Se in una classe c’è un bambino cieco o con altri problemi visivi, quindi necessitante di utilizzare il sistema di lettura e scrittura Braille, perché non estendere la possibilità di apprendere lo stesso metodo a tutti gli alunni della classe? L’esperienza sarebbe una buona prassi di vera inclusione. Non si tratta di un’utopia, ma di una realtà messa in atto in due istituti scolastici in provincia di Cuneo: “l’Istituto Comprensivo Giosuè Carducci” di Busca e “l’Istituto Comprensivo” di Saluzzo.
Le due scuole, in collaborazione con il Centro di Riabilitazione Visiva di Fossano e l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti del Piemonte, hanno realizzato il progetto “Amico Braille”, rivolto a due classi di scuola primaria a Busca, e due classi di Saluzzo, coinvolgendo in tutto una quarantina di bambini.
Durante l’inserimento scolastico di alunni ciechi e ipovedenti è nata l’esigenza di favorire una maggiore comunicazione e una migliore comprensione tra loro e gli altri bimbi della classe. La possibilità di far imparare il Braille a tutta la scolaresca è stata considerata dagli insegnanti non solo una grande risorsa per la relazione e la collaborazione tra tutti i compagni, ma anche un arricchimento nell’apprendimento della lingua italiana poiché cambia solamente il sistema di scrittura, ma non le regole di ortografia e grammatica; pertanto, non è vista come una perdita di tempo, ma al contrario come lezioni effettive.
La progettualità “Amico Braille” è finalizzata a creare processi di collaborazione e di socializzazione, tali da creare comunità di apprendimento, dove la diversità non viene solo rispettata ma anche apprezzata; favorire lo scambio culturale tra i compagni e promuovere l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità visiva in un’ottica di integrazione sociale più ampia. Una particolare attenzione è data all’empatia verso i compagni, stimolando il più possibile la sensibilizzazione e la consapevolezza. Pertanto, non vengono trasmesse solamente delle informazioni, ma é, anche e soprattutto, favorita una comprensione profonda e personale della diversità.
L’approccio utilizzato è il gioco: gli alunni, in sei lezioni di due ore ognuna, hanno potuto sperimentarsi nell’utilizzo di un codice alternativo di comunicazione attraverso giochi, materiali ad hoc, come tavolette, punteruoli, palline e chiodini, per simulare i punti in rilievo e stimolare la sensibilità tattile. Passo dopo passo, tutti gli alunni sono diventati capaci di leggere e scrivere con i puntini in maniera divertente, e quindi in grado di comunicare con il loro compagno con problemi visivi in modo diretto. Per far prendere dimestichezza con il Braille, questa scrittura viene utilizzata regolarmente a scuola per etichettare spazi e ambienti e i cartelloni sono scritti nei due linguaggi.
Grazie a tale metodologia, inoltre, i bambini hanno avuto la possibilità di capire le fatiche e le difficoltà che i compagni ciechi e ipovedenti devono affrontare nella vita quotidiana. Dal canto loro, gli alunni con disabilità visiva si sono sentiti capiti e compresi meglio nella vita di tutti i giorni, e nello stesso tempo, intraprendono un percorso di crescita che li induce a una maggior consapevolezza.
Tutti i bambini hanno accolto il progetto con entusiasmo, considerandolo come un’opportunità per confrontarsi con gli altri, e capire, in base alla loro tenera età, che le differenze e le fragilità personali possono trasformarsi in risorse con le quale ci si può arricchire ogni giorno di più. Questa occasione di stimolo, e di confronto con l’altro è stato recepito in modo molto positivo anche dalle famiglie degli alunni coinvolti.
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