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Il sistema Italia gode di uno stato di salute complessivamente migliore della media europea. A dirlo รจ il termometro dei crediti deteriorati o non performing exposures (Npe). In sintesi, si tratta delle rate dei prestiti โ come quelle dei mutui o dei leasing โ che famiglie e imprese non riescono piรน a rimborsare alle banche che li hanno erogati.
A fine giugno scorso le banche europee erano infatti seppellite sotto le macerie di 373 miliardi di crediti non piรน esigibili e quindi โmalatiโ, 16 miliardi in piรน rispetto a marzo del 2023. In parallelo รจ peggiorato allโ1,86% anche lโNpe ratio, ovvero il rapporto tra il credito deteriorato e lo stock dei finanziamenti complessivi. Sintomo questo della difficoltร con cui imprese e famiglie faticano a restituire i finanziamenti ricevuti.
Inoltre, il generale quadro di incertezza economica e le tensioni legate alla corsa dei prezzi hanno portato a un moderato aumento del costo del rischio per le principali banche della Ue: questo ha raggiunto la soglia dello 0,51% al 30 giugno 2024, dopo aver raggiunto il livello di 0,57% nel primo trimestre ovvero il livello piuฬ alto da fine 2020.
Marciano in controtendenza le banche italiane che, dopo le severe pulizie di bilancio degli ultimi anni accompagnate anche da ricapitalizzazioni, hanno visto calare lo stock dei crediti in sofferenza di 5,1 miliardi.
A provocare lโaggravamento del quadro europeo sono state infatti soprattutto gli aumenti di crediti deteriorati che si รจ accumulato nei bilanci delle banche tedesche (+9,4 miliardi) e in quelle francesi (+8,8 miliardi). Insomma, imprese e banche italiane sembrano stare complessivamente meglio della media.
A raccogliere i dati รจ stato il Market Watch Npl elaborato dallโUfficio Studi di Banca Ifis. Dalla ricerca emerge inoltre come analizzando lo stock totale (banche e investitori) di Npe in Italia si stima una riduzione di circa 71 miliardi dal 2015 a fine anno. Un calo che diventeraฬ di 84 miliardi nel 2026, pari a un -23% a livello di sistema, grazie allโattivitaฬ di gestione degli operatori specializzati.
Non che ci sia nulla da gioire delle difficoltร altrui. Germania e Francia restano infatti le due principali economie del Continente; senza contare che Berlino รจ il piรน rilevante partner commerciale della Penisola nellโambito dellโeuro. Pertanto un rallentamento dei consumi di tedeschi e francesi non puรฒ essere positivo per il nostro export e quindi per i ricavi delle imprese del made in Italy.
Quanto accaduto รจ perรฒ unโaltra prova di come il rigore dei falchi e i tassi macigno con cui le Banca centrale europea ha provato a schiacciare lโinflazione siano stati una scelta autolesionista per la competitivitร dellโintero sistema europeo. Tanto che appunto le imprese non pagano piรน le โcambialiโ.
Si tratta inoltre di unโulteriore spia di allarme che si accende sul pannello di controllo del governo semaforo di Olaf Scholz giร alle prese con la crisi di Volkswagen, rimasta fulminata alla colonnina del grande flop dellโauto elettrica, la maxi vendita nella logistica ferroviarie con Schenker. Il tutto mentre Berlino alza il muro contro la scalata di Unicredit alla sua Commerzbank.
leggi anche: La Bce taglia i tassi ma poi รจ nebbia fitta.
Sarebbe il caso che la Bce di Christine Lagarde accelerasse la discesa dei tassi di interesse seguendo lโesempio della Fed di Jerome Powell ma anche che Bruxelles eliminasse qualcuno dei paletti Antitrust che hanno finora ostacolato la nascita di gruppi abbastanza grandi da essere in grado di fronteggiare i big americani e cinesi.
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