Sassari, Teatro Comunale – Stagione Lirica 2024
“WERTHER”
Drame lyrique in quattro atti su libretto di Édouard Blau, Paul Milliet e Georges Hartmann dal romanzo epistolare I dolori del giovane Werther di Johann Wolfgang Goethe
Musica di JULES MASSENET
Werther FRANCESCO DEMURO
Le Bailli ANDREA PORTA
Charlotte EGLE WYSS
Albert DOMENICO BALZANI
Schmidt NICOLAS RESINELLI
Johann MICHAEL ZENI
Sophie ILARIA VANACORE
Brühlmann SIMONE CASU
Käthchen AURORA CARTA
Orchestra e Coro di Voci bianche dell’ Ente Concerti Marialisa De Carolis
Direttore Daniele Agiman
Maestro del coro Salvatore Rizzu
Regia Stefano Vizioli
Costumi Anna Maria Heinrich
Scene Emanuele Sinisi
Luci Vincenzo Raponi
Allestimento Teatro Sociale di Como/Aslico in coproduzione con i Teatri di OperaLombardia
Sassari, 29 novembre 2024
La coincidenza esatta col centenario dalla scomparsa di Puccini non ha portato fortuna al “Puccini francese”: tale sarebbe infatti Jules Massenet secondo un consolidato, ed errato, luogo comune. Un incidente tecnico, che ha bloccato il sipario tagliafuoco in posizione di chiusura, ha ridotto il palcoscenico del Teatro Comunale a pochi metri di proscenio, inficiando di fatto la realizzazione dell’allestimento di Stefano Vizioli, già progettato per l’Aslico nel 2020. In attesa di chiarire cause ed eventuali responsabilità del danno, si è cercato di rimediare imbastendo una regia ovviamente molto limitata dalla contingenza, con entrate dalle porte laterali, sfruttando i corridoi di platea e recuperando qualche proiezione ed elemento di arredo. Con molta buona volontà, capacità di arrangiarsi e spirito di adattamento lo spettacolo è comunque andato in porto tra gli applausi del pubblico che ha mostrato simpatia e comprensione nonostante l’evidente penalizzazione. Oltretutto le problematiche hanno ovviamente avuto la loro influenza sugli equilibri fonici e l’acustica, impedendo quindi il pieno apprezzamento di una produzione che aveva vari motivi d’interesse, a partire dalla partecipazione nel ruolo del titolo di Francesco Demuro, artista locale ora di casa in palcoscenici internazionali di assoluto prestigio. Va quindi notata la capacità di resilienza, usando un termine alla moda, di artisti e maestranze tecniche per aver messo in scena uno spettacolo complesso in una situazione difficile, tra l’altro con temperature tropicali, probabilmente dovute a un riscaldamento non regolato sull’imprevisto taglio della cubatura. Quindi è difficile, per scontate ragioni, esprimere un giudizio completo sulla produzione e soprattutto, viste le difficoltà, che non metta in rilievo solo ciò che di positivo è emerso da tale emergenza. A partire dai protagonisti: Demuro ha svettato per bellezza timbrica, fraseggio ed espressione, specialmente in mezze voci di rara intensità; l’unica aria ben conosciuta dal grande pubblico Pourquoi me reveiller è stata un gioiello di gusto e dinamiche dosate alla perfezione, ma è da sottolineare anche il bellissimo finale su ostinato, capace di coniugare controllo ed emozione in maniera superba. Ma la vera sorpresa è stata l’eccellente prestazione di Egle Wyss, veramente apprezzabile nella parte di Charlotte per vocalità, espressione, varietà dinamica, uguaglianza dell’emissione e sicurezza tecnica: il suo terzo atto è stato emozionante e, in generale, il punto più alto dello spettacolo. Gli altri interpreti, nell’opera su un secondo piano rispetto allo spazio di quelli principali, hanno nel complesso dato tutti una buona dimostrazione di professionalità e delle loro doti: sarebbe da segnalare in proposito la fresca vivacità di Ilaria Vanacore, nel ruolo di Sophie, la buona resa scenica di Domenico Balzani e Andrea Porta e la fluida intesa di Nicolas Resinelli e Michael Zeni, di cui va segnalata inoltre l’importante vocalità. Come detto l’inedita situazione ha probabilmente favorito, vista anche l’orchestrazione talvolta pesante, alcuni eccessi strumentali che hanno occasionalmente sovrastato i cantanti, penalizzando soprattutto il protagonista; a parte ciò Daniele Agiman ha diretto con una certa finezza l’insieme, grazie a una buona orchestra del De Carolis, di cui va notata la pulizia ed espressione nei numerosi soli degli archi. Una menzione doverosa va inoltre alle voci bianche del coro De Carolis, ben preparate da Salvatore Rizzu, precise e duttili nonostante la scena modificata. Dell’allestimento abbiamo quindi potuto ammirare solo la pulizia di certi movimenti, i bei costumi di Anna Maria Heinrich e l’idea interessante del finale tra una Charlotte anziana e limitata da una carrozzina che, nell’ambiguità tra memoria, sogno e realtà, neanche davanti alla morte prossima del suo amore irrisolto riesce a stargli fisicamente vicina, pur contraddicendo il testo: difficile poter esprimere un giudizio senza vedere la regia realizzata integralmente, ma sarebbe probabilmente molto interessante se tale principio di distanza fisica/costrizione morale fosse allora coerentemente espresso in tutte le scene tra i protagonisti. Che dire infine di quest’opera, mai entrata veramente nel cuore dei melomani nostrani? È un bel lavoro: si sentono in Massenet tutti i pregi della scuola francese, a partire dalla solida costruzione armonica fino all’originale orchestrazione, con soluzioni come l’utilizzo del sassofono o dei suoni bouchés allora quasi sconosciuti alla nostra tradizione; ma d’altra parte sentire, a fine ottocento, certi recitativi fuori tempo massimo e varie lentezze nel ritmo teatrale, testimonia qualche ritardo storico. Probabilmente, proprio nell’anniversario dalla scomparsa dell’ultimo grande genio del melodramma italiano, con una data in cartellone e tutto il mondo che lo ricordava, sarebbe stato opportuno un altro titolo o comunque un grande evento che il “Puccini vero” avrebbe meritato.
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