Per consentire a un figlio di studiare in una università del Centro-Nord i pugliesi sono costretti sempre più spesso a rinunciare a uscite e cene fuori o ad accendere un finanziamento. Anche perché i pugliesi sono quelli che più spesso, rispetto agli abitanti di altre regioni, vanno a studiare in una regione diversa dalle propria.
Sono i pugliesi gli universitari che vanno di più a studiare fuori regione. Secondo la mappa dei “flussi migratori” di Skuola.net è la Puglia la regione che fornisce più fuori sede, dal punto di vista dei numeri assoluti. Nel 2022/23 è stata la regione che ha salutato più studenti: oltre 41mila partenze, il 35% dei quasi 118 mila pugliesi che risultavano immatricolati secondo gli open data del Ministero dell’Università e della Ricerca.
Le spese
La spesa per uno studente fuori sede può arrivare fino a 19mila euro al mese. E se non si è tra i fortunati titolari di una borsa di studio, l’unico modo per mantenersi è ricorrere a prestiti da genitori, parenti o istituti di credito. Il dato lancia un approfondimento di Kuk Italia, che da anni si occupa di tutta la filiera del credito, e che ha voluto indagare quanto le famiglie percepiscono lo studiare in un’università importante fuori sede come un’opportunità, come quantificano questa spesa e quanto prevedono di risparmiare. «Abbiamo voluto condurre questa indagine sul tema degli studenti fuori sede perché operando su diversi mercati ci siamo accorti che in Italia la cultura del ‘risparmiare per il college dei figli’, è una pratica non così comune come in altri paesi», spiega Giusy Minutoli, Regional Manager di Kruk. Infatti, se in paesi come gli Stati Uniti, le famiglie sono disposte a pagare anche 200mila dollari per mantenere i propri figli al college e una famiglia su tre intende coprire tutte le spese senza far partecipare i figli , questa ‘cultura’ di risparmiare per gli studi universitari, soprattutto fuori sede, non sembra essere ancora aver attecchito in Italia. Almeno stando ai dati emersi dall’indagine: se il 95% del campione è consapevole dell’opportunità di studiare in un’altra città per i figli solo l’11% ha cominciato a risparmiare per questo investimento di cui l’8% ha iniziato sin dalla prima infanzia e il 3% sin dall’adolescenza. Eppure la voglia di risparmiare per questa opportunità c’è – il 60% del campione farebbe delle rinunce per permettere al figlio di studiare fuori sede perché lo ritiene un investimento necessario per assicurargli un buon futuro.
In media (spese universitarie escluse) il campione pensa di spendere al mese tra i 700 e i 1000€ (42%), tra i 1000-1.500€ (34%) e oltre ai 1.500€ (24%). La top 3 delle spese sono l’affitto di un alloggio, la retta universitaria e la spesa e i pasti.
La Puglia – continua l’analisi di Kruk – è la prima regione per studenti fuorisede ed è al quinto posto per debiti gestiti dalla stessa azienda, preceduta soltanto da Campania (11%), Sicilia (10,59%), Lazio (8,49%) e Lombardia (8%).
«Questi dati”, prosegue Minutoli –“ci mostrano che il campione si rende conto dell’opportunità di far studiare i figli fuori sede come investimento per il loro futuro e la consapevolezza dei costi e della necessità di risparmiare, ma ancora questa pratica non corrisponde poi ai fatti». Infatti – spiega la società le famiglie hanno risposto che, per risparmiare e far studiare i figli in una città che non sia la loro, sono disposte a spese che in realtà incidono poco nei risparmi, come cene ed eventi mondani (63%) o allo shopping in generale (55%), mentre rinunce a spese più significative come l’acquisto di una seconda casa o la ristrutturazione dell’abitazione sono scelte rispettivamente dal 50% e solo l’11% del campione. È il costo dell’emigrazione degli studenti, qui visto da un punto di vista puramente economico. Ma anche quello sociale, soprattutto per chi poi non torna indietro, rappresenta un’emergenza.
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