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G7 Difesa a Napoli, saranno impiegati 3000 uomini delle forze dell’ordine per la vigilanza – #finsubito prestito personale immediato – Richiedi informazioni


Una bufera si è abbattuta nella giornata di ieri nella Curia di Napoli. C’è chi invia lettere di proteste e dossier al Vaticano sulla gestione dell’arcivescovo Domenico Battaglia, e tutti sono a caccia del “sovvertitore”.
Con una lettera del 5 ottobre al Consiglio presbiteriale, ai delegati arcivescovili, ai direttori degli uffici Diocesani, e ai dipendenti e collaboratori della Curia, l’arcivescovo di Napoli ha disposto la chiusura degli uffici per due ore, dalle 10 alle 12, e ha convocato tutti nel salone di Largo Donnaregina, per confrontarsi su “questioni urgenti e importanti riguardanti la vita della Chiesa diocesana” e chiede la presenza di tutti “data l’importanza del momento”.

L’aumento delle proteste e lettere anonime rivolte ai Dicasteri romani infastidiscono – e non poco – l’arcivescovo di Napoli. Il tutto ha origine dalla misura cautelare restrittiva imposta a fine giugno al responsabile per le Risorse umane e il crowdfunding della Facoltà Teologica dell’Italia meridionale, Daniel Barillà, adesso sottoposto ad obbligo di firma. Barillà è genero del presunto boss della ‘ndrangheta Domenico Araniti, ed è stato per questo coinvolto nell’inchiesta Ducale della Dda di Reggio Calabria. Inchiesta in cui è indagato per presunto voto di scambio politico-mafioso monsignor Antonio Foderaro, nominato da Battaglia decano della Facoltà, ora autosospeso dall’incarico.

Il malcontento della Curia nascerebbe dalla quasi impossibilità di contattare monsignor Battaglia perché spesso in Calabria. Lo scandalo della Facoltà teologica, però, ha fatto cambiare abitudini all’arcivescovo che ha incominciato ad incontrare i parroci ma “è tardi ed il rapporto è incrinato”, come spiega un vegliardo sacerdote.

Il 23 settembre, inoltre, un folto gruppo di fedeli della Messa in latino della Diocesi di Napoli ha consegnato in Curia una petizione con 250 firme per protestare contro l’improvvisa soppressione, con un Decreto del 10 maggio, delle Messe in rito tridentino. I cattolici tradizionalisti hanno chiamato in causa il presidente della Cei, cardinale Matteo Zuppi a cui hanno indirizzato un dossier.
Si sono vietate da un giorno all’ altro Messe che venivano celebrate anche da 20 anni a Napoli, si impedisce a sacerdoti che l’Arcivescovo aveva autorizzato per iscritto di celebrare il rito antico, si attribuisce un assurdo monopolio. Altro che Chiesa inclusiva!”, ha spiegato uno degli animatori delle celebrazioni in latino.



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