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Dalla sentenza Shell alla Cop29, passando per la vittoria di Trump #finsubito prestito immediato


Tre eventi – il ribaltamento della “storica” sentenza Shell, la vittoria di Trump con le sue idee sul cambiamento climatico e l’energia, la Cop29 ancora in un paese petrolifero – segnano un cambio di registro nella discussione sulla transizione energetica.

Il 12 novembre, la Corte d’Appello dell’Aia ha emesso una sentenza storica, respingendo la richiesta degli attivisti per il clima che chiedevano a Shell di ridurre drasticamente le proprie emissioni di CO₂. Questa decisione segna un importante punto di svolta nell’equilibrio tra le politiche climatiche e i bisogni energetici fondamentali dell’umanità, stabilendo al contempo un importante precedente per il futuro del contenzioso climatico.

Al centro del dibattito c’è una domanda cruciale: un’azienda privata può essere legalmente obbligata a cambiare la propria strategia aziendale per combattere il cambiamento climatico? La risposta dei giudici olandesi è chiara: no.

I cittadini non devono dettare obiettivi alle aziende

Sulla base di solide argomentazioni giuridiche, la Corte d’appello si è pronunciata a favore di Shell. La compagnia petrolifera ha contestato la legittimità degli obiettivi di riduzione delle emissioni imposti dai tribunali di grado inferiore. In particolare, la compagnia petrolifera ha addotto due argomenti principali che sono stati accolti dal giudice:

  • la mancanza di base giuridica: la società ha sostenuto che i tribunali non avevano l’autorità legale per imporre tali obiettivi di riduzione delle emissioni, figuriamoci per quantificarli; In particolare, la Corte ha sottolineato che gli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO₂ sono responsabilità degli Stati e non delle aziende private.
  • l’inefficacia della misura: Shell ha sostenuto che questi obiettivi imposti non erano un modo efficace per raggiungere l’obiettivo di neutralità carbonica entro il 2050. L’azienda riteneva, infatti, che tali vincoli potessero rivelarsi controproducenti.

Convalidando tali argomentazioni, la Corte d’Appello ha ribaltato la decisione precedente, pronunciandosi a favore della Shell in questo caso. Questa decisione mette in discussione la capacità dei tribunali di imporre direttamente obiettivi climatici alle aziende private (sul tema si veda anche COP28, dal transition away un nuovo impulso alle green litigation, di Massimo Nicolazzi, ndr).

Questa distinzione fondamentale tra responsabilità pubblica e privata è un principio essenziale del diritto che non può essere messo in discussione da chi sostiene che l’emergenza climatica prevalga su tutto (sul tema si veda anche Da leone a erbivoro: ciò che non torna nella sentenza Shell, di Enzo Di Giulio, ndr). 

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Il petrolio è ancora indispensabile (e anche le Big Oil)

Come ha sottolineato il presidente azero Ilham Aliyev in occasione dell’apertura della Cop29, in corso a Baku, gli idrocarburi rimangono indispensabili per soddisfare i bisogni fondamentali dell’umanità. Questa dichiarazione, proveniente dal paese ospitante di un’importante conferenza sul clima, illustra perfettamente il paradosso che ci troviamo ad affrontare.

I combustibili fossili rappresentano ancora oltre l’80% del mix energetico globale, mentre la domanda di energia continua ad aumentare, in particolare nei paesi emergenti. Le energie rinnovabili stanno crescendo, ma a un ritmo cinque volte più lento nei paesi in via di sviluppo.

La sicurezza dell’approvvigionamento energetico, spesso trascurata nel dibattito sul clima, è nuovamente al centro delle preoccupazioni internazionali, come lo è stata già alla Cop28 di Dubai. Le recenti crisi geopolitiche, in particolare la guerra ucraina in Europa, hanno evidenziato l’importanza strategica di un approvvigionamento energetico affidabile e diversificato. Politica che era quella spinta con convinzione dalla Commissione Prodi-de Palacio.

In questo contesto, Shell e le altre major petrolifere svolgono un ruolo cruciale nel mantenere stabile la capacità produttiva e nell’investire in nuove tecnologie di estrazione più efficienti.

Make Oil Great Again?

L’imminente ritorno di Donald Trump alla presidenza negli Stati Uniti, dopo l’evoluzione politica che ha portato a questo risultato, illustra un importante cambiamento di paradigma. La sua promessa di incrementare in modo significativo la produzione di idrocarburi negli Stati Uniti riflette una tendenza più ampia a dare priorità all’indipendenza energetica rispetto agli obiettivi climatici.

Questo approccio “America First” in materia di energia avrà ripercussioni globali significative sui mercati dell’energia.

La sostituzione totale degli idrocarburi incontra notevoli ostacoli tecnici. L’intermittenza delle energie rinnovabili richiede soluzioni di accumulo che al momento non sono disponibili per la produzione di energia elettrica su larga scala; la durata della batteria del suo smartphone dovrebbe farle capire l’incommensurabile entità della sfida. Le tecnologie verdi richiedono l’uso di materiali che pongono sfide ambientali e geopolitiche. Il costo delle infrastrutture di transizione rappresenta investimenti colossali che non tutti i paesi possono permettersi. Settori come l’aviazione, il trasporto marittimo e l’industria pesante non hanno ancora alternative praticabili.

La recente esperienza europea offre preziosi insegnamenti. La crisi energetica del 2022-2023 ha dimostrato la vulnerabilità di una transizione energetica troppo rapida e l’importanza di mantenere fonti energetiche diversificate. Ha inoltre messo in luce il rischio sociale e politico di un aumento significativo dei prezzi dell’energia, sostenendo un approccio pragmatico piuttosto che ideologico.

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Anche Mario Draghi ha sottolineato questo rischio e la necessità di un approccio pragmatico nella sua relazione, denunciando in termini pacati la perdita di competitività dell’Ue dovuta al prezzo dell’energia derivante da una politica energetica soggetta alla politica climatica.

Il ruolo di Big Oil nel sistema economico mondiale

La Shell e le altre major petrolifere non sono solo produttori di idrocarburi, ma anche attori essenziali per il funzionamento del mondo. I loro massicci investimenti in ricerca e sviluppo per rendere più efficiente l’esplorazione e lo sfruttamento degli idrocarburi sono considerevoli. Sono consapevoli di essere sotto osservazione e non vogliono finire sulle prime pagine dei giornali, ma essere efficienti significa anche ottenere una maggiore redditività economica.

La sentenza si inserisce in un contesto geopolitico più ampio, segnato dall’ascesa dei paesi Brics, che pensano solo alla crescita economica e alla competizione per le risorse strategiche (si veda BRICS+, nuovo cardine del mondo minerario globale? di Giovanni Brussato, ndr), e sono lontani dalle preoccupazioni dei politici dell’Ue e degli attivisti olandesi.

Se la decisione dell’Aia segna quindi una svolta importante nell’approccio giuridico e politico alla transizione energetica, deve essere un’occasione per aumentare la consapevolezza che il mondo non può essere guidato dagli attivisti, ma dalla ricerca del benessere per otto miliardi di esseri umani. Il punto di partenza per raggiungere questo obiettivo è garantire a tutti un’energia abbondante ed economica.


Samuele Furfari è professore di geopolitica dell’energia, ESCP Business School. Il suo ultimo libero è Insicurezza energetica. La distruzione organizzata della competitività dell’UE


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Foto: Unsplash



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