NARDO’ – Si è chiuso nelle scorse ore il processo d’appello a carico degli 11 imputati coinvolti nell’inchiesta su un’associazione impegnata a gestire il mercato della droga a Nardò, tra il 2019 e il 2020, che un anno fa erano stati giudicati con il rito abbreviato dal giudice Angelo Zizzari (qui, la notizia).
La sentenza è stata emessa dalla Corte, composta dal presidente Francesco Ottaviano e dai giudici Luca Colitta e Giuseppe Biondi, che ha ridotto (in ragione del riconoscimento delle attenuanti generiche) la condanna per Roberto Longo, 57enne neretino, ben noto per i suoi trascorsi nello storico sodalizio mafioso di Pippi Durante e Marcello Dell’Anna e considerato dagli inquirenti a capo del gruppo: da 14 anni di reclusione a 9 anni e 4 mesi.
Quanto agli altri dieci imputati, suoi concittadini, in 7 sono riusciti a concordare una pena inferiore a quella originaria: 11 anni, un mese e 10 giorni di reclusione per Roberto, detto “Robertino”, Giammarruto, di 33 anni, ritenuto il braccio destro del primo, e 4 anni, 9 mesi e 10 giorni per la moglie, Chiara Marzano, di 30; 6 anni, 5 mesi e 10 giorni per Fernando De Mitri, di 38; 5 anni, un mese e 10 giorni per Alessio Fahrat, di 30; 5 anni, 9 mesi e 10 giorni per Antony Fracella, di 33; 7 anni di reclusione per Lorenzo Grillo, di 44; un anno e 4 mesi, più 5mila e 400 euro di multa, per Sergio Spenga, di 41 anni.
Confermate invece le condanne nei riguardi di Giulio Falconieri, detto “Antaro”, 35enne, a 8 anni, e di Alex Mazzarella, 39enne, a un anno e otto mesi, col beneficio della pena sospesa, più 6mila euro di multa. Il verdetto è stato invece di assoluzione “per non aver commesso il fatto” per Gianluca Sanasi, di 37 anni, che in primo grado aveva rimediato 2 anni e 4 mesi, più 10mila euro di multa.
Stando alle carte dell’inchiesta, inoltre, l’organizzazione sarebbe stata ben strutturata e si sarebbe avvalsa non solo di metodi violenti e minacciosi per rivendicare la propria esistenza negli ambienti criminali, ma anche di strategie per eludere le investigazioni (qui, tutti i dettagli).
In nove furono destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare eseguita il 13 aprile del 2022 dagli agenti della squadra mobile, del commissariato locale e del Reparto prevenzione crimine di Lecce e Siderno, e a seguire del decreto di giudizio immediato, con il quale la gip Giulia Proto fissò l’inizio del processo in ordinario. Proprio a seguito della notifica del provvedimento, gli stessi avevano chiesto e ottenuto il giudizio abbreviato, ottenendo così lo “sconto” di un terzo della pena.
Tra le altre accuse, c’erano anche quelle di usura, estorsione, e violazione della legge in materia di armi. La prima era rivolta sia a Giammaruto che a De Mitri, perché stando a quanto emerso dalle indagini, il 9 agosto del 2020, a Martina Franca, avrebbero minacciato un cliente per costringerlo a consegnare la sua autovettura, una Mercedes-Benz, come pagamento dei debiti per pregresse forniture di cocaina. Di usura, invece, rispondeva solo Giammaruto, ai danni di un imprenditore al quale avrebbe prestato somme di denaro.
A difendere gli imputati ci hanno pensato gli avvocati: Stefano Pati, Stefano Prontera, Tommaso Valente, Giuseppe Bonsegna, Ladislao Massari, Andrea Frassanito, Antonio Palumbo, Simone Viva, Mario Coppola e Giampiero Geusa.
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