a raccolta un centinaio di maestri artigiani decisi a dire basta hanno incontrato i Carabinieri del NAS, gli agenti dell’Annonaria della Polizia Locale di Milano, gli esperti di Regione Lombardia e le associazioni dei consumatori. Una lectio magistralis per conoscere normative e strumenti, per tentare di arginare un fenomeno che sta dilagando sugli scaffali della piccola e grande distribuzione e che corre senza freni nell’e-commerce. E dietro al quale, a volte, si celano filiere fuori dai circuiti legali.

 

LA PAROLA “ARTIGIANALE” SEDUCE IL CONSUMATORE

IL CASO DEI PANETTONI

Il prodotto artigianale evidentemente tira, è una qualità ricercata dai consumatori più attenti e anche disposti a pagare di più. E per questo in tanti ne approfittano. Un esempio? A Milano sotto Natale è impossibile trovare un panettone non artigianale, sorride amaro il presidente di Unione Artigiani Stefano Fugazza, panettiere e pasticciere che fra poco nella sua bottega avvierà la produzione dei panettoni della tradizione, impastati uno ad uno con le sue mani. “In questo caso – aggiunge – grazie ad un disciplinare preciso e condiviso, ad un marchio di riconoscibilità e al ruolo della Camera di Commercio di Milano, stiamo difendendo un patrimonio gastronomico ma fuori da questo circuito è una guerra. Tanto che anche i NAS hanno sequestrato tonnellate di panettoni industriali immessi sul mercato come artigianali. I furbetti poi si trovano da entrambe le parti”, aggiunge Fugazza. C’è l’ impresa non artigiana che produce in serie e poi commercializza la scritta “prodotto artigianale”. O qualche artigiano che invece compra la merce da qualche industriale, cambia il packaging e poi vende i prodotti come se fossero i suoi. Per noi ovviamente sono tutti fenomeni da reprimere”.

 

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COME REAGIRE? CON TRASPARENZA E CERTIFICAZIONI DI PROCESSI E PRODOTTI. OGGI I CONTROLLI FUNZIONANO POCO

“Come possiamo agire? Chiedendo e offrendo trasparenza al mercato e ai consumatori, certificando i processi e i prodotti, anche alleandosi con l’industria – aggiunge Marco Accornero, il segretario di Unione ArtigianiLa grande impresa, ad esempio, valorizzi la presenza dell’artigianato nella sua filiera produttiva, lo racconti, lo faccia vedere. Non possiamo obbligarla a farlo per legge ma è un’iniziativa che va incentivata. Non costa e a nostro parere può generare ulteriore valore ai prodotti finali, immateriale ed economico.”
“La strada dei controlli? Tolti i Nas dei Carabinieri – aggiunge Accornero – che indagano sui casi considerati più importanti, sui territori il pallino – per legge – è nelle mani della polizia locale. Nei grandi centri urbani abbiamo le Unità dell’Annonaria, ma nelle migliaia di piccoli comuni i controlli di fatto sono impossibili”.

 

L’INDAGINE DI UNIONE ARTIGIANI

DANNI ENORMI MA POCHISSIME SEGNALAZIONI.
STIMATI MANCATI RICAVI PER 50MILA € ALL’ANNO PER IMPRESA

La presenza di questa concorrenza sleale sul mercato ha l’effetto di una bomba sugli incassi potenziali di migliaia di micro e piccole ditte artigiane. Secondo un’indagine condotta da Unione Artigiani su un campione di circa 500 imprese associate tra Milano e la Brianza, sono a dir poco allarmanti i dati riguardanti i mancati incassi connessi alla presenza del falso artigianato.
Ad esempio, chi fa produzione alimentare delle tradizione stima fatturati ridotti di almeno il 60%, i titolari dei laboratori di gioielleria e bigiotteria denunciano danni che valgono fino all‘80% dei redditi annuali. Segnalano un -65% dei ricavi potenziali le ditte del legno arredo, le imprese della moda e delle pelle calcolano una riduzione del giro d’affari pari al 70%, e rilevano il 75% dei guadagni in meno i produttori di altri pezzi unici fatti a mano come gli strumenti musicali e le microimprese dell’artigianato artistico. Secondo le stime del nostro Ufficio Studi, solo tra le province di Milano e Monza, i falsi artigiani si mettono in tasca almeno 700 milioni di Euro l’anno che invece dovrebbero andare nella casse di quelli veri. Per le 4000 imprese artigiane di Monza e Brianza impattate dal fenoneno si calcola 200 mln € di fatturato in meno. In sostanza, almeno 50mila € l’anno in meno per ogni ditta.

E come reagiscono gli artigiani, quelli regolari? Qui la rabbia si trasforma in frustrazione. Di fronte ad un 3% che prova a fermare almeno col dialogo il venditore di prodotti “farlocchi” o i loro acquirenti, il 97% del campione allarga semplicemente la braccia e non si sforza nemmeno di comporre il centralino delle Forze dell’Ordine.

Per quale ragione, nonostante l’ammontare enorme dei danni dichiarati? Dall’indagine emerge forte la sfiducia: il 57% degli imprenditori associati interpellati non ha voglia di impegnarsi in un procedimento, secondo il 28% anche in caso di denuncia non cambierà mai nulla o se mai arriveranno gli eventuali provvedimenti repressivi – per il 12% – sarà troppo tardi.

Le speranze risiedono nelle nuove normative sul Made in Italy: il 70% dice ai disciplinari di produzione per il non-alimentare, all’introduzione della tecnologia blockchain lungo la filiera e ad un nuovo marchio a tutela della produzioni artigianali a prova di falsario.

Ci sono poi due buone notizie che possono indicare una strada per il futuro. Secondo gli artigiani l’85% dei loro clienti sa riconoscere un “fatto a mano” da uno industriale. Per il 70% degli artigiani interpellati una certificazione ufficiale di autenticità, sottoscritta dall’artigiano stesso, potrebbe rappresentare uno straordinario veicolo di promozione dei loro prodotti.

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