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Nuovo Giornale Nazionale – COP, ACRONIMO DI CAMALEONTICA OPERAZIONE PROPAGANDISTICA #finsubito prestito immediato


COP, ACRONIMO DI CAMALEONTICA OPERAZIONE PROPAGANDISTICA

La COP29, la Conferenza delle Parti sui Cambiamenti climatici, terminata nelle prime ore di domenica 24 novembre 2024 a Baku, in Azerbaigian, si è chiusa con un flop.

Già l’assenza dei principali leader del pianeta aveva lasciato presagire che la conferenza sarebbe stata un fallimento. Si è infatti registrata l’assenza non solo dei presidenti di Cina, India e Russia, ma anche di Macron, Scholz, Ursula Von der Leyen, Biden e persino di due ambientalisti come Lula e Re Carlo d’Inghilterra.

Inoltre, nel giorno dell’apertura della Cop, è arrivato l’annuncio di Donald Trump il quale ha dichiarato che il 20 gennaio, come primo atto della sua presidenza, firmerà l’uscita degli Stati Uniti dagli accordi di Parigi sul clima.

Il flop della Cop29 è il flop, l’ennesimo flop, dell’Onu, che si rivela sempre di più un ente inutile, obsoleto, solo vetrina di logiche propagandistiche senza alcuna efficacia.

Anche i fallimenti come questo della Cop 29 fanno capire che ormai è necessaria una svolta nelle relazioni internazionali e che i Paesi che vorrebbero imporre al mondo le loro idiozie ideologiche non hanno più la forza per farlo e, a dire il vero, non hanno nemmeno la coerenza di far seguire alle parole i fatti, quando si tratta di mettere mano al portafogli.

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I Paesi industrializzati, questo l’accordo finale della conferenza, dovranno destinare almeno 300 miliardi di dollari all’anno entro il 2035 a quelli in via di sviluppo, per supportare i loro tentativi di far fronte ai cambiamenti climatici. Una cifra tre volte superiore a quella di 100 miliardi l’anno entro 2025 contenuta nel vecchio obiettivo globale di finanza per il clima, ma nettamente inferiore ai 1.300 miliardi annui che secondo esperti indipendenti sarebbero necessari.

Accordo economico ovviamente ritenuto insoddisfacente dai Paesi in via di sviluppo e, soprattutto, evidenziante la poca credibilità del climate change.

Se davvero ci fosse un’emergenza i Paesi industrializzati, soprattutto quelli che ad ogni piè sospinto parlano di emergenza climatica, non avrebbero il braccino così corto.

Il fatto è che quella dell’emergenza climatica è propaganda e allora la si paga, sì, ma con il contagocce.

Questi 300 miliardi l’anno in aiuti climatici (quello che in termini tecnici è il New Collective Quantified Goal) arriveranno in quota crescente entro 11 anni in forma di sovvenzioni a fondo perduto o in prestiti a basso tasso di interesse, in finanza pubblica e privata mobilitata, con i Paesi sviluppati nel ruolo di leader.

Attenzione. Qui il bluff diventa offensivo della ragione.

I Paesi non ancora inseriti ufficialmente tra quelli sviluppati nella Convenzione ONU sul clima, ma che di fatto hanno ora un’elevata capacità contributiva e un peso rilevante nelle emissioni (Cina, Corea del Sud, Paesi OPEC del Golfo), sono incoraggiati a contribuire, ma senza alcun obbligo.

Nessun obbligo, significa tanti saluti e arrivederci.

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L’accordo, guarda caso, auspica anche che, sempre entro il 2035, vengano mobilitati almeno 1.300 miliardi di dollari all’anno a livello globale da un’ampia varietà di fonti private e pubbliche ancora tutte da definire.

Sembra una barzelletta: auspici su qualcosa che è da definire.

Sulla cifra di 1.300 miliardi non c’è alcun vincolo giuridico e rimane un’astratta aspirazione, altrimenti detta presa per i fondelli.

Grandi delusioni sul tema della mitigazione, ossia delle misure necessarie a limitare il riscaldamento globale sotto quel +1,5 ° dall’era pre-industriale.

Non è stato raggiunto un accordo sul Global Stocktake, bilancio globale che tiene conto dei progressi delle politiche sul clima dei vari Paesi negli ultimi 5 anni e che serve a correggere la rotta nel caso quegli sforzi non fossero sufficienti.

Non sono state menzionate misure concrete sulla diminuzione dei combustibili fossili, complice la Presidenza del Paese ospitante, l’Azerbaigian, che fonda il 90% del suo export sulla vendita di gas naturale e petrolio.

Molte promesse sono state rimandate alla COP30 che si terrà a Belém, in Amazzonia a novembre 2025.

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