La Commissione Generale della Pesca nel Mediterraneo, nel Canale d’Otranto tra Italia e Albania, ha istituito la più estesa zona di restrizione alla pesca del bacino del Mare Nostrum. La decisione, adottata all’unanimità, prevede il divieto alla pesca di fondo in un’area centrale di oltre 1.900 km2, e una forte riduzione della pesca in una zona cuscinetto di circa 700 km2. In gergo tecnico, ad essere istituita è stata una Fisheries Restricted Area (FRA), una misura che si inserisce in una visione più ampia che punta a una gestione sostenibile dell’intero Mediterraneo. La proposta di istituzione è stata presentata alla Commissione nel 2018 da MedReAct e dall’Adriatic Recovery Project.
A livello ecologico, il Canale d’Otranto non è un’area come un’altra: qui, la presenza di ripidi pendii che raggiungono profondità di oltre 900 metri costituisce infatti un habitat fondamentale per la riproduzione e la crescita di specie uniche e, in generale, di una ricca biodiversità. Tra gli altri, il Canale d’Otranto rappresenta un ambiente ideale per il sostentamento di cetacei e tartarughe marine, tanto da essere stato oggetto, nel 2021, di un appello per la sua protezione sottoscritto da oltre 100 ricercatori da 37 Università e centri di ricerca italiani. La decisione presa in questi giorni si allinea quindi alle richieste del mondo scientifico e fa seguito agli incoraggianti risultati ottenuti dall’istituzione, nel 2017, di una FRA nella Fossa di Pomo tra Italia e Croazia. In pochi anni, in questa FRA dell’Adriatico centrale, si è infatti registrato uno straordinario aumento della biomassa di scampi e naselli, il che sta tutt’ora contribuendo al recupero di stock ittici un tempo sovrasfruttati e quindi al futuro della pesca. La dimostrazione che una gestione responsabile e sostenibile può fare veramente la differenza.
Nel complesso l’Adriatico, che secondo uno studio del 2018 è il mare più sfruttato al mondo dalla pesca a strascico, vanta tre FRA: oltre a quelle già menzionate, vi è anche il Canyon di Bari in Puglia. La creazione di queste aree di restrizione è anche un tassello fondamentale per dare seguito la visione europea che mira a proteggere il 30% del Mediterraneo entro il 2030, favorendo un’economia blu che sappia rispettare l’intero ecosistema marino. In questo contesto, andando a collegare tra loro le aree protette, le FRA potrebbero divenire parte integrante di una futura rete ecologica finalizzata a tutelare il bacino del mediterraneo nella sua interezza. In questo, la Commissione Generale della Pesca nel Mediterraneo riveste un ruolo cruciale in quanto braccio regionale della FAO per la gestione della pesca. Al gruppo, oltre all’UE, partecipano una ventina di Paesi che affacciano o hanno interessi nel Mediterraneo.
[di Simone Valeri]
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