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Da anni si discute se la Germania sia una Immigrationsland, una terra di immigrazione. Non è paragonabile all’Australia o agli Stati Uniti, dove c’è ancora spazio per chi arriva, ma dalla fine della guerra la Repubblica Federale ha accolto milioni di lavoratori stranieri, o di Flüchtlinge, fuggiaschi, che cercano un asilo provvisorio, poi finiscono per rimanere. Dal 2014, sono tre milioni e centomila.
Ma anche i tedeschi abbandonano il loro paese per andare a vivere all’estero. Non sono molti, circa 50mila all’anno, e i motivi sono i più diversi: pensionati che decidono di stabilirsi in Spagna, in Italia o in Grecia, in un paese dove il clima sia migliore, o dove pagano meno tasse. O per amore, o perché non sopportano la società, e si illudono di trovare la libertà altrove. E alcuni, pochi, per motivi professionali, perché all’estero guadagnano di più. Secondo un sondaggio, il venti per cento pensa di poter lasciare la Germania, per poter vivere meglio.
Un giovane medico, nostro amico, ha studiato in Italia, perché in Germania non riusciva a superare il numero chiuso, poi è rimasto a Roma, perché aveva trovato amici e una moglie. Un altro medico, invece, si è trasferito in Sardegna, perché si era sposato a Berlino con un’italiana. Vent’anni dopo non si è pentito della scelta, e capisce i pazienti che parlano sardo, incomprensibile anche per gli italiani.
Molti medici e infermieri tedeschi sono emigrati dopo il Covid
Molti medici e infermieri sono emigrati dopo il Covid. Durante la pandemia si erano prodigati nei reparti a terapia intensiva, dopo non hanno ottenuto gli aumenti sperati. Nel 2022, sono espatriati 2300 medici. E adesso in Germania negli ospedali manca il personale specializzato. Un quarto espatria per motivi finanziari, e un quinto perché insoddisfatto delle condizioni di vita in Germania.
Su una rete tv privata, in una trasmissione intervistano gli esuli tedeschi. Vivono in isole paradisiache ai Caraibi, o sono diventati agricoltori in Nuova Zelanda e, com’era prevedibile, nessuno a parole si lamenta della scelta. Nella realtà, molti finiscono per tornare, vinti dalla nostalgia. E i paradisi sono sempre diversi da quello che si crede. Quattro su cinque ritornano dopo pochi anni.
Non si parla di fuga di cervelli, ma di una normale mobilità internazionale, e l’esperienza all’estero per un breve periodo viene giudicata positiva.
Anche ai profughi non piace a Germania e molti vanno via dopo pochi mesi
E delude anche il paradiso tedesco che attira i profughi. Bastano pochi mesi e decidono di tornare in patria. Görliztpark, nel cuore di Berlino, si è trasformato in un bivacco di stranieri, che sopravvivono in attesa che la loro richiesta di asilo venga accettata. Il parco è diventato un centro dello spaccio di droghe, e la polizia preferisce non compiere controlli.
La Germania avrebbe bisogno di 400mila lavoratori qualificati all’anno, arrivano circa mille profughi al giorno ma sono quelli sbagliati, termine politicamente scorretto. Pochi sono in grado di lavorare in una fabbrica moderna, o ignorano la lingua per venire assunti da alberghi o ristoranti.
Nel 2022 furono due milioni e mezzo, ma poco meno della metà erano profughi dall’Ucraina, in gran parte donne e bambini, e tutti dichiarano di voler tornare a casa appena finita la guerra. Per quest’anno si prevede che giungeranno in 290mila.
La Berliner Zeizung scrive che a a Görliztpark tutti partirebbero subito, se le autorità offrissero loro un volo per casa. Su 700mila emigranti, dopo un anno la metà ritorna in patria. Sul totale di rimpatri, il 78 per cento aveva meno di 65 anni, non erano dunque pensionati. Se ne vanno anche lavoratori qualificati, e il motivo sarebbe la difficoltà di integrarsi nella società tedesca.
L’Istituto di ricerca economia di Tubinga ha compiuto una ricerca su chi se ne va: la maggioranza parte poco volentieri, sente il ritorno come una sconfitta, e tra i vari motivi, la famiglia, i figli piccoli che incontrano problemi a scuola, non mancano le lamentele sul clima, freddo e grigio, anche in estate. Un quinto denuncia di essersi sentito discriminato sul lavoro, e di non guadagnare abbastanza, in confronto alle offerte in Gran Bretagna o in Francia.
Dato positivo: la Germania accoglie più studenti stranieri al mondo, dopo gli Stati Uniti, e il 60 per cento dopo gli studi decide di vivere a Berlino, a Monaco, o a Colonia.
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