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I cassetti di Montecitorio, nel corso dei decenni, e sotto presidenze di diverso segno politico, si sono riempiti di ambiziose riforme del Regolamento. Più ambiziosa era la riforma e più facilmente finiva nel cassetto. E questo era ovviamente da imputarsi alla difficoltà di ragionare costruttivamente su regole interne in una sala al secondo piano di Montecitorio, proprio mentre al primo piano, quello dell’Aula, andavano in scena quotidiani scontri, se non quasi risse, tra maggioranza e opposizione sui vari punti iscritti nei diversi calendari.
Di questi esiti infausti deve aver fatto tesoro il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, che su questo terreno ha deciso di volare basso per avere qualche speranza in più di portare a casa risultati rispetto ai suoi predecessori. In questa legislatura, infatti, dopo un avvio di stagione contrassegnato da una mini-riforma dei numeri assoluti, ereditata dalla XVIII e ritenuta unanimemente necessaria in seguito al rovinoso taglio dei parlamentari, è giunto il momento di portare dalla Giunta all’Assemblea una rivisitazione altrettanto minimale, ma comunque necessaria, e soprattutto condivisa, del testo regolamentare del 1997.
Tra le novità in campo previste dal testo dei relatori, Iezzi e Fornaro, e che in caso di approvazione in Aula dovrebbero entrare in vigore a partire dall’anno prossimo, vanno segnalate certamente: la riduzione dei tempi di intervento in discussione generale da 30 minuti a 20 o a 10 nel caso di più di un intervento per gruppo, il superamento della fase della discussione sul complesso degli emendamenti a ciascun articolo e la tanto auspicata revisione dei termini di esame degli ordini del giorno.
Per questa fase si prevede il superamento dell’illustrazione dei testi da parte dei presentatori, l’impossibilità di porre in votazione gli ordini del giorno su cui il governo abbia espresso parere favorevole e il cambiamento di tetto e divisione dei tempi di intervento in dichiarazione di voto, che passa da 5 minuti divisibili in due interventi da parte dello stesso deputato, a 8 minuti per tre interventi per non più di 3 minuti al massimo.
Il testo, che ha superato con successo la fase degli emendamenti in Giunta per il Regolamento e che è stato votato da tutti i gruppi, con l’unica astensione del M5S, approderà all’attenzione dell’Aula a metà ottobre. A quel punto sarà importante confermare la sostanziale condivisione registrata in Giunta e, dunque, la tenuta dell’accordo politico tra i vari gruppi, visto che i deputati potranno formulare proposte di modifica espresse per principi, che potranno essere sottoposte a voto segreto, e che il testo andrà comunque approvato a maggioranza assoluta dei componenti dell’Assemblea.
Certo, questa riforma non sarà il contingentamento dei tempi dei decreti legge, che a detta di chi scrive resta la strada maestra da seguire, abbinandola ai debiti contrappesi (statuti delle opposizioni o comunque li si voglia chiamare), per poter superare alcune delle principali incrostazioni politiche e procedurali che da troppi anni settimanalmente si ripresentano alla Camera, ma se questa specie di ristrutturazione regolamentare vedrà la luce sarà già un risultato importante per dare all’Assemblea di Montecitorio la consapevolezza di poter essere in qualche modo, almeno sul terreno delle regole che la riguardano, protagonista del proprio destino.
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