Anche tra le 52 promesse che sono “In corso” di attuazione ci sono alcuni dei provvedimenti principali promossi dal governo. Qui, per esempio, rientrano la riforma della giustizia, con le varie riforme del processo e del diritto penale, e del processo civile, per cui il governo e il Parlamento hanno già fatto passi in avanti; la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina, per cui è stato riavviato l’iter di costruzione; il sostegno all’Ucraina, a cui il governo ha inviato quattro pacchetti di armi, impedendone però l’uso per colpire obiettivi in territorio russo, a differenza di quanto fatto da altri Paesi della Nato e da quanto richiesto dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky; la tutela degli interessi dell’Italia nella discussione sui dossier legislativi europei, con riferimento particolare a quelli legati alla transizione ecologica; e la gestione dell’immigrazione, con la creazione di hotspot in territori extraeuropei. A ottobre sono stati aperti i due centri per migranti costruiti dall’Italia in Albania, ma il Tribunale di Roma ha subito deciso di non convalidare il trattenimento dei primi migranti salvati dalle autorità italiane e portati nei centri, perché ha considerato il trattenimento contrario alle norme europee. Il governo italiano ha annunciato ricorso e il 21 ottobre ha presentato un nuovo decreto-legge per permettere ai centri in Albania di rimanere operativi.
Tra le 20 promesse che il governo non è ancora riuscito a mantenere, perché ha fatto finora poco o nulla, spiccano: il «pieno utilizzo delle risorse del Pnrr», dato che la spesa del piano continua a essere in ritardo; l’estensione del regime forfettario al 15 per cento (impropriamente chiamato flat tax) per le partite IVA con un fatturato fino a 100 mila euro; la ridefinizione del sistema degli ammortizzatori sociali; la «salvaguardia della biodiversità, anche attraverso l’istituzione di nuove riserve naturali»; l’«allineamento ai parametri europei degli investimenti nella ricerca».
Infine, come detto, in due anni il governo ha compromesso l’attuazione di sette promesse fatte agli elettori. Per esempio, nel suo programma elettorale i partiti che sostengono il governo Meloni si erano impegnati per introdurre in Costituzione l’elezione diretta del presidente della Repubblica. Alla fine il governo ha presentato in Parlamento la riforma del “premierato”, ora all’esame della Camera, che propone invece l’elezione diretta del presidente del Consiglio. Il governo aveva promesso di ridurre l’IVA sui prodotti per la prima infanzia: questo impegno è stato inizialmente rispettato con la legge di Bilancio per il 2023, ma successivamente il governo ha fatto marcia indietro dicendo che il taglio non aveva generato per le famiglie i risparmi sperati. Un’altra promessa compromessa è quella per il «rimboschimento e piantumazione di alberi sull’intero territorio nazionale»: con la revisione del Pnrr, approvata alla fine del 2023, il governo ha ridimensionato infatti l’obiettivo di piantare 6,6 milioni di nuovi alberi entro il 2024. Compromessi sono finora altri due impegni: «favorire il rientro degli italiani altamente specializzati attualmente all’estero» e la «tutela della nautica e delle imprese balneari». Nel primo caso il governo ha rivisto le agevolazioni fiscali per il cosiddetto “rientro dei cervelli”, ossia i lavoratori laureati, i docenti e i ricercatori italiani residenti all’estero, rendendole meno favorevoli rispetto al passato. Nel secondo caso, con il decreto “Infrazioni” ora all’esame del Parlamento, ha disposto che le concessioni balneari siano prorogate fino al 2027, per poi essere messe a gara. Questo decreto, le cui misure dovranno passare il vaglio dell’Ue, ha scontentato le associazioni di categoria degli imprenditori balneari.
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