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A volte si sbaglia a definire l’economia “la scienza triste”. E quando si parla di npl, non performing loans, quindi prestiti non onorati e soggetti al recupero crediti, questa branca della finanza potrebbe addirittura evocare qualcosa di peggio della tristezza. Eppure a Cernobbio, dove l’andirivieni di manager e imprenditori genera per tradizione una sorta di overtourism manageriale sui generis, in questo venerdì di fine settembre si poteva respirare un mood diverso. Al Npl meeting 2024 organizzato da Banca Ifis sono stati i dati i veri protagonisti di una ventata di ottimismo, seppure cauto.
L’Italia è infatti in controtendenza rispetto alle banche più importanti d’Europa, in Francia e Germania soprattutto. Un settore che vede incrementare di sedici miliardi il dato del mercato dell’esposizione creditizia che per le banche ammonta a 373 miliardi di euro. Ma da noi va meglio: nel primo semestre 2024, lo stock di Npe (Non performing exposures) delle banche più significative italiane è calato addirittura di 5,1 miliardi di euro. E si prevede addirittura che entro la fine del 2024, il tasso di deterioramento italiano sarà pari a 1,01 per cento, livello storicamente basso. Ancora, entro la fine del 2024 lo stock totale di Npe in Italia è previsto in diminuzione a duecentonovanta miliardi di euro.
Ma l’ambizione della tredicesima edizione del Npl Meeting, annuale appuntamento dedicato all’industria del credito deteriorato, è stata la riflessione sul fare un passo avanti, uno “Step Forward” come recita il titolo, e quest’anno infatti c’è stato un significativo approfondimento sullo stato di salute dell’industria europea del credito, al termine di un quinquennio di fuoco, caratterizzato dalle tensioni pandemiche e geopolitiche.
E allora, dopo un elogio alla capacità del sistema bancario italiano di colmare i gap con il mercato europeo, l’analisi del centro studi di Banca Ifis si è concentrata sulla mappatura per area geografica dell’andamento del tasso di deterioramento dei prestiti di famiglie e imprese italiane. Ora sappiamo che dopo anni caratterizzati da un evidente divario tra Nord, Centro e Mezzogiorno d’Italia, a fine marzo 2024 si è registrata una sostanziale convergenza dei tassi di deterioramento.
La vera sfida a questo punto si indica con una parola chiave: reinclusione finanziaria dei clienti-debitori. Il passo in più è soprattutto questo, consolidare un’attitudine al recupero improntato al social banking, modalità che permette di instaurare un rapporto di rispetto reciproco con il debitore. Un salto che richiede uno sforzo collettivo, con le istituzioni che devono fare la loro parte per costruire un sistema più sostenibile.
«L’analisi del nostro Ufficio Studi evidenzia un incremento dello stock di Npe e dell’Npe ratio a livello europeo in controtendenza rispetto a quanto avviene sul mercato italiano, dove invece diminuisce», ha spiegato Ernesto Fürstenberg Fassio, Presidente di Banca Ifis. «Si tratta di un’ulteriore conferma dell’eccellente lavoro svolto dalle banche italiane e dagli operatori dell’industria del credito deteriorato. Dal 2015 in poi, hanno saputo accompagnare il sistema bancario liberando sofferenze e permettendo la generazione di nuovo credito. Oggi, davanti a un contesto macroeconomico incerto, l’industria deve adattarsi rapidamente ai cambiamenti di contesto normativo e di mercato»
Già, perché lo scenario 2024-2026 che emerge dal Market Watch Npl di Banca Ifis, illustrato durante l’incontro di Cernobbio, si concentra proprio sulla sostenibilità sociale e richiede quello che l’AD dell’istituto di credito, Frederik Geertman, ha definito un vero e proprio «salto in lungo».
Sul tema degli npl in ambito Esg, l’esperienza degli ultimi anni dimostra che c’è una maggiore facilità a gestire la “E” e una difficoltà invece con la “S”. Infatti mentre nelle politiche ambientali (E sta per environment) tutto è più concreto e spesso misurabile in tonnellate di Co2, nel sociale ci si scontra con temi etici e delicati e il rischio, è stato detto, è quello di trovarsi “l’elefante nella stanza”, ovvero una grande difficoltà nella ricerca delle soluzioni giuste che non facciano pensare alla sostenibilità sociale come oggetto di finanziamento a fondo perduto.
Resta chiaro infine che l’impegno a ragionare di modelli di business che incontrino i concetti di inclusione sociale è un imperativo. E il riconoscimento della società Extel a Banca Ifis proprio per l’impegno sociale dimostra che la strada è quella.
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