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La caccia ai soldi degli Elkann non è ancora finita: il sequestro da 74,8 milioni della scorsa settimana, infatti, non ha concluso l’inchiesta per frode fiscale e truffa ai danni dello Stato per l’eredità di Marella Caracciolo. Perché la Procura di Torino aspetta ancora le ultime rogatorie internazionali per “aggredire” i conti sparsi nei paradisi fiscali europei, dal Lussemburgo al Liechtenstein. E la loro ipotesi è che possano spuntare altre sorprese in merito alla presunta evasione di cui sono indagati i fratelli John, Lapo e Ginevra Elkann, il notaio svizzero Urs Von Grueningen e il commercialista torinese Gianluca Ferrero (che è anche presidente della Juventus).
I cinque sono i protagonisti di un’inchiesta clamorosa, avviata a febbraio dal procuratore aggiunto Marco Gianoglio e dai pubblici ministeri Mario Bendoni e Giulia Marchetti. Tutto è partito dall’esposto di Margherita Agnelli, figlia di Gianni, che ha messo in discussione la residenza svizzera di sua madre Marella Caracciolo. E gli inquirenti hanno trovato riscontri a questa ipotesi, che avrebbe provocato una evasione milionaria sull’eredità della vedova dell’Avvocato: documenti medici, spostamenti, “vademecum” e assunzioni truccate di autisti e governanti. Tutte azioni che, come si legge nelle quasi cento pagine del decreto di sequestro firmato dal giudice Antonio Borretta, confermerebbero la «strategia capillare, di volta in volta aggiornata e messa a punto, grazia alla collaborazione di professionisti». Cioè Ferrero e Von Grueningen ma non solo, visto che anche altri collaboratori avrebbero fatto bene attenzione che la residenza di Donna Marella figurasse in Svizzera: come quelli che hanno letto “Ho coltivato il mio giardino”, l’autobiografia revisionata con attenzione per sottolineare la sua costante presenza nella casa di Gstaad. E tra chi avrebbe dato il via libera alla pubblicazione, nel 2014, ci sarebbe anche il nipote John Elkann: lo dimostrerebbe un fitto carteggio via e-mail riportato nel decreto di sequestro. Dove si sottolinea l’esistenza di quest’altra prova del «disegno criminoso per sottrarre un ingente patrimonio e i relativi redditi alle leggi successorie e fiscali italiane», frutto di una certa «propensione».
Anche da quel particolare deriverebbe il cosiddetto “periculum in mora” che ha spinto la Procura a chiedere il sequestro da 74,8 milioni, cioè il rischio che i soldi potessero nuovamente essere spostati dai conti (tra cui due trust alla Bahamas, Providenza Settlement e Settlement Due). Ma le indagini non sono ancora finite: come detto, i magistrati attendono le rogatorie internazionali su altri documenti e conti all’estero. L’obiettivo è mettere le mani sull’intera geografia di denaro e società fiduciarie che va dalla Svizzera alle Isole Vergini Britanniche.
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