La liquidazione controllata del sovraindebitato e il restyling del D.Lgs. n. 136/2024

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Premessa

La disciplina del sovraindebitamento introdotta dalla legge 27 gennaio 2012, n. 3 ha trovato la definitiva collocazione del codice della crisi e dell’insolvenza (d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14), dove sono stati accentuati i rapporti sistematici con le procedure destinate alla regolazione della crisi e dell’insolvenza dell’imprenditore cd. maggiore (cioè quello che – in parallelo a quanto già previsto dall’art. 1, comma 2, l.fall. – supera i limiti dimensionali indicati nell’art. 2, lett. d), CCII).

L’entrata in vigore del codice della crisi (15 luglio 2022) ha coinciso con un incremento applicativo particolarmente significativo delle procedure di sovraindebitamento, fino a pochi anni fa oggetto di studio da parte di una ristretta nicchia di addetti ai lavori. Tale diffusione è frutto di una serie di variabili, a partire, dall’ambito applicativo particolarmente ampio della disciplina sul sovraindebitamento: non solo l’art. 2, lett. c), CCII menziona figure di debitori espressamente tipizzati – come il consumatore, il professionista, l’imprenditore minore, l’imprenditore agricolo, le start-up innovative di cui al decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221) – ma chiude la definizione di debitore in stato di sovraindebitamento, con una clausola generale che fa riferimento a ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale ovvero a liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali per il caso di crisi o insolvenza (sul tema si rinvia a R. Brogi, Il Sovraindebitamento nel Codice della crisi, 2024, 25 ss.).

L’estensione dell’ambito applicativo della disciplina sul sovraindebitamento alla figura del cd. debitore civile (identificabile nella persona fisica che rientra nella nozione di consumatore individuata nell’art. 2, lett. e), CCII) quale possibile strumento di accesso all’esdebitazione costituisce, poi, una delle ragioni che concorrono alla sempre maggior diffusione applicativa delle procedure di sovraindebitamento.

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Rispetto agli strumenti di regolazione della crisi da sovraindebitamento connotati, da un lato, dalla suddivisione tra il consumatore (unico soggetto che può accedere alla ristrutturazione dei debiti del consumatore) e tutti gli altri debitori sovraindebitati (persone fisiche e non) che non rientrano nella definizione scolpita nell’art. 2, lett. e), CCII (ai quali è riservata la procedura di concordato minore), la liquidazione controllata del sovraindebitato mantiene una vocazione omnicomprensiva, che ne estende l’applicazione a tutti i soggetti che rientrano nell’ambito della macro-definizione di sovraindebitamento contenuta nell’art. 2 lett. c), CCII. Tale opzione risente, inevitabilmente, di alcune aporie sistematiche (conseguenti alla marcata eterogeneità dei destinatari di questa procedura che può ricomprendere tanto il consumatore che, ad es. l’imprenditore agricolo cd. soprasoglia), accentuate dal parallelismo (tra la liquidazione controllata del sovraindebitato e la liquidazione giudiziale) congenito all’originario inserimento delle due procedure liquidatorie all’interno del medesimo titolo quinto e ulteriormente accentuato dalla nuova intitolazione di quest’ultimo in Liquidazione giudiziale e liquidazione controllata, ad opera dell’art. 28d.lgs. n. 136/2024.

Apertura, durata della liquidazione controllata e accesso all’esdebitazione

Partendo dalla disciplina contenuta nell’art. 268CCII, le novità apportate alla disciplina del sovraindebitamento dal d.lgs. 13 settembre 2024, n. 136 devono essere lette attraverso un file rouge che ricollega le restrizioni previste all’apertura della procedura di liquidazione controllata del sovraindebitato su domanda del debitore, alle modificazioni in tema di durata della procedura e di accesso all’esdebitazione ex art. 282CCII (conseguibile solo da parte del debitore assoggettato alla liquidazione controllata del sovraindebitato) o all’istituto (speciale) dell’esdebitazione del sovraindebitato incapiente previsto nell’art. 283CCII.

La prima limitazione rispetto all’apertura della liquidazione controllata del sovraindebitato viene ricostruita dall’art. 268, comma 3, CCII (secondo periodo, sostituito dall’art. 41, comma 1, d.lgs. n. 136/2024) come eccezione del debitore persona fisica sollevata nel procedimento per la dichiarazione di apertura della liquidazione controllata aperto su istanza del creditore. In tale ipotesi è previsto che il debitore debba eccepire l’impossibilità di acquisire attivo entro la prima udienza, allegando all’attestazione i documenti di cui all’articolo 283, comma 3, CCII. Se il debitore dimostra di aver presentato all’OCC la richiesta di cui al primo periodo e l’attestazione non è ancora stata redatta, il giudice concede un termine non superiore a sessanta giorni per il deposito dell’attestazione.

Secondo l’interpretazione preferibile l’eccezione disciplinata nell’art. 268, comma 3, secondo periodo, CCII deve essere intesa come eccezione in senso stretto, con la conseguenza che è da ritenere precluso al tribunale il rilievo officioso dell’incapienza del debitore. Viceversa, nell’ipotesi in cui sia quest’ultimo a presentare un’istanza di apertura della liquidazione controllata in proprio e si tratti di una persona fisica, il quarto periodo dell’art. 268, comma 3, CCII (introdotto dall’art. 41, comma 1, d.lgs. n. 136/2024) prevede che la procedura sia aperta se l’OCC attesta che è possibile acquisire attivo da distribuire ai creditori, anche mediante l’esercizio di azioni giudiziarie. La presenza di beni da liquidare o da destinare alla soddisfazione dei creditori o la ragionevole certezza circa la futura acquisizione di attivo (attestata dall’OCC) costituisce un fatto costitutivo della domanda di apertura della liquidazione controllata del sovraindebitato persona fisica.

Entrambe le ipotesi disciplinate nell’art. 268, comma 3, CCII – pur con le diversità che contraddistinguono, sul piano probatorio, la domanda del debitore e quella presentata dal creditore – sottendono (limitatamente all’ipotesi del debitore persona fisica) l’alternatività tra la liquidazione controllata e l’esdebitazione del debitore incapiente ex art. 283CCII, con l’intento di limitare l’apertura della procedura liquidatoria alle ipotesi in cui ci sia un patrimonio da liquidare o una ragionevole certezza – oggetto di attestazione da parte dell’OCC – circa il conseguimento di un attivo da distribuire tra i creditori.

Il parallelismo tra liquidazione controllata ed esdebitazione del sovraindebitato incapiente ex art. 283, comma 3, CCII è accentuato sia dalla previsione del termine minimo di durata della procedura, previsto in tre anni (art. 272, comma 3, CCII, così come modificato dall’art. 41, comma 5, d.lgs. n. 136/2024), sia dalla riduzione a tre anni dall’emissione del decreto di esdebitazione ex art. 283, comma 1, CCII del termine entro il quale le utilità sopravvenute nel patrimonio del cd. sovraindebitato incapiente sono destinate alla soddisfazione dei creditori. La convergenza temporale tra i termini previsti negli artt. 272, comma 3, e 283, comma 1, CCII se, da un lato, evita i calcoli opportunistici che portavano il debitore persona fisica a optare per la richiesta di apertura della liquidazione controllata, in luogo dell’accesso all’istituto disciplinato nell’art. 283CCII (contribuendo al consolidarsi dell’orientamento giurisprudenziale, secondo il quale il termine di durata minima della liquidazione controllata era di tre anni), potrebbe comportare un’aporia sistematica rispetto alla previsione contenuta nell’art. 280, lett. e), CCII (richiamato nell’art. 282, comma 2, CCII), che limita a due volte l’accesso all’esdebitazione, considerato che l’esdebitazione del sovraindebitato incapiente può essere concessa una tantum.

In sostanza, si possono verificare due ipotesi: il debitore (persona fisica) incapiente (anche) all’epoca della prima esdebitazione, propone domanda ex art. 283CCII e, nell’ipotesi di ulteriore indebitamento, non può accedere (in caso di incapienza) all’esdebitazione ex art. 282CCII, essendo preclusa l’apertura della liquidazione controllata del sovraindebitato ai sensi dell’art. 268, comma 3, terzo periodo CCII.

Diversamente, nell’ipotesi in cui il debitore abbia beneficiato dell’esdebitazione ex art. 282CCII potrebbe accedere, una tantum, all’istituto ex art. 283CCII, integrando, così, il requisito della duplice esdebitazione.

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Mentre la seconda ipotesi è sintonica con la previsione dell’art. 280, lett. e), CCII, la prima ipotesi comporta, di fatto, l’accesso all’esdebitazione una sola volta. In realtà, l’aporia sistematica si rivelerebbe, in tale ipotesi, solo apparente, essendo difficilmente configurabile in capo al debitore già esdebitato (che si indebiti nuovamente, senza disporre di risorse per assicurare una qualche soddisfazione ai suoi creditori) un atteggiamento di meritevolezza, tale da supportare una nuova concessione del beneficio.

Tornando ai tempi di durata della procedura, occorre evidenziare che, se la liquidazione del patrimonio oggetto di liquidazione è completata, la procedura può essere chiusa anche anteriormente al triennio, su istanza del liquidatore, con la conseguente possibilità del debitore di accedere all’esdebitazione ex art. 282CCII.

L’art. 272, comma 3-bis, CCII (inserito ad opera dell’art. 41, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 136/2024, stabilisce – con un’opportuna precisazione funzionale a evitare incertezze interpretative e applicative – che sono compresi nella liquidazione controllata anche i beni che pervengono al debitore sino alla sua esdebitazione, dedotte le passività incontrate per l’acquisto e la conservazione di tali beni.

Il ruolo degli OCC

La lettura dell’art. 268, comma 3, CCII e le novità che connotano il procedimento di apertura della liquidazione controllata del sovraindebitato preannunciano le modifiche che riguardano la relazione dell’OCC, che deve accompagnare, ai sensi dell’art. 269, comma 2, CCII la domanda proposta dal debitore per il suo tramite. La norma appena richiamata – così come riformulata ad opera dell’art. 41, comma 2, d.lgs. n. 136/2024 – prevede, adesso, che la relazione, redatta dall’OCC, deve esporre una valutazione sulla completezza e l’attendibilità della documentazione depositata a corredo della domanda e deve illustrare la situazione economico-patrimoniale e finanziaria del debitore. La relazione deve indicare le cause dell’indebitamento e la diligenza impiegata dal debitore nell’assumere le obbligazioni e contenere l’attestazione di cui all’articolo 268, comma 3, quarto periodo CCII. La relazione dell’OCC ha, quindi, un triplice contenuto, incentrato, in primo luogo, sulla valutazione dell’attendibilità e completezza della documentazione depositata dal debitore (in continuità con l’originaria versione dell’art. 269, comma 2, CCII). In secondo luogo, viene aggiunta dal d.lgs. n. 136/2024 l’indicazione delle cause dell’indebitamento e della diligenza del debitore nell’assumere le obbligazioni. In entrambi i casi, nonostante la connotazione descrittiva che caratterizza il riferimento letterale all’indicazione, si tratta, a ben vedere, di un’attività valutativa dell’OCC sia per quanto riguarda l’enucleazione delle cause dell’indebitamento, sia, a maggior ragione, per quanto riguarda la diligenza del debitore. Tale profilo non incide sulla domanda di apertura, ma costituisce una prima valutazione (prospettica) circa la presenza dei requisiti per conseguire l’esdebitazione ex art. 282CCII). In terzo luogo, il requisito – già esaminato nel par. precedente – relativo alla disponibilità attuale o futura di un attivo da destinare alla soddisfazione dei creditori (per l’ipotesi di domanda di apertura della procedura presentata dal debitore persona fisica) si caratterizza, rispetto agli altri contenuti della relazione dell’OCC, in relazione all’attività richiesta a quest’ultimo, che, in tale ipotesi, consiste in una vera e propria attestazione. Quest’ultima si caratterizza in ragione delle valutazioni di carattere prognostico richieste all’OCC in ordine ai presumibili risultati dell’attività di liquidazione o del possibile conseguimento di un ulteriore attivo derivante anche dall’eventuale esercizio di azioni giudiziarie, distinguendosi in relazione agli altri contenuti valutativi della relazione che guardino al passato (come nel caso della diligenza del debitore nell’eziologia della situazione di sovraindebitamento che chieda di regolare secondo gli artt. 268 ss. CCII). In base all’opzione interpretativa preferibile l’attestazione circa la presenza di attivo da destinare alla soddisfazione dei creditori si nutre di valutazioni in termini di ragionevole certezza che vincolano il tribunale nella decisione di apertura della procedura, ove non connotate da una manifesta illogicità.

Un’ultima disposizione non introdotta ex novo, ma modificata ad opera dell’art. 41, comma 3, d.lgs. n. 136/2024, riguarda la nomina del liquidatore nella sentenza di apertura della liquidazione controllata del sovraindebitato. L’art. 270, comma 2, lett. b), CCII, a seguito delle modifiche apportate dall’art. 41, comma 3, d.lgs. n. 136/2024, prevede che la sentenza di apertura della liquidazione controllata nomina il liquidatore, confermando, in caso di domanda presentata dal debitore, l’OCC di cui all’articolo 269 o scegliendolo nel registro degli organismi di composizione della crisi da sovraindebitamento. In questo ultimo caso la scelta è effettuata di regola tra i gestori aventi il domicilio nel distretto di corte d’appello cui appartiene il tribunale competente e l’eventuale deroga deve essere espressamente motivata e comunicata al presidente del tribunale. La modifica del testo della norma, pur nell’intento di migliorarne la formulazione (al fine di renderla applicabile tanto all’ipotesi in cui l’apertura sia chiesta, tramite l’OCC, dal debitore che a quella in cui sia il creditore a presentare l’istanza), non sembra, in realtà, vincolare il tribunale, in ogni caso, a confermare l’OCC scelto dal debitore. L’alternativa rispetto a questa ipotesi (i.e. la scelta nel registro degli organismi di composizione della crisi) non è, infatti, collegata all’ipotesi di apertura su domanda del creditore. La norma in esame, da un punto di vista letterale, non determina, quindi, alcun automatismo in ordine alla nomina, quale liquidatore, dell’OCC incaricato dal debitore.

L’accentuazione del parallelismo con la liquidazione giudiziale

La liquidazione controllata del sovraindebitato è priva di una norma di rinvio alle disposizioni che regolano la liquidazione giudiziale, a differenza di quanto previsto, nel caso del concordato minore, dall’art. 74, comma 4, CCII che rinvia alla disciplina del concordato preventivo.

La comune collocazione delle procedure di liquidazione in un unico titolo avalla, tuttavia, i collegamenti sistematici tra le procedure, aprendo maggiori spazi interpretativi all’interpretazione analogica. La corrispondenza tra le due procedure non è, tuttavia, biunivoca: è la disciplina della liquidazione controllata a dover fare riferimento alla liquidazione giudiziale, per quanto in essa non espressamente previsto e non viceversa.

Assistenza per i sovraindebitati

Saldo e stralcio

 

Il d.lgs. n. 136/2024 ha inserito nell’ambito della disciplina della liquidazione controllata del sovraindebitato, alcuni richiami alle corrispondenti previsioni della liquidazione giudiziale, eliminando i possibili dubbi interpretativi.

In alcuni casi si è trattato della codificazione di indirizzi già maturati nella giurisprudenza di merito (come nel caso del rinvio all’art. 142CCII aggiunto dall’art. 41, comma 3, d.l.gs. n. 136/2024 all’art. 270, comma 5, CCII.

Costituisce, invece, una novità (inserita nel testo dell’art. 270, comma 2, lett. e), n.3), CCII ad opera dell’art. 41, comma 3, d.lgs. n. 136/2024) il rinvio all’art. 216, comma 2, CCII. Ulteriori richiami riguardano la disciplina del piano di riparto, per la quale il comma 6-bis dell’art. 275CCII (introdotto dall’art. 41, comma 8, lett. c), d.lgs. n. 136/2024) prevede il rinvio – senza alcuna clausola di compatibilità – agli artt. 221, 223, 224, 225, 226, 227, 229, 230, 232, commi 3, 4 e 5, CCII.

Il procedimento per l’apertura della liquidazione controllata del sovraindebitato

I collegamenti sistematici che caratterizzano la disciplina della liquidazione controllata del sovraindebitato non riguardano solo la liquidazione giudiziale, ma anche le disposizioni contenute nel titolo III, all’interno del quale sono contenute le norme sul procedimento unitario.

L’art. 270, comma 5, CCII – a seguito delle modifiche apportate dall’art. 41, comma 3, d.lgs. n. 136/2024 prevede adesso che per i casi non regolati dal presente capo si applicano altresì, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al titolo III, sezioni II e III.

La sezione II si occupa della disciplina del procedimento unitario per l’accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e della liquidazione giudiziale (art. 40 ss. CCII), mentre la sezione terza contiene la disciplina delle misure cautelari e protettive (art. 5455CCII). Tali richiami si devono coordinare con le disposizioni contenute all’interno della disciplina della liquidazione controllata del sovraindebitato, tra le quali assume particolare rilievo l’art. 271CCII, interessato da un radicale processo di riscrittura ad opera dell’art. 41, comma 4, d.lgs. n. 136/2024. La riformulazione del testo della norma – pur non eliminando l’improprio riferimento contenuto nella rubrica della norma al concorso di procedure – ha riplasmato l’istituto della domanda con riserva (di presentare il piano e la proposta di ristrutturazione dei debiti del consumatore o di concordato minore) – anche con l’introduzione della disciplina sulle misure protettive (art. 271, comma 2, CCII) – il cui ambito applicativo resta, tuttavia, relegato alla sola ipotesi in cui il debitore sia convenuto in un procedimento di apertura della liquidazione controllata del sovraindebitato su domanda del creditore. In tale ipotesi, secondo l’art. 271, comma 1, CCII, il debitore, entro la prima udienza, può presentare domanda di accesso a una procedura di cui al titolo IV, capo II, con la documentazione prevista dagli articoli 67, comma 2, o 76, comma 2, o chiedere un termine per presentarla. In caso di richiesta del termine il giudice lo assegna in misura non superiore a sessanta giorni, prorogabile, su istanza del debitore e in presenza di giustificati motivi, fino a ulteriori sessanta giorni. L’uso del verbo indicativo (“il giudice lo assegna”) non esclude, tuttavia, un vaglio preliminare di ammissibilità, in relazione, ad es. ai requisiti ostativi previsti negli artt. 69 e 77CCII.

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Costituisce, invece, un elemento di novità riconducibile all’art. 41, comma 4, CCII l’introduzione di un’apposita disciplina dedicata alle misure protettive.

L’art. 271, comma 2, CCII prevede, infatti, che: “Nella pendenza del termine di cui al comma 1, non può essere dichiarata aperta la liquidazione controllata e il giudice, su domanda del debitore, può concedere le misure previste dall’articolo 70, comma 4, o dall’articolo

78, comma 2, lettera d). Alla scadenza del termine di cui al comma 1, senza che il debitore abbia presentato la domanda, oppure in ogni caso di mancata apertura o cessazione delle procedure di cui al titolo IV, capo II, il tribunale provvede ai sensi dell’articolo 270, commi 1 e 2.”

L’incipit della norma (nella pendenza del termine) evidenzia che la relativa disciplina trova applicazione nell’ipotesi in cui il giudice abbia effettivamente concesso il termine ai sensi dell’art. 271, comma 1, CCII. La norma precisa, poi, che, in pendenza del termine, non può essere dichiarata aperta la liquidazione controllata. Inoltre, su domanda del debitore possono essere concesse le misure previste nell’art. 70, comma 4, CCII e nell’art. 78, comma 2, lett. d), CCII.

Alla scadenza del termine, sia in caso di mancato deposito del piano o della proposta (di ristrutturazione dei debiti del consumatore o di concordato minore), sia nell’ipotesi in cui non trovi riscontro la domanda di accesso a uno degli strumenti di regolazione della crisi da sovraindebitamento (da esaminare, comunque, in via prioritaria, ai sensi dell’art. 7, comma 2, CCII), il tribunale provvede sulla domanda di apertura della liquidazione controllata del sovraindebitato.

L’accertamento dello stato passivo

L’art. 41, comma 6, d.lgs. n. 136/2024 ha riscritto integralmente l’art. 273CCII, modificando radicalmente la disciplina relativa alla formazione dello stato passivo, di cui ha accentuato i tratti di semplificazione, al punto dal relegare l’intervento del giudice delegato (solo) in sede di reclamo.

In particolare, scaduto il termine fissato, a pena di inammissibilità, nella sentenza di apertura della liquidazione controllata del sovraindebitato (art. 270, comma 2, lett. d), CCII) per la presentazione della domanda di restituzione, di rivendicazione o di ammissione al passivo, il liquidatore predispone un progetto di stato passivo, comprendente un elenco dei titolari di diritti sui beni mobili e immobili di proprietà o in possesso del debitore e lo comunica ai creditori interessati all’indirizzo di posta elettronica certificato indicato nella domanda. In mancanza di tale indicazione il progetto si intende comunicato mediante il deposito nel fascicolo informatico.

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A questo punto inizia a decorrere il termine di quindici giorni entro il quale i creditori possono proporre osservazioni. Scaduto tale termine possono verificarsi due ipotesi.

La prima è che non siano proposte osservazioni: in tal caso il liquidatore provvede al deposito dello stato passivo nel fascicolo informatico.

La seconda è che siano proposte osservazioni. In tale evenienza l’art. 273, comma 3, CCII stabilisce che il liquidatore, entro i quindici giorni successivi alla scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni, dopo aver esaminato queste ultime, forma lo stato passivo, lo deposita nel fascicolo informatico e lo comunica ai sensi dell’art. 273, comma 1, CCII. Il liquidatore può recepire, in tutto o in parte, le osservazioni dei creditori e procedere alla modificazione dello stato passivo. In tale ipotesi, alla luce del tenore letterale dell’art. 273, comma 2, CCII non sembra essere necessaria una nuova comunicazione ai creditori dello stato passivo modificato. Di conseguenza, i creditori potranno contestare le modifiche apportate dal liquidatore, in esito alle osservazioni dei singoli creditori, solo mediante la proposizione del reclamo ex art. 133CCII. Nell’ipotesi in cui il liquidatore non condivida le osservazioni si pone, invece, la questione se sia tenuto a motivare il proprio diniego (con la conseguente conferma della decisione iniziale). In realtà, anche l’omessa indicazione delle ragioni della mancata condivisione delle osservazioni proposte ex art. 273, comma 2, CCII finisce per essere contestata solamente con il reclamo, attraverso la presentazione di censure specifiche in punto di ammissione o di graduazione del credito.

Come già rilevato la formazione dello stato passivo avviene senza alcun intervento da parte del giudice delegato, che può essere evocato solo attraverso il reclamo proposto ex art. 273, comma 4, CCII. L’ultimo periodo dell’art. 273, comma 3, CCII prevede, infatti, che con il deposito nel fascicolo informatico lo stato passivo diventa esecutivo. Ciò significa che, una volta completato tale adempimento, lo stato passivo non è più modificabile (neppure da parte del liquidatore che lo ha predisposto), se non in esito alle opposizioni e alle impugnazioni alle quali fa riferimento l’art. 273, comma 4, CCII. Proprio per tale motivo – in ragione anche del collegamento sistematico con la disciplina della liquidazione giudiziale – deve ritenersi che, attraverso il reclamo ex art. 133CCII, possa essere proposta non solo l’opposizione allo stato passivo, ma anche la revocazione nelle ipotesi previste nell’art. 206, comma 5, CCII.

L’art. 273, comma 5, CCII disciplina, poi, la presentazione delle domande cd. tardive, prevedendo che, decorso il termine per la presentazione delle domande fissato nella sentenza di apertura della liquidazione controllata del sovraindebitato, e comunque fino a quando non siano esaurite tutte le ripartizioni dell’attivo della liquidazione, la domanda tardiva è ammissibile solo se l’istante prova che il ritardo è dipeso da causa a lui non imputabile e se trasmette la domanda al liquidatore non oltre sessanta giorni dal momento in cui è cessata la causa che ne ha impedito il deposito tempestivo. Il procedimento per la formazione dello stato passivo si svolge nelle stesse forme previste nei primi quattro commi dell’art. 273CCII, con la conseguenza che il liquidatore è tenuto, in ogni caso, alla predisposizione di un nuovo progetto di stato passivo, da comunicare ai creditori, per eventuali osservazioni e il successivo deposito nel fascicolo informatico una volta esaminate queste ultime, se proposte.

I crediti in prededuzione

L’art. 41, comma 9, d.lgs. n. 136/2024 ha inserito nel codice della crisi l’art. 275 bisCCII, dedicato ai crediti prededucibili (da coordinare con la disposizione generale contenuta nell’art. 6CCII), per i quali viene dettata, nel primo comma, un’apposita disciplina ai fini dell’accertamento. Quest’ultimo, anche nel caso di crediti sorti durante l’esercizio dell’impresa del debitore, avviene secondo le modalità previste (per la formazione dello stato passivo) nell’art. 273CCII, con esclusione dei crediti non contestati per collocazione e ammontare e di quelli sorti a seguito di liquidazione dei compensi dei soggetti nominati nel corso della procedura, da accertare, comunque, nelle forme previste per la formazione dello stato passivo, in caso di contestazione.

L’art. 275 bis, comma 2, CCII prevede, poi, che i crediti in prededuzione siano soddisfatti con preferenza rispetto agli altri crediti, ad esclusione di quanto ricavato dalla vendita dei beni oggetto di pegno o ipoteca, per la parte destinata ai creditori garantiti. Si applica la disciplina sui conti speciali prevista nell’art. 223, comma 3, CCII.

Dilazione debiti

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In merito al pagamento dei crediti prededucibili sono previste due modalità. Nell’ipotesi di attivo presumibilmente sufficiente a soddisfare tutti i crediti in prededuzione è possibile il pagamento dei crediti liquidi, esigibili e non contestati per collocazione e ammontare, anche fuori del procedimento di riparto. In caso contrario – i.e. di attivo insufficiente – la distribuzione deve avvenire secondo i criteri della graduazione e della proporzionalità, conformemente all’ordine assegnato dalla legge.

La chiusura della procedura

L’art. 41, comma 10, d.lgs. n. 136/2024 inserisce alcuni ritocchi alla disciplina relativa alla chiusura della procedura (art. 276CCII), in chiave acceleratoria, a partire dalla previsione secondo cui quest’ultima avviene con decreto motivato, su istanza del liquidatore o del debitore oppure d’ufficio.

La novità costituita dal fatto che il decreto deve essere motivato, in realtà, non cambia molto nella prassi dei tribunali, che sinteticamente sono soliti dare atto, in sede di chiusura della procedura, del completamento delle operazioni di liquidazione dell’attivo e di ripartizione del ricavato. Ben più pregnanti sono le novità che riguardano la legittimazione del debitore a chiedere la chiusura della procedura e quella del tribunale (quindi un organo in composizione collegiale e non il giudice delegato in sede monocratica) a procedere in via officiosa.

Un altro elemento di novità è costituito dal fatto che il liquidatore, unitamente all’istanza di chiusura della procedura, deve depositare una relazione in cui dia atto di ogni atto o fatto rilevante per la concessione o il diniego del beneficio dell’esdebitazione.

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