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Mercati immobiliari a rischio bolla? L’ascesa dei tassi di interesse i cui effetti sono ancora ben presenti sul fronte dei mutui, ha colpito in modo assai diverso le città di tutto il mondo. Adesso, mentre per alcune è tempo di rivedere il mattone brillare, per altre la correzione dei prezzi potrebbe essere dietro l’angolo.
Partendo dagli scenari più vicini, nel bubble risk index stilato quest’anno da Ubs Real Estate sui mercati residenziali di 25 grandi città al mondo, quelle più borderline sono Zurigo e Ginevra. Nella prima piazza finanziaria svizzera acquistare casa costa oggi il 25% in più rispetto a cinque anni fa, mentre gli affitti hanno registrato uno degli incrementi più elevati tra tutte le 25 metropoli prese in considerazione nell’analisi. A sostenere i prezzi è la limitatissima offerta di case che contribuisce a promuovere l’effetto rarità di un mercato sempre più percepito di lusso. Un fenomeno, quello della carenza di alloggi, che secondo gli esperti di Ubs ha contribuito in diversi casi a stabilizzare i costi di alcuni mercati urbani. A questo si aggiunge probabilmente anche la minor pressione derivante dai costi di finanziamento con tassi meno alti di quelli europei o inglesi (i tassi in Svizzera sono stati alzati fino all’1,25% rispetto al 4,5% e al 5% di Europa e Regno Unito).
Lo scenario in Europa
A Londra, Parigi, ma anche Stoccolma, la situazione è opposta: il rialzo del costo del denaro ha contribuito a sgonfiare i prezzi riportandole nella fascia di basso rischio bolla. Il mercato della capitale inglese ha perso un quarto del suo valore dal picco storico del 2016, mentre quello di Parigi è stato il più debole a livello europeo quest’anno con un calo del 10% rispetto ai rialzi del 30% registrati ra il 2015 e il 2020. Simile il caso di Stoccolma dove in seguito all’aumento del 90% dei prezzi tra il 2009 e il 2021, il crollo negli ultimi tre anni è stato del 30%. In generale, le città che hanno registrato forti correzioni dei prezzi sono le stesse che avevano dimostrato un elevato rischio bolla immobiliare negli anni passati, ma adesso le prospettive parlano di una lenta ripresa. Ancora diverse le situazioni di Francoforte e Amsterdam, dove dopo la correzione i costi sono già tornati a salire, e di Madrid il cui mercato immobiliare è cresciuto in questi anni restando immune dalle condizioni di finanziamento sfavorevoli anche grazie alla forte carenza di offerta. Escludendo la Svizzera, queste città hanno gli indici di rischio bolla più alti d’Europa.
Milano è invece un caso isolato. Nonostante i prezzi continuino a superare la media nazionale, nel confronto con le grandi città di tutto il mondo i costi delle abitazioni, così come degli affitti, risultano ancora più contenuti e, se adeguati all’inflazione, rimangono ai livelli del 2018. Avendo risentito meno all’aumento dei tassi (così come un po’ tutto il mercato italiano, complice una leva finanziaria bassa), il capoluogo lombardo è penultimo nella classifica dei mercati a rischio bolla, subito prima di San Paulo.
Preoccupano Tokyo e Dubai
Fuori dall’Europa preoccupa Tokyo e torna a far tremare Dubai, dove però fino al 2020 il rischio bolla era basso. Da allora i prezzi nella città emiratina sono cresciuti del 40% e il numero di operazioni ha raggiunto ogni anno massimi storici, portando l’eccesso d’offerta a essere assimilato. Secondo gli analisti di Ubs l’elevata percentuale di operazioni off-plan, probabilmente speculative, e l’offerta elevata potrebbero innescare una moderata correzione dei prezzi nel breve termine.
Resiste New York ma occhio a Miami
Le città americane dominano la classifica. Miami è in assoluto in cima alla lista delle metropoli a rischio bolla, seguita anche da Los Angeles. Il mercato delle case di proprietà negli Stati Uniti soffre di una crescente inaccessibilità, soprattutto perché le rate dei mutui rispetto ai redditi familiari sono ben più alte di quelle del picco raggiunto durante la bolla immobiliare del 2006/2007. Fa eccezione però New York. Nonostante la scarsa accessibilità, i prezzi delle case nella Grande Mela non hanno infatti subito una brusca correzione: attualmente sono sotto il 4% al di sotto dei livelli del 2019 e comunque in leggero aumento nell’ultimo anno. (riproduzione riservata)
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