Le risorse saranno destinate per almeno l’80% alle giovani aziende italiane che operano nei materiali intelligenti, della manifattura avanzata, delle tecnologie ambientali e del future computing, inclusa l’intelligenza artificiale
Un fondo da 200 milioni e laboratori per 4.000 metri quadri sono messi a disposizione da parte di Scientifica Venture Capital alle startup italiane. La società ha avviato la raccolta di una nuova tipologia di veicolo di investimento che combina finanza, competenze scientifiche e infrastrutture con l’obiettivo di investire in idee imprenditoriali o startup in cerca di capitali.
La strategia di investimento
Le risorse saranno destinate per almeno l’80% alle giovani aziende italiane, attive nell’ambito dei materiali intelligenti, della manifattura avanzata, delle tecnologie ambientali e del future computing, intelligenza artificiale inclusa. La taglia di investimento potrà variare da meno di un milione per i progetti allo stadio embrionale a cinque milioni per quelli in veloce espansione. «L’Italia è sempre ai primi posti nel mondo per la qualità della ricerca e dell’innovazione, ma molte idee valide si perdono all’atto della traduzione industriale per mancanza di capitali o di competenze», spiega Riccardo D’Alessandri, co-fondatore di Scientifica VC con Patrick Leoni. «Con il nostro fondo offriremo gli uni e le altre: puntiamo a raggiungere i 200 milioni entro la metà del 2025 e a raddoppiare l’organico da 50 a 100 professionisti per assistere gli imprenditori in ogni aspetto del percorso di crescita».
I laboratori a disposizione
Le startup selezionate potranno usufruire anche dei 4.000 m² di laboratori di proprietà di Scientifica fra Roma, L’Aquila, Londra e San Francisco, nella Silicon Valley, nonché di una rete di 70 laboratori d’avanguardia dislocati in tutta Italia. Lo schema di investimento è chiamato “capex zero” e punta ad abbattere le barriere economiche, consentendo alle startup di concentrare l’impegno – di tempo, capitali e ricerca – sullo sviluppo delle idee. Si tratta di un modello, cosiddetto “operational fund”, già sperimentato con successo in altri Paesi Ue e che sta prendendo piede anche sul mercato italiano. «Stiamo riscontrando grande interesse da parte di molti family office italiani e di alcuni europei», conclude D’Alessandri, «ma contiamo di portare a bordo anche gli investitori istituzionali».
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