Dopo settimane “infuocate” il progetto del parco eolico sul Monte Croce di Borgotaro è stato ritirato. Come redazione abbiamo deciso di approfondire l’argomento delle energie rinnovabili, con un focus particolare sull’Appennino che potrebbe essere il centro di tanti progetti che riguardano il futuro energetico della nostra provincia. Per questo motivo abbiamo rivolto quattro domande sul tema ad alcuni candidati consiglieri alle prossime elezioni regionali, in programma per il prossimo 17/18 novembre.
Cosa ne pensate dei progetti relativi ai parchi a energia eolica in Appennino?
Siamo nati come forza ambientalista, la decarbonizzazione del Paese e le sfide sulla sostenibilità per noi sono prioritarie. Ma se parliamo di sostenibilità dobbiamo declinare il termine in modo completo. La sostenibilità deve essere energetica ma anche, ad esempio, paesaggistica e sociale. E vanno usati i termini giusti: non ‘parchi’ eolici ma impianti industriali eolici privati con aerogeneratori alti 200 metri. Questo significa che tali impianti sono paesaggisticamente molto impattanti e devono essere costruiti in aree adeguate, nel rispetto delle vocazioni e delle tipicità dei luoghi. Ecco perché siamo a favore di impianti eolici ma non, ad esempio, se progettati in aree come quelle dell’appennino che tra l’altro non sono particolarmente ventose.
Significa anche ad esempio che gli impianti eolici offshore vanno bene ma oltre le 12/18 miglia dalla costa dove l’impatto visivo è limitato. Insomma ottima la corsa alla decarbonizzazione, bene le energie rinnovabili e giusto accettare compromessi per l’ambiente ma il ‘prezzo’ che le comunità pagheranno deve essere giusto e, appunto, sostenibile.
Che impatti/aspetti favorevoli possono avere gli impianti eolici su un ambiente ed come quello che la Toscana del nostro Appennino?
Come detto. Sulla bilancia da una parte c’è indubbiamente un’elevata produzione di energia rinnovabile ma dall’altra costi paesaggistici e ambientali elevatissimi. Il saldo è fortemente negativo. Ci sono territori più adatti a costruire impianti di questo tipo. E soprattutto ogni territorio deve sfruttare al meglio la risorsa rinnovabile di cui ha maggiore disponibilità: nel caso dell’ Italia senza ombra di dubbio il sole!
Decarbonizzare è uno degli obiettivi a lungo termine che anche l’Europa sta portando avanti. Dal vostro punto di vista, la città di Parma e la sua provincia che contributo possono dare al raggiungimento di tale obiettivo? Da dove occorre partire? Cosa invece non serve?
Si discute soprattutto di grandi impianti industriali per produrre energia rinnovabile, eolici, fotovoltaici, bioenergie, ecc. ed è giusto ma è importante agire affinché i privati, aziende e famiglie, così come gli enti pubblici possano investire per coprire interamente e istantaneamente il proprio fabbisogno con l’autoproduzione di energia. Tanti impianti più piccoli sui territori consentono ad imprese e famiglie di abbattere i vostri in bolletta, garantire occupazione diffusa, spingere sulla transizione energetica. In tal senso, ad esempio, le comunità energetiche possono e devono avere un ruolo centrale. E la provincia di Parma potrebbe essere un territorio ideale per le CER. Inoltre, perché no, il sistema industriale e universitario locale potrebbe essere stimolato ad investire nello studio dei combustibili, green, del futuro: quale ad esempio l’idrogeno!
Come vi ponete nei confronti di altri tipi di energia rinnovabile, come ad esempio il cippato, considerando come “bacino di materia prima” la nostra montagna?
Come detto. Se parliamo di sostenibilità deve esserlo davvero. In tutte le sue declinazioni. Per questo siamo contrari a impianti a biomassa che impattino sull’ambiente e sulla qualità dell’aria.
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