Al termine della COP29 tenutasi a Baku, le opinioni sulla riuscita della conferenza sono molteplici e variate. Quest’anno il summit sul clima, che si è svolto nel cuore di un Paese noto per la sua economia fortemente legata a gas e petrolio, non è passato inosservato, malgrado le dicotomie evidenti del contesto ospitante. Il vertice è riuscito ad evitare un esito deludente, con annunci che hanno rieccheggiato a livello internazionale.
Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha descritto l’esito come “storico”, enfatizzando l’inarrestabilità della transizione verso le energie rinnovabili e lanciando una frecciata al suo successore Donald Trump, nota figura contraria agli accordi climatici internazionali. La conferenza ha portato a un triplicamento degli aiuti economici previsti dall’Accordo di Parigi per i paesi vulnerabili, elevandoli da 100 a 300 miliardi di dollari annui entro il 2035.
Tuttavia, le somme promesse sono state oggetto di critica. Se da un lato questa mossa è stata vista come un significativo passo avanti, dall’altro, le voci di diversi rappresentanti dei paesi emergenti e in via di sviluppo hanno sottolineato una certa inadeguatezza delle cifre rispetto alle richieste iniziali, che ammontavano a circa 1.300 miliardi di dollari all’anno. Inoltre, questi fondi saranno distribuiti principalmente sotto forma di prestiti a tassi agevolati piuttosto che come aiuti a fondo perduto, aumentando il rischio di un ulteriore indebitamento per nazioni già economicamente fragili.
Wopke Hoekstra, Commissario europeo per il clima, ha accolto con favore l’accordo, presentandolo come avviamento di una nuova fase per la finanza climatica. Per contro, Leela Nandan, delegata dell’India, ha criticato la quantità di risorse mobilitate, definendole “insufficienti” e “scarse”, posizione condivisa anche da altri delegati di paesi in via di sviluppo.
Nonostante l’India non abbia formalmente votato contro l’accordo, il dibattito all’interno del summit ha dimostrato quanto sia complesso trovare un equilibrio tra le necessità immediate di finanziamento e le preoccupazioni a lungo termine per la sostenibilità del debito. Allo stesso tempo, l’annuncio di Trump riguardo al ritiro degli USA dall’Accordo di Parigi mette in luce potenziali ostacoli futuri nell’accumulo dei fondi necessari per raggiungere gli obiettivi proposti.
La reazione delle organizzazioni ambientaliste italiane non si è fatta attendere. Legambiente e il WWF Italia hanno espresso insoddisfazione per l’accordo, criticando la mancanza di misure concrete per la riduzione delle emissioni fossili. Luca Bergamaschi, esperto del think tank Ecco, ha sottolineato i compromessi raggiunti in termini di finanziamenti, ma ha anche evidenziato come gli interessi legati alle fonti energetiche tradizionali abbiano limitato azioni più decise per una vera transizione ecologica.
In conclusione, la COP29 si è dimostrata un campo di battaglia tra progresso e conservazione, tra la necessità impellente di agire per il clima e le resistenze generate da dinamiche economiche e politiche globali. Rimane evidente che, nonostante i passi avanti, la strada verso un’intesa globale e efficace in materia di cambiamento climatico è ancora lunga e irto di ostacoli. Per molti rappresentanti e osservatori, la trasformazione delle banche di sviluppo in veri e propri motori di investimento per il clima è diventata una priorità ineludibile.
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