Un’opportunità per le famiglie ignorata dalla maggior parte del mondo bancario italiano. Il prestito vitalizio ipotecario (Pvi) è un modo per garantire liquidità anche agli over 60, che nonostante detengano due terzi del risparmio privato gestito dalle banche, fanno una gran fatica a ottenere prestiti. E poiché questi prestiti servono, per buona parte, ad aiutare i figli a comprare casa o risolvere una questione finanziaria complicata, il Pvi sarebbe anche un volano per l’economia. Sarebbe, appunto, perché a oggi, considerando i grandi e medi gruppi bancari, non sono più di quattro a offrire questo strumento. E gli altri? Non lo hanno neanche messo in catalogo. Non è un prodotto che offrono. E i risparmiatori, non conoscendolo, nemmeno lo chiedono. Eppure non si può dire che sia una novità ancora da assimilare. La legge che lo ha messo in moto (la 44 del 2015) risale a quasi dieci anni fa.
A far luce sulla questione – di cui in realtà, nel settore, si parla da tempo – è Stefano Cherti, avvocato ed esperto di diritto bancario con un passato in Abf (Arbitro bancario finanziario) e un presente in Consob.
Cos’è il prestito vitalizio ipotecario
È un prodotto riservato agli over 60 garantito da ipoteca sulla casa. L’importo erogabile è legato a due fattori: il valore dell’immobile e l’età del richiedente. Più questi è anziano, maggiore è la somma erogata: oltre gli 80-85 anni ammonta a circa il 60% del valore della casa.
Ma la vera particolarità del Pvi è la modalità di rimborso. Chi ottiene il finanziamento infatti (a meno che non lo richieda esplicitamente) non deve restituire nulla, non ci sono rate da pagare. Quando il richiedente muore, la scelta sul da farsi spetta agli eredi, che hanno un anno di tempo per decidere. Questi possono scegliere tra due opzioni:
- Estinguere il finanziamento (eventualmente anche rinegoziando le condizioni);
- dare mandato alla banca di vendere l’immobile. A questo punto, se la cifra alla quale viene venduta la casa è inferiore al debito, gli eredi non devono versare la differenza; se invece è maggiore, quella somma possono incassarla loro.
Un bisogno che esiste
In un Paese con 17 milioni di over 60 (e che continua a invecchiare) in cui gli anziani sono spesso “sfruttati” per svolgere il ruolo di garanti per prestiti o finanziamenti richiesti dai figli, il prestito vitalizio ipotecario era stato pensato proprio per poter fornire denaro a persone spesso respinte allo sportello, quando si tratta di chiedere liquidità. E il bisogno c’è eccome: secondo Fondazione Cariplo sono circa 1,4 milioni le famiglie con un elevato patrimonio immobiliare ma una liquidità insufficiente (i cosiddetti “house rich and cash poor”).
“Pensiamo, ad esempio, alle tante famiglie in cui ha sempre lavorato solo l’uomo, magari senza contratto e in cui oggi l’unica entrata è una pensione minima” dice Stefano Cherti. “In questi casi, se subentra un bisogno di liquidità, la maggior parte delle volte la scelta ricade sulla vendita della nuda proprietà. Che certo, garantisce più liquidità rispetto al Piv, ma in compenso comporta la perdita dell’immobile senza che gli eredi abbiano più alcun diritto”. A testimoniare l’esistenza del bisogno ci sono le cifre sulle vendite di nuda proprietà, che Cherti calcola in circa 28mila l’anno a fronte di 3 miliardi complessivi di transazioni. L’altra possibilità è fornita dalla cessione del quinto, che però comporta una riduzione del reddito disponibile.
Gli addetti ai lavori considerano “il Pvi all’italiana” come uno dei migliori in Europa proprio perché regolato da una legge che garantisce in modo forte gli eredi. Ma questo prodotto è presente anche in Francia, Spagna, Svezia, Paesi Bassi, Norvegia, oltre a Stati Uniti e Canada. Il Regno Unito è il mercato più sviluppato con erogazioni annue tra i 4 e i 6 miliardi. E in Italia? Di fronte a un potenziale di circa due miliardi l’anno di erogazioni, secondo Cherti “oggi si raggiungono a malapena i 50 milioni”.
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