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Partorire a Civezzano, nella sede dell’associazione di Garzano, costava tra gli 800 e i mille euro. Un impegno economico non da poco ma che poteva essere recuperato attraverso un bonus garantito dalla Provincia ed erogato tramite l’Azienda provinciale per i servizi sanitari. La stessa che ha denunciato quello che medici e carabinieri dei Nas ritengono essere un «punto nascite abusivo». C’è anche questo paradosso nell’indagine resa nota ieri, ma che era stata avviata mesi fa. Il tutto sarebbe avvenuto formalmente nel rispetto delle regole e a totale insaputa dell’Apss. Si tratta della prestazione aggiuntiva, prevista per per i cittadini che scelgono il parto al proprio domicilio: previsti contributi fino a mille euro o comunque fino alla spesa effettivamente sostenuta. Dalle indagini svolte dai carabinieri risulterebbe che questo bonus sarebbe stato richiesto anche da alcune delle clienti del centro «Via di Casa». Del resto, la stessa associazione ha sottolineato come l’attività esercitata sia paragonabile al parto in casa. E per avere l’aiuto economico basta che ci sia il risconto di un professionista: come un’ostetrica, per l’appunto.
«Pratica pericolosa»
Chi è assolutamente convinto che quanto accaduto non sia da sottovalutare è il direttore generale di Apss, Antonio Ferro. L’azienda sanitaria, come detto, ha fatto partire il caso. «C’è l’obbligo di segnalazione da parte del personale medico — spiega — ma di certo noi non abbiamo poteri ispettivi. Non possiamo andare in cerca di queste realtà che operano sicuramente a nostra insaputa».
Però le clienti, le mamme che si sono rivolte al centro e alle ostetriche che vi risultano lavorare (sono in quattro secondo quanto afferma il sito internet dell’associazione) sembrano complessivamente contente. «Riguardo a questo — afferma Ferro — bisogna dare un messaggio forte: il parto è sì un fenomeno fisiologico, non certamente una malattia, ma esistono dei rischi e per questo è fortemente consigliabile ricorrere a una struttura sanitaria certificata, come un ospedale».
«Sensibilità cambiata»
E la scelta di partorire a casa? «Anche quella — prosegue Ferro — è seguita dai nostri medici e dalle nostre ostetriche che possono assicurare un pronto intervento nel caso di emergenze. Poi sappiamo che, specialmente dopo il Covid sono emerse diverse sensibilità ed è aumentata anche la tendenza a ricorrere a realtà alternative».
E quest’ultimo, forse, è il punto più sociologicamente rilevante. In pieno inverno demografico, con il rischio di chiusura dei punti nascite più piccoli (in città ha chiuso il San Camillo, Cles e Cavalese operano in deroga, perché sono ben distanti dai mille parti all’anno richiesti dagli standard di sicurezza) ci sono mamme trentine, non poche, che hanno scelto di dare alla luce i propri figli in un posto dove i parti all’anno non superano la decina. Aiutate, certamente, da ostetriche professioniste. Ma ben lontane, in ogni caso, dagli ospedali.
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