Caso Matilde Lorenzi: ora anche la Procura generale di Trento ha voluto capire di più, effettuare verifiche, sull’inchiesta bolzanina archiviata a distanza di nemmeno quarantotto ore dall’incidente avvenuto sulla pista Grawand G1 del ghiacciaio della Val Senales, in Alto Adige, lo scorso 28 ottobre, costato la vita alla sciatrice piemontese di diciannove anni, già campionessa italiana di super-G. Un’inchiesta, questa, archiviata senza che vi fosse un qualche sequestro dell’area, un’autopsia, una eventuale perizia tecnica. Solo lunedì i consiglieri del Csm (Consiglio supremo della magistratura) Ernesto Carbone e la trentina Claudia Eccher, hanno chiesto che venga fatta chiarezza sulle modalità con cui la Procura di Bolzano ha condotto le indagini, «chiuse in modo sbrigativo – sostengono – non ravvisando alcuna responsabilità penale nella vicenda, che, invece, presenta numerosi aspetti poco chiari». E hanno sollecitato l’apertura di «una pratica per valutare eventuali responsabilità disciplinari del magistrato titolare delle indagini e del capo dell’Ufficio connesse a negligenza e trascuratezza nell’esercizio delle proprie funzioni». E già a distanza di ventiquattro ore il procuratore generale di Trento, Corrado Mistri, ha convocato nel palazzo di giustizia cittadino il procuratore capo ad interim di Bolzano, Axel Bisignano.
L’incontro, definito «informale», del tutto riservato, è avvenuto ieri pomeriggio. Un incontro per ottenere informazioni in merito all’inchiesta archiviata dal pubblico ministero di turno ad appena tredici ore dal decesso della diciannovenne promessa dello sci giovanile azzurro. Per accertare se le indagini siano state svolte in modo esauriente o se invece ci sia ancora qualche aspetto da sondare. Per verificare insomma se l’inchiesta sia stata condotta in modo scrupoloso. Ma a quanto trapela, almeno al momento, non sembra ci possa essere, da parte della Procura generale di Trento, una riapertura delle indagini o l’avocazione del fascicolo. Ma è anche vero che le valutazioni sul merito potrebbero richiedere più tempo e la decisione su un eventuale o meno nuovo fascicolo riguardo la tragedia di cui è stata vittima l’atleta dell’Esercito potrebbe non essere ancora maturata.
Per il consigliere laico del Csm Carbone si è trattato di «indagini frettolose», che sono state «chiuse sulla base di un rapporto dei carabinieri nel quale si dichiara che la pista era dotata di protezioni: tuttavia, da fotografie scattate dall’alto immediatamente dopo l’incidente, è facilmente riscontrabile che, nel luogo in cui la sciatrice si trovava adagiata nel dirupo a seguito della caduta, mancavano reti di protezione a dividere la pista di allenamento dal fuori pista non battuto».
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