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Daniela Santanchè e Giovanni Canio Mazzaro indagati dalla procura di Milano per la bancarotta di Ki Group srl #finsubito prestito immediato


di
Luigi Ferrarella

Avviso di proroga delle indagini, aperte un anno fa, anche per altri tre ex amministratori dell’azienda, ora alle prese con un passivo di 8,6 milioni di euro

Cinque ex amministratori della società Ki Group srl, tra i quali la ministra del Turismo Daniela Santanchè, da un anno sono indagati dalla Procura di Milano per l’ipotesi di reato di bancarotta della società in relazione al ruolo della imprenditrice e senatrice di Fratelli d’Italia tra il 2019 e la fine del 2021 nell’azienda ora alle prese con un passivo di 8,6 milioni di euro. L’iscrizione risale infatti al momento dell’apertura nel Tribunale civile della procedura di liquidazione giudiziale della società, istituto che nel nuovo codice della crisi di impresa ha sostituito il fallimento: e ciò perché, da un punto di vista giuridico, l’apertura della liquidazione giudiziale è in sé (a prescindere dal fatto che poi la società fallisca o meno) condizione per una possibile iscrizione nel registro degli indagati per concorso in bancarotta di quegli amministratori che il curatore nominato dal giudice civile delegato e i pm dovessero in seguito individuare come corresponsabili del passivo.

Due anni da amministratrice

Nel ricevere ora un avviso di proroga delle indagini (con la teorica possibilità, di solito mai sfruttata dagli indagati, di opporsi alla proroga entro cinque giorni davanti al gip), Santanchè e gli altri quattro coindagati – il suo ex compagno Canio Mazzaro, Filippo Rolando, Stefano Crespi e Antonio Schemoz – stanno dunque ricevendo una fotografia in realtà già sfocata, superata dagli elementi (coperti da segreto d’indagine e dunque sinora non noti) che nel frattempo il curatore fallimentare avrà descritto nella sua relazione al procuratore aggiunto Roberto Pellicano e ai pm Marina Gravina e Luigi Luzi per indicare o per escludere che Santanchè con proprie condotte abbia concorso al dissesto di Ki Group srl, dove la ministra sostiene di avere avuto “un ruolo marginale” ma di cui comunque è stata presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante dal 30 aprile del 2019 al 31 dicembre del 2021, quando ha lasciato il gruppo. 




















































È immaginabile che la senatrice si aggrappi alla speranza che anche questa iscrizione per un reato fallimentare, segnalata da La Stampa, possa esaurirsi come era accaduto per l’altra occasione in cui era già stata indagata per bancarotta, in quel caso anche lì al momento dell’apertura della procedura per Visibilia a fine 2022, vicenda per la quale alla fine la Procura aveva chiesto l’archiviazione stralciandola dai filoni principali scandagliati dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf e per i quali la ministra sta invece ora rischiando il processo: falso in bilancio Visibilia (con decisione del giudice sul rinvio a giudizio o meno prevista il prossimo 17 gennaio), e truffa allo Stato sulla cassa integrazione Covid dei dipendenti Visibilia (con decisione in marzo dopo che la Cassazione il prossimo 29 gennaio avrà sciolto un problema di competenza territoriale tra Milano e Roma sollevato dai difensori).

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Le altre società in bilico

Ma la situazione di Ki Group srl appare ben più pesante di quella di Visibilia e per la ministra questo versante fallimentare non è neanche l’unica ulteriore preoccupazione, perché in liquidazione giudiziale sono nel frattempo man mano andate anche Biofood, nonché due settimane fa Bioera, che è peraltro quotata in Borsa, oltre al fatto che sia i pm sia l’Agenzia delle Entrate stanno chiedendo la liquidazione giudiziale anche di Ki Group Holding spa.
«Lo stato di definitiva incapacità» di Ki Group srl di «fare fronte regolarmente alle proprie obbligazioni» dipende, per i giudici della sezione crisi di impresa, dal fatto di non avere «più credito di terzi e mezzi finanziari propri», a fronte di un «passivo esposto in ambito concordatario di 8.625.912 di euro». Lo «stato di insolvenza» nasce dalla «conseguente impossibilità, con l’attivo e il patrimonio societario di pronto realizzo, di far fronte al passivo esposto in ambito concordatario», dal «mancato deposito del bilancio al 31 dicembre del 2022» e dall’«emersione già nel bilancio del 2021 di una perdita di esercizio di 11,8 milioni di euro e di un patrimonio netto negativo di 9,6 milioni di euro».
lferrarella@corriere.it

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20 dicembre 2024 ( modifica il 20 dicembre 2024 | 10:55)



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