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Niente tasse sugli extraprofitti delle aziende. Più facile, per far quadrare le coperture della prossima manovra, un contributo alle casse dello Stato dai settori che hanno registrato più utili grazie a congiunture straordinarie come l’aumento dei tassi d’interesse o i rincari dell’energia. Cioè – per usare le parola pronunciate da Giancarlo Giorgetti dal palco di Pontida – sono attesi e graditi «sacrifici» da parte di «chi li può fare». Qualcosa in più questa direzione, l’ha detta, sempre da Pontida, il vicepremier e leader della Lega, Matteo Salvini: «Se qualcuno deve pagare qualcosa in più, paghino i banchieri e non gli operai». Anche se, suggeriscono fonti di governo, non c’è volontà di aprire conflitti, come dimostrano i tavoli già aperti con Abi e Confindustria.
La manovra
Il cantiere della manovra è costantemente in funzione per trovare almeno 10 o 12 miliardi sui 25 totali per scrivere la prossima legge di bilancio. Pur tenendo conto dei 9 miliardi di extradeficit previsti per il 2025, dopo il via libera di Confindustria si punta recuperare circa 3 miliardi con il taglio alle tax expenditures, agli sconti fiscali, iniziando con il rialzare in maniera contenuta l’accisa sul diesel. Non si esclude un intervento sui tabacchi e giochi, dalla spending review ai ministeri e agli enti locali potrebbe arrivare un altro miliardo, mentre si spera che l’incasso del concordato preventivo alle Partite Iva faccia arrivare almeno due miliardi, necessari per il taglio dell’Irpef anche per i redditi sopra i 50mila euro. Poi c’è il contributo ai settori più anticiclici del Paese.
Questa mattina e domani Giorgetti è atteso a Bruxelles per l’Ecofin. Con i suoi colleghi dei 27 discuterà di competitività del Vecchio Continente, partendo dal rapporto stilato da Mario Draghi, e sul futuro degli asset russi congelati dopo l’avvio del conflitto con l’Ucraina. Ma è facile che il ministro raccolga indicazioni e umori sul Piano strutturale di bilancio italiano, con il quale Roma si impegna a portare il deficit Pil sotto il 3% nel 2026 (al 2,8) e invertire la tendenza del debito dall’anno successivo, necessari per chiudere il programma di bilancio (Dpb) da inviare a Bruxelles entro il 15 ottobre. Sempre domani l’inquilino di via XX settembre sarà alla Camera, alla commissione congiunta Bilancio e Finanze, per un’audizione sul Psb. E questa potrebbe essere l’occasione sia per capire gli impatti della revisione effettuata dall’Istat sul Pil dei primi due semestri del 2024 (da uno 0,6% si è passato a uno 0,4) sia per avere indicazioni sulle misure stesse della manovra per confermare l’obiettivo per il 2025: + 1% di ricchezza in più.
«Non sarà affatto una manovra lacrime e sangue», ha fatto sapere dai microfoni di Radio24, il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani. C’è però da capire in che cosa consisterà la richiesta di «sacrifici a tutti» al centro dell’intervista rilasciata dal ministro a Bloomberg. Da Pontida, però, Giorgetti non ha soltanto ricordato di essersi appellato all’articolo 53 della Costituzione. «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva». Prima ha scandito: «State tranquilli e sereni. Noi siamo dalla parte della gente che lavora, produce e oggi fa sacrifici. Oggi il ministro delle finanze e dell’economia non è un banchiere o professore, ma figlio di pescatore e un’operaia tessile. So distinguere chi fa sacrifici e chi li può fare».
La sentenza
Quindi ha citato la sentenza n. 111 della 2024 della Corte Costituzionale, che ha avallato il contributo straordinario alle imprese energetiche nel 2022 per finanziare un calmiere sulle bollette. In quel verdetto i giudici certificano che i contributi straordinari di solidarietà sono legittimi, anche quando colpiscono singoli settori, come quella degli energetici legata all’aumento delle materie prime. Lo stesso schema potrebbe essere seguito anche nella manovra con una nuova addizionale all’imposta sui redditi delle società, con un’aliquota ulteriore tra lo 0,5 e l’1%. Soprattutto la sentenza potrebbe garantire al governo la possibilità di chiamare in causa le banche, che si sono avvantaggiate dei tassi d’interesse fino al giugno scorso tra il 4,5 e il 5%, remunerando la raccolta allo 0,2%. Ma lo stesso ragionamento potrebbe valere per gli assicurativi e il settore energetico.
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