di Ansa
(di Micol Brusaferro)
(ANSA) – TRIESTE, 05 NOV – ‘El pueblo salva al pueblo’, che
in italiano potrebbe si direbbe ‘se non ci pensiamo noi, non lo
farà nessuno”. A distanza di giorni dal disastro ambientale
abbattutosi su Valencia, Patrizia Barbieri, triestina, che vive
e lavora in quella città, descrive un popolo che in modo
compatto e senza pensarci su due volte, si è da subito
impegnato, e continua a farlo, senza riserve per portare aiuto,
in alcuni luoghi forse prima dell’arrivo dei soccorsi ufficiali.
Solitamente allegra e frizzante, “oggi invece Valencia è
diversa, triste, ma è una città che non si abbatte e combatte”.
“Quello che mi ha colpito di più è la solidarietà che si
respira. Sono state migliaia le persone che, dal centro città,
senza pensarci due volte hanno camminato per oltre due ore,
scavalcando auto ammassate, avvolgendo le scarpe in sacchetti di
plastica, armati di scope o di qualsiasi attrezzo trovassero.
Non si sono mai perse d’animo, nonostante la forte rabbia per
un’allerta lanciata troppo tardi e una gestione dell’emergenza
negligente e caotica, più concentrata a trovare colpe politiche
che a inviare immediatamente i soccorsi ufficiali”.
Patrizia Barbieri è scampata alla morte soltanto perché si
trovava miracolosamente in un’area meno colpita dalle forti
piogge abbattutesi sulla zona.
“Questi ‘fiumi di persone’, migliaia di civili, vanno nelle
zone colpite con zaini pieni di ciò che possono portare,
affrontando rischi di infezioni e ferite tra i detriti, animati
dallo spirito di ‘el pueblo salva al pueblo’, a quanto pare, se
non ci pensiamo noi, non lo farà nessuno”.
Patrizia Barbieri ricorda il momento della tragedia. “Ero a
casa, erano già le 20.15 quando è suonato l’allarme sul
cellulare, ma si parlava di rischio fin dalla mattina e alle 18
c’erano già migliaia di persone con l’acqua fino al collo. Sono
in una zona risparmiata grazie alla deviazione del fiume Turia
realizzata dopo l’alluvione del 1957. Questa operazione è
riuscita a incanalare un flusso di 2mila metri cubi d’acqua al
secondo, evitando la catastrofe nel cuore della città”.
Tuttavia, “amici e conoscenti che vivono o lavorano nelle aree
circostanti hanno vissuto momenti davvero duri e pericolosi.
Altri hanno perso tutto”.
Le immagini sono ancora fisse nella mente di Patrizia,
“scenari apocalittici, auto ammassate, ponti distrutti, persone
disperate. La città che sempre è stata molto viva e allegra, con
i locali pieni, si è svuotata dal giorno dopo l’alluvione. Penso
di non conoscere una sola persona che non sia andata ad aiutare
in qualche modo o non si sia inventata rapidamente un modo per
farlo. È una Valencia diversa, triste, ma che non si abbatte e
combatte”. (ANSA).
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di Ansa
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