Nei primi sei mesi dell’anno, le vendite di pompe di calore nell’Unione europea sono calate del 47% rispetto allo stesso periodo del 2023. Le cause? Troppa incertezze nella politica degli incentivi pubblici e il calo del prezzo del gas che ha reso meno conveniente le nuove installazioni.
Non è una buona notizia, perché il calo delle vendite fa venire meno un “piccolo” ma significativo contributo alla riduzione delle emissioni inquinanti. Un contributo importante soprattutto nei mesi invernali, quando le grandi aree metropolitane per riscaldarsi aumentano la produzione di gas serra.
Ma i numeri, in casi come questo, sono impietosi: come riportato dal Financial Times, nel primo semestre del 2024 nei principali paesi della Ue che rappresentano l’80% del mercato sono state venduti 765mila impianti, contro 1,44 milioni dei primi sei mesi del 2023.
Anche il calo del prezzo del gas ha frenato il mercato delle pompe di calore all’interno della Ue
Incidono – e non poco – sui numeri la fine degli incentivi per ‘installazione di pompe di calore in alcuni paesi membri. Così come ha fatto la sua parte il calo del prezzo del gas naturale, che ha portato a un calo delle bollette. Nel 2023, il prezzo al megawattora del gas si è aggirato tra i 40 e i suo euro, mentre nella prima parte dell’anno tra ha oscillato tra i 25 e i 35 euro.
Come si legge in un recente report di Bloomberg NEF, gli investimenti in pompe di calore sono aumentati del 75% tra il 2020 e il 2023, raggiungendo i 23 miliardi di euro”. Poi la spesa ha frenato per il calo dei sussidi in paesi tra cui Germania e Italia.
Sempre come riferito dal quotidiano economico britannico, Paul Kenny, il presidente dell’EHPA (l’associazione di settore), ha chiesto alla nuova Commissione europea di adottare misure urgenti per “invertire la tendenza del mercato in rallentamento”.
La Commissione da tempo aveva promesso un “piano d’azione” con tanto di nuovi aiuti economici per aumentare gli investimenti nelle pompe di calore. Ma il Piano non è mai stato presentato ufficialmente, nonostante le richieste di una dozzina di Paesi. Il dossier ora va nelle mani della nuova Commissione, sollecitata anche dal report sulla competitività appena presentato da Mario Draghi.
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