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Un testo da rivedere sotto molti aspetti, che apre alle gare indiscriminate e alla morte di migliaia di piccole imprese familiari, senza prevedere adeguati indennizzi. E soprattutto, che non mantiene ciò che aveva promesso la premier Meloni. Le associazioni degli imprenditori balneari, ricevute ieri in audizione dalle commissioni riunite Giustizia e Finanze, hanno contestato in più parti il decreto Infrazioni approvato lo scorso settembre dal consiglio dei ministri, che disciplina i criteri per riassegnare le concessioni balneari in scadenza attraverso delle procedure pubbliche selettive, come chiede la direttiva Bolkestein dell’Unione europea.
I rappresentanti delle associazioni di categoria hanno criticato vari punti del provvedimento. Per Antonio Capacchione (Sib-Confcommercio), «le imprese balneari rischiano di perdere il lavoro e il frutto del proprio lavoro. È una legge sbagliata. La Corte di giustizia Ue ha detto che la Bolkestein si applica solo a condizione che ci sia l’impossibilità dell’entrata di nuovi operatori nel mercato, la cosiddetta scarsità , che in Italia non c’è. Questa legge non applica correttamente la direttiva, e se non si affronta il problema della scarsità , si finisce per creare dei contenziosi». Anche Cristiano Tomei (Cna Balneari) ha auspicato che «il decreto legge venga migliorato in fase di conversione, perché l’attuale stesura non soddisfa i balneari. In particolare, non è sufficiente tenere conto solo degli ultimi 5 anni per calcolare l’equa remunerazione. Si tratta di un periodo in cui, a causa della pandemia e dell’incertezza stessa sul rinnovo delle concessioni, non sono stati fatti investimenti importanti. Perciò è necessario calcolare il riconoscimento per l’intero valore aziendale e tutta la durata della concessione».
Maurizio Rustignoli (Fiba-Confesercenti) ha insistito sul tema degli indennizzi, che «sono stati regolamentati in una maniera persino peggiore rispetto a quanto aveva fatto il precedente governo Draghi con la legge sulla concorrenza. Inoltre, non è giusto che la mappatura delle coste sia stata cestinata. Si tratta di dati importanti, frutto di un attento lavoro di raccolta e gestione da parte della presidenza del consiglio, che devono trovare un posizionamento all’interno della legge». Secondo Marco Maurelli (Federbalneari), «se da un lato comprendiamo la scelta obbligata del governo, viste le difficoltà di rapporto con la Commissione europea e l’evidente rischio di un ulteriore deferimento della procedura d’infrazione alla Corte di Giustizia Ue, dall’altro siamo insoddisfatti per il mancato dialogo tra governo e categoria, con un provvedimento approvato senza un confronto preventivo e ragionato che coinvolgesse anche Regioni e Comuni».
Insoddisfatto pure Mauro Vanni (Confartigianato Imprese Demaniali): «Siamo fortemente preoccupati per l’impatto delle disposizioni del decreto Infrazioni, che mette un punto fermo per niente soddisfacente, anzi peggiorativo rispetto alle richieste della direttiva Bolkestein, di ogni sentenza fin qui pronunciata dai tribunali di ogni ordine e grado e molto pericolosa per il mantenimento del modello di accoglienza del sistema turistico balneare». Fabrizio Licordari (Assobalneari-Confindustria) si è limitato a leggere le parole di un intervento televisivo pronunciato due anni fa da Giorgia Meloni, quando prometteva l’esclusione delle imprese balneari dalla Bolkestein, per evidenziare l’incoerenza del decreto rispetto a quegli impegni.
I presidenti delle associazioni balneari hanno avuto a disposizione solo cinque minuti ciascuno per i propri interventi, ma vista la complessità della materia, hanno potuto anche lasciare una documentazione scritta contenente tutte le loro osservazioni. La registrazione completa delle audizioni, che ha visto intervenire anche i rappresentanti di altre associazioni e alcuni parlamentari, è visibile sul sito web della Camera dei deputati.
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