Alla fine la procura di Philadelphia ha aperto un fascicolo su Elon Musk per la lotteria personale da un milione di dollari al giorno, organizzata per incentivare i voti per Trump. In un paese dove i gelatai Ben & Jerry sono stati diffidati dal regalare una coppa omaggio a chi ha votato (2008) e (in Georgia, dal 2022) è vietato offrire bottigliette di acqua a chi fa la fila ai seggi, Musk ha pagato $100 ogni firma su una petizione a favore di “libera espressione e porto d’armi.” Ogni firmatario è automaticamente qualificato per il big prize quotidiano.
DALL’ECCESSO di zelo legalista al grottesco montepremi di Musk si è arrivati in meno di due anni, l’effetto ariete di Donald Trump sulla legalità e sulle norme istituzionali. La denuncia della procura potrebbe risultare in una sanzione (tecnicamente un’ammenda di $10.000 o fino a 5 anni di reclusione) per Musk, ma sarebbe comunque ampiamente dopo le elezioni e una bazzecola facilmente neutralizzabile con un assegno o ricorsi legali da parte dell’uomo più ricco del mondo (il primo l’ha già deviata verso un tribunale federale.)
Elon Musk ha reso visibile ed “ufficiale” il suo sostegno a Donald Trump dopo l’attentato in Pennsylvania, lo scorso luglio, ma in realtà, altri nel settore tech hanno lavorato da ben prima per sostenere la sua campagna attraverso laute donazioni. L’ accelerazione dell’investimento del settore nella politica è stata vertiginosa. Nell’attuale campagna, i 500 maggiori sostenitori hanno contribuito un totale di 2,5 miliardi di dollari, di questi la metà sono provenuti da lobby legate alle criptovalute. Le valute virtuali incarnano certo la fusione fra finanza e tecnologia, ma il fenomeno assai più ampio.
ANCHE KAMALA Harris ha i suoi benefattori new economy, gli amministratori di Netflix e di LinekdIn, per citarne alcuni oltre a Bill Gates, che ha personalmente contribuito 50 milioni alla sua campagna. Ma in generale non c’è partita. Solo Musk, ad esempio, ha annunciato contributi a Trump per 100 milioni di dollari, altri 100 milioni vale verosimilmente la propaganda che diffonde su X, senza contare le operazioni porta a porta nelle ultime settimane negli stati in bilico (e, ovviamente, il montepremi della lotteria).
Gli exploit di Musk sono solo il culmine di una parabola ventennale che risale alla fondazione di PayPal, un’azienda che si rivelerà fondamentale nello sviluppo della “destra digitale”. L’azienda per pagamenti via internet è nata nel 1998 a Paolo Alto dalla fusione della Confinity, società di software di Peter Thiel e la X.com di Musk. Con la opa nel 2002 ed il successivo acquisto da parte di eBay, si arricchirono oltre a Musk e Thiel, numerosi colleghi. Fra questi vi era David Sacks (altro immigrato sudafricano) che assieme a Thiel aveva scritto un libro, The Diversity Myth, contro la società multiculturale.
THIEL È INFATTI personaggio chiave dell’emergente “cellula” ideologica di Silicon Valley sin dagli anni 80, quando da studente fonda la rivista universitaria Stanford Review che avrebbe aggregato il pensiero ultra liberista e conservatore nell’ateneo incubatore. Dal campus, Thiel sarebbe passato ad una brillante carriera nel boom digitale, senza mai abbandonare il fervore ideologico a servizio del quale avrebbe posto una fortuna che, dopo l’affare PayPal, è continuata a crescere. Con Sacks e Musk, ed altri come Marc Andreesen (Netscape) e Ben Horowitz (Opsware, Hewlett-Packard) Thiel è esponente di una fazione che esprime l’etos tecno utopista e un senso di onnipotenza nutrito di smisurato successo economico. Thiel giunge a dichiarare, in un saggio per il Cato Institute, di non credere alla «compatibilità di democrazie e libertà», per la congenita tendenza a restringere la forza innovativa del capitale.
I CAPITANI dell’industria tech si considerano disruptor, spregiudicati innovatori che rompono gli schemi e inventano il futuro scrivendo le proprie regole. L’altra faccia di questo liberismo estremo è il culto dell’individualismo e della meritocrazia che nella Valley è sempre più diffuso, come anche un innato anti-sindacalismo e l’insofferenza per tasse e normative, recentemente esacerbata dai procedimenti antitrust intentati dall’amministrazione Biden contro Google e Amazon.
IL PASSO successivo per garantire gli interessi planetari di tech e piattaforme è assicurare l’influenza politica. In quest’ottica, Thiel ha sponsorizzato politici sovranisti come Blake Masters in Arizona e in Ohio, e il giovane rampante avvocato JD Vance che anche lo stesso Thiel aveva introdotto al mondo degli investimenti a Silicon Valley. Quando arriva il momento di scegliere un vice, gli stessi Thiel e Sacks, si fanno garanti del giovane senatore Vance. Il posizionamento di uno dei loro uomini “ad un battito di cuore” dalla Casa Bianca è, in definitiva, un ottimo ritorno sui loro investimenti. (né nuoce poter disporre di una stampa amica: i recenti mancati endorsement di Los Angeles Times e Washington Post, entrambi proprietà di magnati high tech, a questo riguardo sono stati assai significativi)
INTANTO MUSK è giunto ad assicurarsi enormi commesse pubbliche per le missioni spaziali di Space x e lauti incentivi pubblici per le auto elettriche. Tramite la Starlink, possiede inoltre 6500 satelliti in bassa orbita per connettività internet (ma anche servizi militari, tramite la consociata Starshield). Un monopolio privato che, come altri giganti tech, si comporta sempre più come entità sovranazionale e quasi sovrana. In quest’ottica si inseriscono i recenti accordi fra Microsoft e Google con operatori nucleari per la riattivazione di centrali, per supplire elettricità in forma esclusiva alle loro aziende energivore. Il fabbisogno energetico dei data center adibiti all’intelligenza artificiale promette infatti di raddoppiare i consumi di un pianeta già in piena crisi climatica, e i giganti tech formulano quindi politiche energetiche proprie.
Dietro la scommessa su Trump si cela il tentativo di assicurarsi il favore del governo più potente nella delicata congiuntura in cui si deciderà il controllo della prossima fase capitalista.
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