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Genova. Oltre a fissare l’interrogatorio per il prossimo 10 ottobre e aver chiesto e ottenuto dal gip Alberto Lippini un incidente probatorio con un nuovo prelievo e una nuova comparazione del Dna, la pm Patrizia Petruzziello ha deciso di ricorrere in Cassazione contro le decisioni dello stesso gip prima e del tribunale del Riesame poi di non arrestare Fortunato Verduci perché dopo 29 anni non ci sarebbero più le esigenze cautelari.
Il carrozziere è altamente indiziato – grazie a due comparazioni del Dna che hanno dato come risultato una ‘totale corrispondenza – di essere l’autore dell’omicidio di Luigia Borrelli, avvenuto 29 anni fa in un basso di vico Indoratori, in centro storico dove la donna di prostituiva.
Il ricordo della pm si fonda sostanzialmente su quanto previsto dall’articolo 275 del codice di procedura penale secondo il quale per reati come l’omicidio deve essere disposta la custodia cautelare in carcere “quando sussistono gravi indizi di colpevolezza” a meno che “siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari o che, in relazione al caso concreto, le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure”.
E questi elementi non solo stati acquisiti ad avviso dell’accusa visto che il cosiddetto “tempo silente”, vale a dire il tempo trascorso tra il reato e la richiesta di custodia cautelare, senza che venga commesso altro reato, non è di per se un elemento sufficiente. Già al Riesame la pm aveva ricordato come anche anche l’arresto di Massimo Bossetti, poi condannato in via definitiva per l’omicidio di Yara Gambirasio, era stato individuato dopo lunghe e complesse indagini e venne arrestato solo 4 anni dopo l’efferato delitto. Anche lui fra l’altro proprio grazie al Dna di un parente. E la Cassazione aveva scritto che “le esigenze cautelari possono essere desunte dalle modalità intrinseche del fatto, anche se non ravvicinato e anche in presenza di incensuratezza, quando vi siano delle modalità di particolare ferocia e crudeltà che siano espressione di una personalità particolare dell’agente”. Caso che secondo l’accusa rispecchia esattamente quello del cosiddetto delitto del trapano.
Ancora la pm ha valorizzato le intercettazioni all’interno della carrozzeria. Conversazioni che secondo i legali di Verduci – anche anche agli occhi del Riesame – appaiono ironiche, visto che Verduci dopo la convocazione della compagna in questura aveva capito di essere indagato. Mentre per la pm sono conversazioni molto rilevanti. Tra le frasi c’è quella in cui uno dei colleghi chiede a Verduci: “Fortunato, io ti devo fare una domanda, ma perché l’hai ammazzata?”. E Verduci “Eh, per passatempo, come un altro”. Poi tra una battuta e l’altra sul come funziona e come si sta in carcere, il carrozziere chiede: “Con due omicidi, cosa fanno?”. L’amico risponde: “Che sia uno o che siano quattro è lo stesso”.
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