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Per molti è confortante credere che, mentre le preferenze politiche degli altri possono essere guidate da pregiudizi, emozioni e ignoranza, le proprie posizioni siano al contrario modellate dalla logica e basate su una attenta considerazione dei fatti. Questo avviene spesso, è vero. Ma quando il “noi” coincide con un elevato livello di istruzione, insomma, quando siamo (o ci percepiamo come) “competenti”, lo spesso si trasforma sovente in sempre.
Lo abbiamo visto durante la pandemia, e l’osserviamo ogni volta che c’è qualche importante evento da discutere, specie se ha una qualche connotazione “scientifica”, o semplicemente quando una elezione è alle porte. Il “lei non sa che cosa so io” è ormai un mantra, specie da quando l’asse sinistra-destra si è polarizzato anche da questo punto di vista, con una grande maggioranza di accademici, esperti e così via tutti e sempre da una certa parte. Ma se può essere emotivamente soddisfacente per i “competenti” denigrare i meno istruiti («che non hanno una laurea, a differenza di noi!») e le loro convinzioni politiche, questa condiscendenza non è affatto meritata.
Le inclinazioni politiche delle persone altamente istruite tendono infatti a non essere più razionali o informate di quelle di chiunque altro. Con il rischio che questa sensazione di superiorità (sovente mal posta) si riveli un boomerang. La letteratura sulle scienze cognitive e comportamentali suggerisce infatti che queste persone tendono ad essere significativamente meno propense rispetto ad altre a rivedere le proprie convinzioni quando si confrontano con prove o argomenti che le contraddicono. Questo perché, in virtù della loro conoscenza più approfondita, e della loro capacità di argomentare, sono più attrezzate per trovare comunque scuse valide, almeno ai loro occhi, per mantenere le proprie posizioni a prescindere. E così fanno. Sono quindi individui che tendono ad avere problemi con la complessità e l’incertezza.
Quando poi discutono di politica, lo fanno di solito meno con fini pragmatici, e più con intenti espressivi, ovvero per convalidare la propria identità di essere i “migliori”. Anche perché hanno anche maggiori probabilità di diventare ossessionati per qualche causa morale, e di sentirsi offesi se qualcuno non condivide. Da qua il loro essere molto più prevenuti della maggior parte dei comuni mortali nei confronti di coloro che sembrano pensarla diversamente da loro. E da qua al disprezzo, il passo si sa è breve. Sono quindi politicamente più partigiane ed ideologicamente rigide della maggior parte dei comuni cittadini. Ma attenzione, sono anche le persone che con maggiore probabilità cambiano le idee tenute da una vita se l’élite del loro partito all’improvviso così suggerisce. Suona forse familiare?
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La legge sul diritto d’autore art. 70 consente l’utilizzazione libera del materiale laddove ricorrano determinate condizioni: la citazione o riproduzione di brani o parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi qualora siano effettuati per uso di critica, discussione, insegnamento o ricerca scientifica entro i limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera citata o riprodotta.
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