Nocera Inferiore. Pizzo con i clan sotto la regia dell’ex boss di Poggiomarino, ora pentito, Rosario Giugliano ‘o minorenne e il clan paganese Fezza/De Vivo: la Cassazione respinge la richiesta di scarcerazione presentata dall’avvocato Gregorio Sorrento per il proprio assistito Stefano Gambardella, imprenditore nel campo della plastica ed ex dirigente della Nocerina, motivando la decisione del ricorso bocciato. Scrivono gli ermellini: “Il Tribunale di Salerno del Riesame di Salerno ha respinto la richiesta di revoca con cui il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale del capoluogo aveva applicato all’imprenditore Gambardella la custodia cautelare inframuraria,”. A lui viene la partecipazione alla associazione di tipo mafioso individuata nel clan Giugliano operante a Pagani e paesi limitrofi diretta da Giugliano Rosario, attribuendo il ruolo di persona addetta a convocare le vittime da sottoporre ad estorsione oltre a consentire le infiltrazioni nel comparto industriale di Fosso Imperatore”. Inoltre per la Cassazione “veniva contestata a Gambardella il concorso in estorsione in danno di Biagio Migliaro, costretto a versare la somma mensile di 2000 con il compito di mettere in contatto la vittima con Giugliano oltre a percepire tale somma, con le aggravanti delle più persone riunite, dell’agevolazione mafiosa e dal metodo mafioso”. E ancora. “E’ emerso che Gambardella assicurava ai membri di tale sodalizio criminoso sostegno economico in denaro, destinato anche al pagamento degli stipendi e all’assistenza per eventuali spese legali dei sodali: si tratta di soggetto che ha acquisito spazio di manovra, foraggiando i sodali, emergendo dunque la natura volontaria di tali dazioni di denaro”. L’osservanza della consolidata regola di mutua assistenza dei sodali in carcere, con assunzione delle spese necessarie per il loro mantenimento e quello dei familiari, da parte del Gambardella “è significativa della sua affiliazione. Invero, l’appartenenza ad un’associazione di stampo camorristico può fondarsi su una massima tratta dell’esperienza giudiziaria, che evidenzia, quale elemento qualificante delle caratteristiche del gruppo criminale, l’atteggiamento di mutua solidarietà tra gli affiliati e le frequenti azioni di reciproco sostegno e aiuto economico, in favore dei soggetti detenuti”. L’attività di assistenza economica ai detenuti è stata dai giudici del merito considerata funzione strutturale, e non occasionale, dell’attività associativa a cui ha partecipato l’imprenditore: “l’accertamento dell’ausilio e del sostentamento economico assicurato ai familiari di un appartenente all’organizzazione di tipo mafioso, una volta che costui sia tratto in arresto, può essere, con adeguato ragionamento, considerato un’attività prestata a vantaggio dell’intera consorteria, interessata al mantenimento del legame con l’associato allo stato ristretto, e non solo della persona assistita”, scrive la Cassazione nel motivare la propria decisione di respingere il ricorso. Respinto anche il ricorso di Francesco Vastola, 86 anni ai domiciliari, che avrebbe messo la “tenuta terriera di Poggiomarino per i summit di camorra e nascosto armi del clan di ‘o minorenne”.
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