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«Omertà e paura»: il pm in sei ore riscrive Reset #finsubito prestito immediato – richiedi informazioni –


Sono le 11,07. Il Presidente del Collegio penale Mario La Rosa dichiara chiuso il dibattimento e apre la strada all’ultima curva di Reset. E’ il rush finale del processo della Dda. La requisitoria di uno dei due magistrati inquirenti, il pubblico ministero Luigia Spinelli, è un lungo viaggio, popolato da riferimenti, sfumature, metafore e analisi che riscrivono un momento storico che – come sottolinea il magistrato – ha vissuto la città di Latina. «Scriviamo un pezzo di storia di questa città», dice.
La pubblica accusa parla per almeno sei ore. Si intuisce che conosce ogni angolo dell’inchiesta. La requisitoria inizia la mattina e finisce che è buio, prima delle 18. Il pubblico ministero Spinelli entra in Reset e poi sembra quasi scavare dentro le dichiarazioni di tutti: dai testimoni ai collaboratori di giustizia. Esamina il ruolo degli imputati, descrive il potere criminale che hanno esercitato, si sofferma sul narrato dei pentiti e ripercorre le estorsioni contestate al gruppo riconducibile ai fratelli Angelo e Salvatore Travali, allo zio Costantino conosciuto come «Cha Cha» Di Silvio.

Il collegio difensivo che riempie l’aula della Corte d’Assise annota alcuni passaggi che saranno materia per l’arringa. Gli avvocati segnano spunti che sfrutteranno per le prossime udienze. Tutti ascoltano. Dagli imputati in aula a chi è videocollegato.
«Siamo alla conclusione di un processo nei confronti di un gruppo che ha imperversato per anni a Latina – è l’incipit – asfissiando i cittadini, creando un mix di terrore. Parliamo di una organizzazione che nel tempo ha affermato il proprio prestigio criminale», dice il magistrato Luigia Spinelli.

C’è un passaggio in cui il pm si guarda attorno, si toglie gli occhiali, poi li rimette, si tira su la toga e sottolinea: «Lo Stato non ha lasciato soli i cittadini». E aggiunge: «Le estorsioni commesse dal gruppo criminale con cadenza giornaliera e che ha colpito gli imprenditori, ma anche avvocati, professionisti, sono state sufficienti alle vittime per assoggettarsi. C’era omertà nella popolazione, i testimoni non hanno denunciato e ci siamo trovati di fronte a chi praticava lo sconto nei negozi per stare tranquillo per il timore di ritorsioni da parte del clan. Costantino Di Silvio è l’indiscusso capo e chi ha problemi con i nipoti, Angelo e Salvatore Travali, non si rivolge alle forze dell’ordine ma va da lui», osserva il pm che ricorda i tempi in cui il Latina Calcio militava in serie B. Era il 2014. «C’era la garanzia di proteggere i calciatori, li difendeva Costantino Cha Cha Di Silvio», dice il pm Spinelli.

Il magistrato ricorda l’inchiesta Don’t Touch che nel 2015 aveva portato all’esecuzione delle misure restrittive. Parla anche del dopo: «C’era stata una manifestazione popolare mai vista, la gente di Latina era scesa per strada per ringraziare la Polizia anche se c’era chi remava contro». Nel processo sono entrate le dichiarazioni dei pentiti, oggetto di grande scontro nel dibattimento tra accusa e difesa. Agostino Riccardo, Renato Pugliese, Andrea Pradissitto: «Quella loro è la voce diretta dei protagonisti, la narrazione è coerente, sono dichiarazioni sovrapponibili».

Il pm riannoda i fili dell’inchiesta, pone l’accento sul potere del gruppo e si ferma per un attimo sulla città di Latina. Sceglie un’ immagine, quella del Giano Bifronte, un paragone con una divinità che ha due volti.

Nella seconda parte il magistrato inquirente analizza le estorsioni aggravate dalle modalità mafiose, in tutto 10. Le parti offese sono: commercianti, professionisti, persone comuni. «Ci rendiamo conto dello stato di soggezione delle vittime?» domanda. Prima delle 18 la fine e il rinvio a giovedì con la seconda, e quasi di sicuro, ultima parte della requisitoria affidata al collega, il pubblico ministero Francesco Gualtieri.

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A seguire gli interventi delle parti civili tra cui il Comune di Latina e l’Associazione Caponnetto e infine inizieranno le arringhe del collegio difensivo che puntano a scardinare tutto il castello accusatorio a partire da uno dei punti cardine del processo: il valore delle dichiarazioni dei pentiti.

Sono oltre trenta gli imputati in uno dei processi più importanti e complessi della storia giudiziaria di Latina.



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