Il dono della famiglia alla centenaria che nel 1950 si laureò in Magistero all’Università Cattolica. «Avevo lo spauracchio di grammatica latina»
«Una volta, durante un esame di Morale avevo l’impressione che il professore guardasse il pulviscolo atmosferico. Allora mi fermai e smisi di parlare. Lui mi disse di andare avanti e io risposi: “No finché non mi ascolta”. Ero ben sfrontata da giovane! Adesso sono arrivata ai 100 anni e un mese e andiamo avanti».
Qualche giorno fa, nella casa di Lidia Oldani, alla Maggiolina a Milano, c’erano 32 invitati. I suoi cinque figli, Maria Teresa e Edoardo, Stefania, Andrea e Luca e poi quindici tra nipoti e pronipoti, dai 2 ai 48 anni e altri famigliari. Sul tavolo un regalo inaspettato: la pergamena originale del suo diploma di laurea in Magistero all’Università Cattolica, con la data del 7 febbraio 1950. Non lo aveva mai ritirato. «Allora la pergamena costava circa 30 mila lire (circa 575 euro attuali). Mi ero appena sposata ed era una spesa che non volevo affrontare e non volevo chiederli ai miei genitori, che già avevano pagato la retta universitaria. Mi dicevo ”Lo chiederò se mi servirà per ottenere un lavoro”. E invece poi sono arrivati i figli e mi sono dedicata a loro» racconta Lidia, che gode di buona salute e ha una memoria vividissima.
Ai figli aveva detto della laurea rimasta nel cassetto e loro l’hanno sorpresa con questo regalo. «All’università avevano la pergamena originale della laurea e ci hanno riconsegnato anche il suo diploma delle magistrali» spiega Luca. Oggi ritirare un diploma costa 100 euro più 16 di bollo, ma alla famiglia della signora non hanno fatto pagare nulla. Lidia, che all’epoca abitava in corso Garibaldi, visse gli anni universitari durante la Seconda Guerra Mondiale. «La nostra famiglia era sfollata a Caglio, in Valsassina. Al mattino prendevo il treno a Asso e venivo a lezione. Se c’era un’incursione aerea, il convoglio si fermava e fuggivamo nelle campagne, racconta.
All’epoca, nei corridoi di largo Gemelli si potevano incontrare i fondatori, padre Agostino Gemelli e Armida Barelli. «Conobbi solo lui: lo vedevamo girare su una sedia a rotelle. Aveva un’aria austera e la fama di grande severità». Tutt’altro ricordo ha invece del grande poeta David Maria Turoldo, all’epoca studente di Filosofia. «Molto simpatico e spiritoso. Un uomo di grandissima intelligenza. Gli dicevamo: peccato che hai fatto il prete». Fino agli anni 60, le studentesse indossavano un grembiule nero. «Salivamo una scala riservata solo alle donne, in cima c’era la stanza coi grembiuli. Il mio fidanzato e futuro marito Domenico Rossotti studiava al Politecnico e si fermava ai piedi di quella scalinata».
Domenico, futuro dirigente all’Ibm e Lidia amavano studiare insieme ai giardini della Guastalla. Si erano conosciuti in vacanza a Caglio. «Mi disse che mi voleva bene il 29 agosto del 1942 e nel 1950 ci siamo sposati». Anni universitari di cui ha bei ricordi. «Frequentavo la Fuci, federazione universitaria cattolica. Si andava a messa insieme in una chiesa vicino alla Rinascente. Degli esami avevo lo spauracchio di grammatica latina. Era un esame del primo anno, ma lo diedi all’ultimo. Presi 19, il docente consigliò di rifiutare ma io accettai, perché dovevo di lì a poco sposarmi. La media non fu rovinata: ho preso 110/110». La tesi in Antropologia sulla Valle del Brembo la scrisse a mano, mentre alle illustrazioni pensò Domenico. Lidia avrebbe voluto studiare Medicina (ma non si accedeva con la maturità magistrale) o fare la giornalista. Giornalista e medico sono diventate le sue due figlie. «La laurea mi è servita ad aiutare i miei figli negli studi», ma nella vita Lidia si è dedicata anche agli altri: per 30 anni da volontaria all’Oftal ha accompagnato i malati a Lourdes.
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