Con l’entrata in vigore del D.Lgs. 6.06.2024 n. 125, che recepisce la direttiva UE 2022/2464 sulla Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), migliaia di imprese italiane si troveranno a dover integrare nei loro bilanci dettagliate informazioni sulle proprie performance di sostenibilità.
Questa nuova normativa segna un punto di svolta fondamentale, ampliando notevolmente la platea di aziende tenute a rendicontare il proprio impatto in termini ambientali, sociali e di governance (ESG). Non si tratta più di un esercizio volontario o limitato a poche grandi società quotate, ma di un obbligo che coinvolgerà progressivamente un vasto numero di imprese, dalle grandi realtà industriali alle PMI quotate.
La CSRD introducel’obbligo di rendicontazione per due principali categorie di imprese. La prima comprende le grandi imprese e i gruppi che, per due esercizi consecutivi, superano almeno due dei seguenti parametri: totale dello stato patrimoniale di 25 milioni di euro, ricavi netti di 50 milioni di euro, o numero medio di 250 dipendenti. La seconda categoria include le piccole e medie imprese quotate, con valori mobiliari negoziati su mercati regolamentati italiani o UE, che si collocano in almeno due dei seguenti intervalli: stato patrimoniale tra 450.000 e 25 milioni di euro, ricavi tra 900.000 e 50 milioni di euro, o numero medio di dipendenti tra 11 e 250.
L’applicazione della normativa seguirà un approccio graduale. Dal 1.01.2024, saranno coinvolte le grandi imprese che sono enti di interesse pubblico e superano i 500 dipendenti. Dal 1.01.2025, l’obbligo si estenderà alle altre grandi imprese. Le piccole e medie imprese quotate, gli enti piccoli e non complessi, e le imprese di assicurazione captive dovranno adeguarsi dal 1.01.2026. Infine, dal 1.01.2028, la normativa si applicherà anche alle imprese di Paesi terzi.
Il contenuto della rendicontazione di sostenibilità, da includere in un’apposita sezione della relazione sulla gestione, dovrà essere ampio e dettagliato e basato su una struttura rigida prevista dal decreto. Le imprese dovranno descrivere il proprio modello e strategia aziendale in relazione alla sostenibilità, includendo informazioni sulla resilienza ai rischi ESG e sulle opportunità legate a questi temi.
Per garantire la comparabilità e l’affidabilità delle informazioni fornite, le imprese dovranno utilizzare indicatori di performance pertinenti e conformi agli European Sustainability Reporting Standards (ESRS) adottati dalla Commissione europea. Questi standard rappresentano un elemento chiave della CSRD, fornendo un quadro comune per la rendicontazione di sostenibilità a livello europeo.
Un aspetto innovativo della normativa è l’introduzione dell’obbligo di attestazione da parte di un “revisore della sostenibilità”. Questa figura professionale, abilitata ai sensi del D.Lgs. 39/2010, sarà incaricata di verificare la conformità della rendicontazione alle norme del Decreto e agli standard ESRS.
Per le piccole e medie imprese quotate, il Decreto prevede un regime semplificato. Queste aziende potranno limitare la propria rendicontazione agli elementi essenziali, fornendo una descrizione sintetica del modello di business, delle politiche di sostenibilità, dei principali impatti e rischi, e degli indicatori fondamentali. Inoltre, fino al 1.01.2028, le PMI quotate potranno scegliere di omettere completamente le informazioni di sostenibilità, indicando brevemente le motivazioni di tale scelta.
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