La Corte di Cassazione ha annullato per la seconda volta la sentenza contro Alessio e Simone Scalamandré, accusati dell’omicidio del padre Pasquale avvenuto il 20 agosto 2020 a San Biagio. La Suprema Corte ha chiesto una nuova valutazione delle attenuanti e un ricalcolo delle pene per entrambi i fratelli, già condannati a 21 e 14 anni di carcere in appello.
Nuovo processo d’appello – La decisione della Cassazione è giunta dopo il ricorso dei legali degli imputati. Per Alessio Scalamandré, difeso dagli avvocati Luca Rinaldi e Andrea Guido, dovranno essere rivalutate l’attenuante della provocazione e il bilanciamento con altre circostanze. Per Simone, rappresentato dai legali Riccardo Lamonaca e Nadia Calafato, la Corte ha accolto il ricorso solo sulla quantificazione della pena, riconoscendo la necessità di considerare meglio le attenuanti generiche.
La vicenda – I fatti risalgono all’agosto 2020, quando, secondo le ricostruzioni, una lite familiare è degenerata in tragedia. Alessio e Simone, esasperati dalle pressioni del padre, avrebbero reagito violentemente durante uno scontro fisico. La madre, vittima di presunti maltrattamenti, aveva già lasciato la casa trasferendosi in una comunità protetta. “È stato uno degli errori che ho fatto”, ha ammesso Laura Di Santo, spiegando di non aver mai denunciato con decisione le violenze subite.
Il contesto familiare – Pasquale Scalamandré appariva gentile e premuroso in pubblico, ma, secondo le testimonianze, era ossessionato dalla gelosia e rendendo l’ambiente domestico invivibile. Gli abusi verso la moglie e il clima di terrore sarebbero stati il detonatore del gesto dei figli.
La pena – Alessio, attualmente agli arresti domiciliari, ha già scontato 4 anni e 3 mesi di pena. Con il nuovo processo, potrebbe ottenere una condanna compresa tra i 9 anni e 4 mesi e i 14 anni. La Corte Costituzionale, nel frattempo, aveva dichiarato illegittima la norma del Codice Rosso che impediva il bilanciamento delle attenuanti generiche nei reati familiari, aprendo così la strada a una rivalutazione della pena minima di 21 anni.
Prossimi passi – Il caso tornerà alla Corte d’assise d’appello per un nuovo giudizio. Per Simone, che all’epoca dei fatti aveva 20 anni, la Cassazione ha confermato che non potrà essere assolto, ma ha chiesto una riduzione della pena in base a un più equo bilanciamento delle circostanze attenuanti.
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