La sensibilità dei tifosi juventini

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Nuovo appuntamento con “Loquor”, la rubrica su Toro News di Carmelo Pennisi: “Nel derby di sabato alle 18:00 scenderà in campo una diversità conclamata, due storie talmente così diverse da non potersi nemmeno auspicare una idea di…


Carmelo Pennisi
Columnist 

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“Non dimenticare chi ti ha

dato molto d ricordare”

Mi è capitato recentemente di aver urtato la suscettibilità di qualche tifoso juventino, perché sull’unico social in cui sono presente rimarcavo la vicinanza etica di Marcello Lippi, ancora stolido nel non ammettere il gol di Aldo Agroppi nella tristemente celebre partita di “Marassi” contro la Sampdoria, a quella della Juventus, divenuta suo felice approdo da tecnico evidentemente in un afflato dovuto alla stessa visione del mondo. E visto che siamo nella settimana del “Derby della Mole”, cerchiamo di capire quali siano le distanze esistenziali a dividere le due squadre, perché il derby di Torino non è mai stato una sfida a segnalare un predominio tecnico, ma piuttosto uno scontro di idee talmente palese da dover essere studiato scientificamente, prima o poi, dalla sociologia. Congedandosi dalla vita, Gian Paolo Ormezzano ha lasciato un vuoto di contrapposizione in questa diversità tra i Granata e i bianconeri, anche perché da tempo Massimo Gramellini, che in un primo momento sembrava volesse seguirne le orme, ha dismesso i panni di corifeo del Toro ed è inutile ipotizzare in questa sede i motivi di tale dismissione, si può solo registrarne l’avvenimento. Gli juventini, dicevo, si sono indignati del mio sottolineare l’incontro di Marcello Lippi e la Juventus sulla linea del fronte della slealtà sportiva, mostrando ancora una volta incapacità nel capire tratti della storia del loro club davvero imbarazzanti, lontano anni luce dallo spirito dello sport. Mi si dirà che non è solo la Juventus, tra i grandi club presenti in Europa, ad aver confuso il proprio potere con la licenza di poter fare qualsiasi cosa, e la vicenda tragicomica del tesseramento di Dani Olmo e Pau Victor al Barcellona ne è una ennesima triste conferma, ma il comportamento da “Don Rodrigo” manzoniano da parte dei bianconeri si compone di una lista di fatti chilometrica. Quando dico che tifare Toro è aria pura rispetto a “quegli altri”, non è solo una invettiva da “Curva Maratona” o da malcelato spirito di “Granatismo” di maniera, ma è prendere atto di una entità talmente eticamente diversa dalla Juventus e dalla sua storia, da non poter esimersi dal segnalarlo a tutti coloro ancora tenaci nell’amare lo sport.

È necessario continuare ad insistere sul fatto di non dover considerare come unità di misura solo il numero di vittorie, perché i numeri devono essere soggetti anche ad interpretazioni che provano a spiegare i fatti. E nella spiegazione dei fatti partiamo con il fatto che allo “Juventus Stadium” per anni è stato esposto il numero di Scudetti vinti, comprendendo anche i due revocati per i noti fatti di “Calciopoli”, ovvero quell’inchiesta con il pregio di aver tolto per un attimo il velo, poi prontamente rimesso, sul malaffare presente nel calcio italiano. Nella visione del mondo bianconera una cosa così grave, come oggettivamente è la revoca di due campionati vinti, non è sintomo di disonore, ma solo di stupore indignato per essersi vista intaccata nel proprio potere. Avrebbero dovuto chiedere scusa dalle parti della proprietà bianconera, e ricominciare in silenzio mostrando di aver capito la gravità di quel che era successo. Da molte altri parti avrebbero fatto così. Al Toro si sarebbe fatto così (almeno un tempo). Invece Andrea Agnelli, di cui le voci di un suo ritorno sul ponte di comando della Juventus sono sempre più insistenti, ha sempre considerato suoi quei due scudetti revocati, in un “gran pavese” di protervia da lasciare annichilito chi ancora crede nello sport come scuola dell’ideale di quel che dovrebbe essere il mondo nella sua versione migliore. E la tensione ideale non può mai essere quella di vincere. Occorrerebbe aprire un dibattito serio sull’indifferenza mostrata dai tifosi juventini sulle disavventure del club per cui tifano, capire il motivo per cui la cosa non solo pare non toccarli, ma addirittura suscita indignazione da perseguitati. Eppure le plusvalenze fittizie sono evidenti, e quindi anche i falsi in bilancio. La difesa con “anche gli altri fanno così”, non solo è triste matematica sommatoria del reato, ma è anche fake-news. Non è vero che tutti fanno così, e se anche tutti lo facessero non sarebbe comunque un argomento decente a difesa. Nel derby di sabato alle 18:00 scenderà in campo una diversità conclamata, due storie talmente così diverse da non potersi nemmeno auspicare una idea di ecumenismo, messo che nel calcio possa trovare spazio una simile idea. Troppe sono le nubi presenti nella storia bianconera, tanti sono stati i privilegi assegnati ad un club teoricamente non bisognoso, perché alle sue spalle si trova la “Exor”, di tali favoritismi.

Lungo sarebbe il racconto di quanto facilitato sia stato il percorso della costruzione dello “Juventus Stadium”. Torino e Juventus condividono la stessa città, ma mai come oggi i club sono lontani anni luce, e non solo perché appartengono a prospettive sportive diverse. Il Toro naviga in un anonimato difficile da spiegare e da raccontare, costretto alla stessa stregua di una provinciale da un presidente che pare essere capitato per caso dalle sue parti, così talmente strabico verso la sua aurea e il suo prestigio da risultare impalpabile persino nella settimana del derby. Non ci sono tracce di sue dichiarazioni, nemmeno di maniera, nell’avvicinamento della partita più importante dell’anno per i tifosi Granata. Incapace come pochi di creare un patrimonio nel club, distante sideralmente dalle emozioni della sua leggendaria storia, non si capisce nemmeno perché ancora continui con la sua presenza nelle partite e cosa ci vada a fare a Superga ogni 4 maggio. Urbano Cairo nei vent’anni del suo stare al Toro, non ha fatto altro che cospargere oblio sul mito e rammarichi davvero dolorosi per chiunque ami un club di calcio. L’unica consolazione è essersi tenuto distante dalle gabole finanziarie fittizie così ottemperate da alcuni grandi club. Il mito del Toro è a rischio di “damnatio memoriae”, ma almeno i suoi tifosi possono guardare a testa alta gli juventini e rammentargli come dalle parti del “Filadelfia” si possa ancora respirare aria pura calcistica.

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Chiunque abbia gli occhi per vedere e le orecchie per sentire, e non fa nulla davanti al degrado, è colpevole quasi quanto chi lo compie. “La vergogna è una rivoluzione”, scrive Karl Marx, ed è per questo che si può capire il granitico status quo del potere difeso dal club della famiglia Agnelli, incapace di contenere la sua disinvoltura nel provare a raggiungere ogni tipo di obiettivo. Nella città svuotata dalla Fiat divenuta Stellantis sempre a causa di quella disinvoltura di cui sopra, stavolta verso la responsabilità sociale dovuta alla storia e alla tradizione, la Juventus appare sempre più un corpo estraneo, un pulviscolo di universo privilegiato alla ricerca di nuova collocazione. Andrea Agnelli ha pensato come nell’aderire al progetto di una “SuperLeague” europea, si potesse trovare nuova linfa per proseguire nella disperata ricerca di vittorie ad ogni costo. Quale era(e forse ancora è) l’illusione? Credere che con nuovi introiti si possa essere migliori, che ci si possa liberare dalla parte peggiore di sé. Ma è una menzogna davvero fin troppo facile da raccontare a se stessi, considerato come non siano mai stai i soldi a regalare decenza e virtù. E’ la storia dei bianconeri a parlare, una vicenda colpevole sin dalla nascita a causa di un diritto da “ius prime noctis” sul calcio italiano. La permalosità dei bianconeri quando gli si ricorda ciò, è semplicemente la cecità di chi è abituato a farla sempre franca. Hanno scelto, gli juventini, di tifare la protervia e l’abuso di potere e vorrebbero anche che non glielo si facesse presente. Chi veste la maglia del Toro, nel giorno del derby, dovrebbe sempre tener presente una cosa: si sceglie cosa non si deve dimenticare. Il Toro, con la sua stessa esistenza seppur a volte molto precaria, sa bene come non dimenticare la Juve sia la sua mission principale. Cosa posso dire della suscettibilità dei tifosi bianconeri? Ricorro a Rhett Butler di “Via col Vento”: “francamente me ne infischio”.

Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.

Disclaimer: gli opinionisti ospitati da Toro News esprimono il loro pensiero indipendentemente dalla linea editoriale seguita dalla Redazione del giornale online, il quale da sempre fa del pluralismo e della libera condivisione delle opinioni un proprio tratto distintivo



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