L’appello di Giovanni Molari, rettore dell’Alma Mater, in vista delle Regionali. E sul caro alloggi dice: «Qualche studente non si iscriverà perché non trova casa. Ma anche chi è di Bologna andrà meno fuori a studiare»
Sono iniziate le lezioni del nuovo anno accademico dell’Alma Mater, il 937esimo dalla sua fondazione, per circa 97 mila studenti, molti dei quali ancora alle prese con la ricerca di un posto letto, soprattutto nella città di Bologna. Uno dei problemi ben noti anche ai vertici dell’Ateneo.
Rettore Giovanni Molari, come si annuncia il nuovo anno?
«Per il momento è tutto tranquillo. Il numero degli studenti è più o meno in linea con quello degli ultimi 2-3 anni. Abbiamo fatto la scelta politica, dove ci sono i corsi a numero chiuso, di fare i Tolc (le prove di ammissione, ndr) solo in presenza per una selezione corretta e di garanzia per tutti. Contando questi corsi e quelli senza numero programmato abbiamo circa 85 mila domande per 26 mila posti, numeri con variazioni abbastanza contenute».
Problemi con il sovraffollamenti delle aule?
«Abbiamo un nuovo sistema di organizzazione delle aule più grandi in base ai corsi più numerosi, cioè frequentati dai numeri più alti di studenti. È una cabina di regia, gestita in collaborazione con gli studenti stessi, che ha centralizzato l’organizzazione delle aule più capienti così da modificare il luogo delle lezioni in base alla presenza degli studenti. Credo che sia un passo in avanti importante rispetto ai disagi che sono stati lamentati negli ultimi anni. È, tra l’altro, un sistema in grado di reagire tempestivamente all’insorgere di un problema. Per ora non ci sono state segnalate delle criticità».
Il problema numero uno per tanti studenti che vengono a studiare a Bologna è quello dell’alloggio. Com’è la situazione dal suo punto di vista?
«Cerchiamo davvero di fare ogni sforzo possibile per aumentare i posti letto. Entro un mese, un mese e mezzo, apre il nuovo studentato Baricentro in via San Giacomo, a Bologna, con 40 posti; a Forlì entro l’anno inaugurerà una struttura da 64 posti letto; a Ravenna, grazie a Ergo, l’azienda regionale per il diritto allo studio, una da 30; a Ozzano un altro piccolo studentato da 4 posti, a Cesena, ancora grazie a Ergo, uno da 12 posti. Poi sono in programmazione, e a breve partiranno i lavori, per 45 posti all’Osservanza di Imola, 400 al Lazzaretto e 90 al convento di San Giuseppe Sposo. Questo è ciò che fa l’Alma Mater che, ricordo, non ha tra gli obiettivi quello di costruire studentati. Poi è in corso il bando per 600 aiuti all’affitto da 1.000 euro l’uno. È ancora aperto il bando del ministero con fondi Pnrr per la gestione di studentati: è un bando poco appetibile ma probabilmente avremo qualcosa anche noi da poter candidare».
Finora abbiamo parlato di posti in residenze per studenti, quelli che hanno determinati requisiti di reddito e di merito. Per tutti gli altri c’è il mercato libero, e soprattutto a Bologna prezzi alle stelle. Non temete la fuga degli studenti che non trovano dove dormire?
«Qualcuno non si iscriverà, ma abbiamo sempre 85 mila domande. Si riduce semmai l’eterogeneità di chi si iscrive: calano i fuori regione ma aumentano quelli residenti in regione, visto che il problema dei prezzi alti degli affitti non è solo di Bologna. Credo che anche i bolognesi andranno meno fuori».
Il Fondo di finanziamento ordinario, cioè il contributo dello Stato alle università, è in calo. È un problema per Unibo?
«Quest’anno avremo 25 milioni in meno rispetto all’anno scorso. Il bilancio dell’Ateneo dal 2021, quando sono diventato rettore, è cresciuto del 30%: allora era di 650 milioni, adesso è di quasi 1 miliardo. Questo aumento in parte è stato causato dall’aumento dei progetti e dei contratti con le aziende, ma in gran parte è stato originato dai piani straordinari che hanno incrementato i trasferimenti dallo Stato alle università. Dopo questo aumento è necessario stabilizzare quello che è stato fatto in questi anni. Una stabilizzazione dei trasferimenti, quindi, ci sta. Il problema è che alla stabilizzazione si è aggiunto un taglio del 30% del Ffo e l’incremento Istat, ad esempio per pagare gli stipendi dei docenti è del 4,8%, che ha portato a una crescita della spesa. Per questo riceviamo 25 milioni in meno. Per un anno il taglio è gestibile. Non blocchiamo nulla, ridurremo un po’ la spesa».
Variazioni per le tasse degli studenti?
«No. Sono già fissate al loro tetto massimo».
A breve l’Emilia-Romagna andrà al voto. Che cosa chiedete come Ateneo?
«Un’attenzione importante ai temi della sanità. Sono tre anni che sollecito un lavoro di attenta riorganizzazione degli assetti per la crescita della sanità regionale e mi auguro che con la nuova amministrazione si possa riaprire questo discorso. È uno dei temi che interessa di più l’Università in ambito regionale».
L’Alma Mater ha messo a disposizione le sue competenze per il restauro della Garisenda grazie a un accordo con il Comune. Farete un’analoga operazione per i problemi legati all’alluvione in Romagna?
«Le nostre competenze sono già state messe a disposizione del commissario straordinario, fin dai momenti successivi all’alluvione del 2023. Stiamo lavorando inoltre con la Fondazione Cassa di Risparmio di Forlì per un accordo ad hoc e con gli enti del territorio per progetti di medio-lungo periodo».
L’anno scorso ci sono state numerose contestazioni da parte del movimento pro-Palestina per rapporti di Unibo con imprese legate a Israele o agli armamenti. Cos’è cambiato?
«In Senato è stata approvata la clausola contro il dual-use negli accordi con le imprese così che conoscenze e competenze relative a prodotti sensibili sviluppati nell’ambito di questi accordi non siano utilizzati in programmi con implicazioni militari. È un impegno che ci eravamo presi e l’abbiamo mantenuto».
Avete in programma fund raising per il vostro patrimonio culturale come fanno altri atenei europei?
«Stiamo cercando di rilanciarlo sul nostro territorio. A breve lanceremo un’operazione, connessa all’Art Bonus, legata al museo della Specola».
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