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Virginia e gli altri autistici «Un esercito di invisibili»  – Pescara #finsubito prestito immediato


PESCARA. Virginia e gli altri. Bambini, adolescenti, adulti. Perché la vita non sempre la vivi, a volte la subisci. Non è colpa di nessuno. Accade. E allora per ricordarci quello che ci succede intorno abbiamo bisogno più facce che di numeri senza nomi perché in un mondo che tutto centrifuga e troppo anestetizza la costruzione dei diritti non è mai facile. Lo sa bene Dario Verzulli, presidente e fondatore dell’associazione Autismo Abruzzo che oggi riunisce oltre 450 famiglie. Da trent’anni in prima linea per chiedere senza piagnistei, senza invettive, con il rumore delle parole a reclamare la dignità di terapie, assistenza, inclusione scolastica. Trent’anni, quasi come quelli di sua figlia Virginia che ne ha 29.
Come vede il futuro di Virginia?
«Per mia figlia sogno un dopo di noi in una casa con coetanei, in grado di vivere la sua condizione in autonomia con persone che sapranno come prendersi cura di lei quando noi non ci saremo più. Per chi ha un figlio disabile il pensiero del dopo di noi è un dramma esistenziale che si vive giorno dopo giorno mentre si deve affrontare anche il durante noi. Che non è facile nonostante leggi, una sensibilità sicuramente cresciuta negli anni e una battaglia continua contro quella che io da tempo definisco burofollia. Spesso è come se per le istituzioni gli autistici fossero invisibili. I genitori quando scoprono di avere un figlio autistico vengono travolti da uno tsunami. È una condizione che io e mia moglie abbiamo conosciuto. Non ci siamo mai arresi e abbiamo condiviso. Ci siamo resi conti che dovevamo essere in tanti per aiutarci. Lo spettro autistico ha molte sfaccettature e per questo servono percorsi diversi e individuali che possano far pensare a una vita il più possibile autonoma per chi può farcela, una rete socio sanitaria e strutture adeguate per chi ha bisogno di assistenza costante».
Come è cambiata negli ultimi anni in Abruzzo l’assistenza agli autistici?
«In premessa va detto che ancora oggi non riusciamo a sapere quanti siano in Abruzzo. Dal 2019 esiste la delibera regionale 360 che a livello nazionale pone l’Abruzzo all’avanguardia visto che nessun’ altra regione ha uno strumento di questo genere. È una delibera che definisce gli asset assistenziali per le persone con autismo, dà alle famiglie uno strumento per capire quello che spetta ai propri figli in termini di terapie, ambulatori dedicati, centri diurni, attività fuori casa, assistenza domiciliare, disponibilità di strutture residenziali. All’atto pratico poi, però, il ben fatto di quella delibera si perde e si scontra con quella che è la disponibilità dei fondi. Di recente proprio nel corso di una riunione della commissione regionale sanità abbiamo segnalato alla Regione l’assoluta urgenza di una revisione della delibera 360 già oggetto di integrazione nel 2023 e quest’anno. Chiediamo una predisposizione del budget per l’autismo per il prossimo triennio con un’attenzione particolare all’ormai improcrastinabile integrazione socio-sanitaria per dare l’avvio ai servizi per l’autismo adulto, per il durante e il dopo noi».
La garanzia di poter avere le ore di assistenza e terapia previste dalle normative spesso, in Abruzzo, è stata assicurata da ordinanze di giudici. Resta una strada obbligata?
«Spesso è così. L’ultimo caso arriva da una sentenza del tribunale di Chieti che ha riconosciuto le ore di assistenza previste dalla legge. Recentemente abbiamo segnalato all’assessorato regionale alla sanità il caso di un bambino che ottenuta l’attivazione del servizio Ada per effetto dell’ordinanza di un giudice del tribunale di Pescara ha ricevuto la comunicazione dell’Asl di Pescara di recarsi altrove per le terapie cambiando operatore e città. Significa interrompere un percorso già avviato con un operatore e ricominciarne un altro, significa disagi per i genitori. Accade spesso che il budget assegnato a una struttura accreditata sia saturo con il risultato della collocazione dell’utente in un’altra struttura che ha la disponibilità di budget ma questo obbliga l’utente a cambiare operatore, località. Sarebbe opportuno che in presenza di disponibilità di budget si faccia una compensazione tra strutture e Asl invece di cambiare operatore e città».
In Abruzzo si può parlare di riuscita inclusione scolastica?
«Anche in questo caso la normativa è chiara perché le leggi ci sono ma applicarle non è mai facile. L’applicazione è a macchia di leopardo con i genitori sempre in prima linea per la conquista di un assistente e di un insegnante di sostegno che siano il più adeguati possibili. C’è ancora tanto da fare. Da anni come associazione abbiamo avviato un percorso di formazione che, va sottolineato, raccoglie sempre una grande adesione da parte dei docenti e del mondo scolastico. Il problema, è la burofollia che frena, complica, con i budget a fare sempre da padrone».
In Abruzzo ci sono strutture residenziali per chi vive la condizione dell’autismo?
«Non ci sono strutture residenziali e se le famiglie non riescono a seguire i loro congiunti ormai grandi e con particolari problematiche, la scelta obbligata è trasferirli lontano da casa, alimentando così la mobilità passiva che esporta risorse e persone fuori regione.
Non credo sia accettabile vedere un figlio spostato, quasi fosse un pacco postale, da un luogo all’altro. Questo è un sistema che di umano offre veramente poco. Siamo a conoscenza di molte esperienze positive nel nostro Paese e crediamo che quello che già funziona in un territorio può e deve essere rapidamente messo a sistema e replicato anche in altri luoghi come in Abruzzo affinché nessun genitore debba essere costretto a farsi chilometri per andare a trovare il figlio».
Un bambino autistico diventa un adulto autistico. In quali condizioni?
«Solo un concreto percorso di avvio al lavoro per ragazzi e adulti con autismo potrà semplificare l’accesso alla vita autonoma, anche con il supporto di strutture residenziali distribuite sul territorio regionale. In Abruzzo negli ultimi tempi si è parlato tanto del caso dell’orsa Amarena e della caccia ai cervi. Se si parlasse di più anche di chi vive la condizione dell’essere autistico forse tutti noi ci sentiremmo meno soli».
©RIPRODUZIONE RISERVATA





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