La storia del 42enne Dario Fontana, assegnista all’Università di Torino, che tra un anno rischia di restare di nuovo senza un lavoro: «Ho girato mezza Italia con ruoli a sociologia, scienze cliniche, epidemiologia, giurisprudenza»
«Non ho famiglia, non ho figli, non posso farmi un mutuo, non posso comprare niente e condivido casa con altre persone». Dario Fontana, ricercatore e sociologo del lavoro, 42 anni, è partito dalla sua Sicilia nel 2002 ma dopo più di 20 anni non ha ancora trovato il tanto e agognato posto fisso all’interno del mondo accademico. C’era anche lui, qualche giorno fa, nell’atrio di Palazzo Nuovo, all’assemblea dei precari dell’Università di Torino, pronti a bloccare tutto per lo sciopero generale del 29 novembre.
Fontana, dopo aver lasciato la sua Palermo, ha girato gran parte dell’Italia.
«Ho iniziato nel 2002 – racconta – quando andai a Roma per la laurea triennale. Poi, per la magistrale, invece, sono andato a Milano». Da lì, intorno al 2007, parte un lungo giro tra assegni, borse e incarichi che però non l’hanno mai portato ad avere un posto stabile. «La rabbia non ti passa mai – continua – ma la determinazione resta, non c’è mai rassegnazione. Nel corso del tempo ho avuto incarichi a Milano, poi ho fatto il dottorato a Modena abitando a Bologna. Poi ho avuto altri ruoli in Emilia Romagna e infine sono arrivato a Torino. Insieme all’Università, nel corso del tempo, ho provato a lavorare anche in alcuni enti pubblici ma anche lì l’unica via era il precariato e quindi sono tornato in accademia».
Fontana, in qualità di ricercatore, ha trovato spazio per lavorare in diversi dipartimenti. «Ora sono a medicina – spiega – in passato ho avuto ruoli a sociologia, scienze cliniche, epidemiologia, giurisprudenza. Le ho girate un po’ tutte. Ora per quanto riguarda lo stipendio non posso lamentarmi, guadagno circa 1600 euro al mese, ma tra un anno il mio assegno finirà e rischierò di nuovo di restare senza lavoro».
Quella di Dario Fontana è solo una delle tante storie legate alla precarietà all’interno del mondo accademico. Dopo la grande abbuffata del Pnrr ora gli istituti non hanno risorse e molti di quelli entrate grazie ai fondi europei, il prossimo anno, rischiano di uscire dalla filiera accademica. A Torino, tra Politecnico e Università, rischiano almeno un centinaio di ricercatori.
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