Fasano – Dal 1° gennaio 2025, in seguito al D.L. 146/2021 salvo proroghe o rettifiche normative, tutti gli enti associativi (enti iscritti al RUNTS e non, enti sportivi iscritti al RASD, enti non commerciali, associazioni culturali generiche, ecc.) dovranno attrezzarsi per affrontare il passaggio dall’attuale regime di esclusione IVA al regime di esenzione IVA, riferimento normativo esenti ai fini IVA ai sensi dell’art. 10 DPR 633/1972.
È un passaggio epocale che tocca tutte le associazioni a prescindere dall’ambito di azione, dalla loro grandezza e dall’iscrizione ad un registro o meno.
Quindi è fondamentale che tutti gli enti analizzino le attività svolte alla luce delle nuove norme e riorganizzino per tempo la propria gestione contabile e fiscale
Prima di farlo naturalmente bisogna capire bene cosa richiedono le nuove norme e quali tipologie di entrate sono investite dal cambiamento.
Regime IVA: da escluse a esenti
Le operazioni effettuate dagli enti associativi non commerciali nei confronti dei propri soci fino ad oggi erano escluse dall’ambito IVA.
Dal 1° gennaio 2025 i servizi prestati ed i beni ceduti dagli enti nei confronti dei soci saranno esenti IVA.
In pratica significa che tutti gli enti non profit dovranno dotarsi di partita IVA e che non sarà più possibile rilasciare semplici ricevute non fiscali per le entrate da corrispettivi specifici.
Gli enti dovranno emettere fattura elettronica – esente da IVA – nei confronti dei loro soci a fronte del pagamento di corrispettivi specifici, di contributi e di quote supplementari.
In alternativa, potranno dotarsi di un registratore di cassa ed emettere scontrini fiscali telematici sempre in esenzione IVA art. 10 del DPR 633/72, afferma il Dott. Giuseppe Liuzzi tesoriere dell’ODCEC Brindisi.
Aprire la partita IVA ovviamente porta con sé una serie di nuovi adempimenti come la registrazione contabile dei documenti e, in determinate condizioni, la tenuta di una contabilità separata.
A fronte di questa novità importante, che condizionerà l’organizzazione e la gestione contabile degli enti associativi, è opportuno distinguere la natura delle entrate e la sua eventuale rilevanza fiscale.
Ecco qualche esempio qui di seguito.
Entrate da corrispettivi
I corrispettivi specifici (o quote supplementari) sono entrate che scaturiscono da attività a pagamento svolte dalle associazioni nei confronti dei loro associati, in diretta attuazione delle finalità istituzionali.
Ad esempio rientra in questa categoria il pagamento di una quota per:
l’attività ricreativa e doposcuola (aiuto ai compiti) per i ragazzi;
il laboratorio teatrale;
il corso di musica, di canto, di yoga;
la realizzazione di eventi.
In sostanza parliamo di entrate che scaturiscono da attività che favoriscono la socialità e l’aggregazione rese a favore dei soci, per le quali l‘associazione riceve un pagamento in cambio (corrispettivo).
Quindi si compie una sorta di scambio, di controprestazione.
Questo contributo supplementare è escluso da imposizione IRES, tuttavia da gennaio 2025 non sarà più escluso IVA ma diventerà esente IVA.
Di conseguenza l’ente dovrà emettere fattura o in alternativa scontrino fiscale ai soci che versano il corrispettivo per partecipare all’attività specifica.
Entrate da atti di liberalità
Rientrano in questa fattispecie le entrate che l’ente percepisce a sostegno delle proprie finalità statutarie (scopo sociale) senza alcuna controprestazione o contropartita.
Una persona (socia e non) o un ente pubblico o privato (azienda, fondazione, ecc.) si priva di un bene o versa dei soldi senza aspettarsi nulla in cambio.
Sono definite liberalità le seguenti entrate:
quote sociali cioè le somme che vengono versate in sede di prima iscrizione per acquisire lo status di socio e che successivamente vengono erogate annualmente per il rinnovo dello status e adesione all’ente;
contributi dei soci o contributo associativo, cioè l’erogazione di denaro a fondo perduto per:
sostenere le finalità statutarie dell’associazione;
risanare i debiti o il disavanzo di gestione dell’associazione stessa;
erogazioni liberali derivanti da raccolte fondi (occasionali o continuative) di carattere non corrispettivo;
donazioni (ad esempio i lasciti testamentari);
contributi da privati (persone fisiche, altre associazioni, fondazioni, aziende, ecc.) a fondo perduto o a rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate per realizzare le attività istituzionali (partecipazione a bandi di finanziamento);
contributi da enti pubblici a fondo perduto o a rimborso delle spese sostenute e documentate per le quali non è previsto contrattualmente alcun vincolo di scambio in beni o in servizi (fatto salvo per le APS o OdV il regime di convenzione di cui all’art.56 CTS).
Questa tipologia di entrate è esclusa dal campo di applicazione dell’IVA e dell’IRES, quindi l’ente non è tenuto ad emettere fattura o scontrino fiscale.
Entrate da attività commerciali
Sono considerate entrate commerciali quelle derivanti da attività a pagamento:
svolte verso terzi non soci;
a favore dei soci, ma che non rientrano tra gli scopi statutari dell’ente (ad esempio le quote di iscrizione ad un corso di cucina organizzato da un’associazione teatrale o musicale).
Inoltre sono commerciali i proventi:
da sponsorizzazione o pubblicità;
dalla cessione di beni nuovi prodotti per la vendita;
dalla somministrazione di pasti (ristorazione);
In sostanza sono commerciali tutte le attività svolte tramite un’organizzazione di tipo imprenditoriale.
Per queste entrate non cambia nulla rispetto alla gestione odierna: restano fiscalmente rilevanti sia per l’IRES che per l’IVA.
In conclusione
È evidente che questa modifica del regime IVA metterà a dura prova gli enti associativi e che porta con sé nuovi costi.
In primo luogo per la gestione della partita IVA che implica la conoscenza degli adempimenti ad essa correlati e delle scadenze fiscali.
In secondo luogo per la formazione indispensabile da erogare alle figure interne all’associazione che si occupano dell’amministrazione e della contabilità poiché spesso e volentieri sono volontari che hanno poca o nulla esperienza in ambito gestionale.
In terzo luogo bisogna considerare che per alcuni enti sarà impossibile continuare a gestire internamente la contabilità. Questi ultimi avranno bisogno del supporto di un soggetto esterno al quale delegare la gestione amministrativa.
Quindi è bene prepararsi per tempo anziché rimandare all’ultimo momento.
Giuseppe Liuzzi
DOTTORE COMMERCIALISTA
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