C’è solo una targa nella calle dove è nato. La provocazione dei venetisti: «La statua del re non esprime niente di veneziano»
Rappresenta di più Venezia Vittorio Emanuele II o Giacomo Casanova? A partire da questa provocazione il Serenissimo Albert Gardin, sostenitore della continuità della Repubblica Veneta tanto da firmarsi 121esimo Doge, propone di sostituire la statua del primo re del Regno d’Italia, posizionata in riva degli Schiavoni nel 1887, con una del «filosofo e ambasciatore della cultura veneziana» Giacomo Casanova.
La proposta di Gardin solleva una questione reale e arriva proprio a ridosso dei trecento anni dalla nascita del veneziano, avvenuta il 2 aprile 1725. A oggi non esistono infatti statue in città che celebrino l’ecclettica figura che si raccontò nell’autobiografia Storia della mia vita e che tradusse in veneziano l’Iliade di Omero.
«È vero, non ci sono statue dedicate a Casanova e l’unica targa che c’è in città è stata messa negli anni Settanta nel posto sbagliato — conferma lo scrittore Alessandro Marzo Magno, autore del recente libro Casanova, edito da Laterza —. Credo che, più che una statua, come è stata chiesta quest’anno anche per Marco Polo, sarebbe interessante cogliere l’occasione di questo anniversario per diffondere le opere di Casanova e magari applicare delle targhe nei luoghi dove ha vissuto, da Palazzo Zaguri a Palazzo Bragadin».
La targa nella zona in cui nacque Casanova
Attualmente, a Venezia, c’è solo una piccola lapide in calle Malipiero che ricorda che in quella zona nacque Casanova, ma in realtà lui trascorse la sua infanzia dalla nonna in una casa in calle dei Orbi dove però non c’è nessuna targa. L’idea di una statua o di contribuire a valorizzare la sua figura appassiona anche Mauro Rigoni, proprietario di Palazzo Zaguri che diventerà presto un museo dedicato alla vita di Casanova.
Intanto qui ha sede l’omonima Fondazione, rimasta orfana del direttore Luigi Pistore, il direttore d’orchestra morto qualche mese fa che ne era a capo. «Sto portando avanti il suo sogno, ma la sua scomparsa prematura ci ha lasciati di sasso», racconta Rigoni che ha preso le redini dell’ente che ha nel comitato d’onore personalità come Enrico Vanzina, Michele Placido e Albano Carrisi, coinvolti all’epoca da Pistore. «In questo Palazzo — continua — Casanova era di casa perché Pietro Zaguri era suo mecenate. Non c’è luogo migliore per ricordarlo».
«Vittorio Emanuele non esprime niente di Veneziano»
Per Gardin «e altri patrioti» è un vero veneziano che merita una statua, come è stato chiesto formalmente in una lettera al sindaco Luigi Brugnaro. «Molti visitatori vengono a Venezia alla ricerca della storia di Casanova e non trovano nulla — spiega Gardin —. Vittorio Emanuele non esprime niente di veneziano, è solo un segno di falsificazione politica e storica. Come auspicato più volte, la Repubblica Veneta desidera che il Comune di Venezia la rimuova al più presto».
Un precedente in realtà già ci sarebbe. Si tratta di una statua realizzata dall’artista americano, nato e cresciuto in Russia, Mihail Chemiakin, posizionata sul ponte della Paglia nel 1998, in occasione del bicentenario della morte di Casanova. Durò poco perché poi venne rimossa.
Il 19 ottobre, alle 11.30, Gardin ai piedi della statua di Vittorio Emanuele II, illustrerà il bando per inviare il progetto. È stato scelto il 19 ottobre perché è il giorno in cui ufficialmente viene ceduto il Veneto dall’Austria al Regno d’Italia e perché sta a cavallo tra il Trattato di Campoformio (18 ottobre) e il 21 ottobre (giorno del plebiscito di 158 anni fa).
L’etichetta di libertino
Famoso per la fuga dai Piombi (le carceri della Serenissima a Palazzo Ducale), avvenuta nella notte del 31 ottobre 1756, a 31 anni, Casanova è stato poeta, viaggiatore e letterato prima di essere ridotto a solo seduttore. Esiliato per diciotto anni dalla sua città natale, riuscì a tornarvi per esserne, di nuovo, allontanato e morire nella Repubblica Ceca.
«L’etichetta di libertino gli è stata appiccicata nell’Ottocento, secolo bacchettone, ma nel Settecento, secolo di Casanova, non era strano essere un libertino — conclude Marzo Magno —. Casanova era indubbiamente altro. Era un uomo di cultura». Basta per un monumento?
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