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«Solo negli ultimi 10 anni la cooperazione di abitanti ha realizzato 87.000 nuovi alloggi con prezzi, tra proprietà e affitto, inferiori almeno del 30% rispetto a quelli medi di mercato, con picchi anche dell’80%. Una politica di social housing ante litteram per far fronte al disagio abitativo e alla domanda messa a rischio». È quanto sottolinea Alessandro Maggioni, presidente di Confcooperative Habitat aprendo “Cooperare per l’eternità” organizzato da Confcooperative Habitat, a Roma, al Palazzo della Cooperazione, per celebrare 70 anni della Federazione di Confcooperative che raggruppa le cooperative di abitazione e le nuove cooperative di comunità: 1000 cooperative aderenti – 80% edilizie di abitazione, consorzi e servizi dell’abitare e 20% aderente al settore cooperative di comunità, in crescente aumento, con un capitale investito di quasi 2 miliardi di euro.
«Dal secondo dopoguerra a oggi la cooperazione è stata una grande protagonista della risposta abitativa, consegnando alloggi sia in proprietà sia in affitto a oltre 930mila famiglie; 70 anni di vita sono un traguardo importante, un momento per guardarsi dentro, riflettere e orientarsi ad un futuro incerto. Abbiamo trasformato l’Italia che usciva dalle macerie del secondo conflitto mondiale, grazie all’articolo 45 della Costituzione che riconosce il ruolo della cooperazione. Oggi – continua Maggioni – ci troviamo ad affrontare un altro tipo di macerie, quelle prodotte dalle crescenti disuguaglianze: stipendi bassi, costo della vita in crescita, mutui alle stelle e locazioni introvabili. E, quando si trovano, i canoni insostenibili stanno drammaticamente erodendo il diritto all’abitare giusto per molte famiglie, soprattutto quelle esposte a maggiore vulnerabilità». Queste le sfide per il futuro: rendere città e territori ospitali, far convivere turismo e cittadini senza dover arrivare a illogici conflitti; coinvolgere con coraggio i giovani, dando loro voce e risorse per progettare un futuro migliore e più giusto. Territori belli, ma anche accoglienti per tutti.
Il ruolo delle Cooperative di comunità
Prezioso in questo quadro anche il ruolo delle Cooperative di comunità: «Oltre 250 cooperative, più di 6.500 soci, circa 335.000 tra utenti e beneficiari garantite da un migliaio di occupati, in prevalenza donne. È questo l’identikit di un fenomeno che sta ridando energia e speranza ai territori delle aree interne. Sono imprese promosse da chi vive nei territori che rischiano lo spopolamento, con l’obiettivo di creare economie locali preservando natura, abitabilità, ospitalità e agricoltura. È urgente però una legge quadro nazionale – ribadisce Maggioni – che, qui come nella legislazione urbanistica, armonizzi il caos indotto dalle varie normative regionali. Sono interessati, tra gli altri, 5.500 comuni che rappresentano oltre il 60% della superficie nazionale».
«La nostra politica abitativa è impegnata nel contrasto di consumo di suolo, privilegiando interventi di recupero di aree urbane degradate o dismesse. Un’azione che risponde alla necessità sempre più urgente di arrestare il consumo che nel nostro paese – continua Maggioni – secondo l’ultimo rapporto Ispra ha registrato una brusca accelerata a ritmi che non vedevamo più da 10 anni. Nell’ultimo anno infatti i fenomeni di trasformazione del territorio agricolo e naturale in aree artificiali hanno sfiorato i 2,5 metri quadrati al secondo e riguardato quasi 77 km quadrati in un solo anno (oltre 21 ettari al giorno): registrando un +10%».
Cura del territorio e contrasto al dissesto idrogeologico
«Il contrasto al dissesto idrogeologico parte dalle aree interne, 5.500 comuni che rappresentano il 67% della superficie nazionale. I cambiamenti climatici – sottolinea Maggioni – hanno prodotto danni per 111 miliardi, di cui 57,1 miliardi di euro solo per alluvioni. Negli ultimi 40 anni 1/3 del valore dei danni provocati da eventi estremi nella Ue è stato “pagato” dall’Italia (Fonte Censis)».
«Il consumo di suolo e di paesaggio non è determinato da una spinta demografica. Per questo è necessario regolare al meglio le trasformazioni territoriali, riducendo l’intasamento delle città, oggi sempre meno vivibili, con tempi di percorrenza casa – lavoro troppo elevati che minano la qualità della vita. Siamo tra i meno virtuosi in Europa. Insieme alla Francia – conclude Maggioni – i lavoratori italiani impiegano in media 45 minuti per andare da casa al lavoro. Gli italiani bruciano quasi 8 ore a settimana per andare e tornare dal lavoro. Come se trascorressero 4 giorni lavorativi al mese nel traffico tanto che quasi 1 su 2 desidera cambiare lavoro per avvicinarsi a casa».
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